sabato 10 gennaio 2009

Discorso del Papa al Corpo Diplomatico: i commenti di Galeazzi


Vedi anche:

Il Papa: dalle elezioni in Terra Santa dirigenti capaci di guidare la riconciliazione (Marroni)

Gaza, il Papa calibra la posizione vaticana (Vecchi)

Concilio Vaticano II e linguaggio del Magistero: rinnovamento nel solco della tradizione. Il discorso di Benedetto XVI del 22 dicembre 2005 (Osservatore Romano)

Di Cicco: Benedetto XVI e il discorso al Corpo diplomatico. Il tempo della responsabilità (Osservatore Romano)

Le esternazioni del falco Martino imbarazzano il Papa. Malumori in Segreteria di Stato per l'uscita del cardinale (Bevilacqua)

Dati statistici su Angelus ed udienze 2008 del Papa: preso atto del silenzio vaticano, tratte le amare conclusioni, il blog chiude il "caso"

La Chiesa e la crisi mediorientale: botta e risposta Foglio-Libero

iBreviary - il Breviario per il tuo iPhone

Giovanni Maria Vian: "Solo la segreteria di Stato esprime la linea del Papa" (Rodari)

La diplomazia di Benedetto (Valli)

Soluzione dell'indovinello. Repubblica accusa: "Ratzinger ha sempre avuto una posizione anti-israeliana". E' necessaria una rettifica!

Ecclesia Dei, rumors dalla Francia: il nuovo Presidente potrebbe essere Mons. Perl e la Commissione verrebbe collegata alla Congregazione per il Culto

Benedetto XVI e il ritorno all’unità: la grande azione del Papa e le resistenze della curia romana (Baget Bozzo)

Marcello Pera: «Islamici in Duomo? È inquietante» (Sacchi)

Vian: La voce del vescovo di Roma. Realistico e concreto il discorso che Benedetto XVI ha rivolto al Corpo diplomatico (Osservatore Romano)

Il cardinale Renato Martino tira una molotov tra i piedi del Papa (Magister)

Benedetto XVI al Corpo Diplomatico: "Auspico che, nel mondo occidentale, non si coltivino pregiudizi o ostilità contro i Cristiani, semplicemente perché, su certe questioni, la loro voce dissente. Da parte loro, i discepoli di Cristo, di fronte a tali prove, non si perdano d’animo: la testimonianza del Vangelo è sempre un "segno di contraddizione" rispetto allo "spirito del mondo"!"

L’affondo di Papa Ratzinger “Bisogna cambiare leader”

CITTA’DEL VATICANO

«Il 2009 nasce senza pace né giustizia» e, alle imminenti elezioni, Benedetto XVI esorta israeliani e palestinesi a scegliere «leader capaci di guidare i loro popoli verso la difficile ma indispensabile riconciliazione».
Dall’appello alla «tregua per motivi umanitari» a Gaza all’auspicio di un ricambio dell’attuale classe dirigente in Terrasanta, a indicare le linee-guida della geopolitica della Santa Sede è il discorso a tutto campo che ieri il Papa ha rivolto agli ambasciatori in Vaticano.
«Anche se non è detto che le parole del Pontefice mettano sullo stesso piano Hamas e il governo d’Israele, mi chiedo come l’avrebbero presa in Vaticano se io, durante il conclave, avessi chiesto un cambio di leadership - obietta Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e massima autorità spirituale dell’ebraismo italiano -. La Santa Sede gioca su più fronti: sono spaccati all’interno e non dichiarano la vera linea perché sono insicuri sul da farsi e per loro è un momento complicato. Forse definire un lager la Striscia, come ha fatto il cardinale Martino, non è solo uno scivolone linguistico». Prova a mediare l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechai Lewy: «Auspicare l’elezione di dirigenti in grado di guidare il processo di pace non equivale a criticare gli attuali leader».
Per il resto, Benedetto XVI ha chiesto di «non rinunciare ai negoziati con l’Iran sul nucleare», di «sostenere il dialogo tra Siria e Israele con la stabilizzazione del Libano», ha condannato «conflitti, terrorismo, corsa al riarmo» e invocato «una strategia contro fame e nuove povertà anche nei paesi ricchi». Poi, nel denunciare le discriminazioni in Iraq e India («ma i cristiani sono perseguitati anche in Occidente»), il Papa, confermando il suo viaggio in Africa ma non quello in Terrasanta, ha messo in guardia dalla «laicità che ignora la dimensione spirituale e i valori». Però, a tener banco è, soprattutto, il cambio di leadership. «Con l’auspicio che vengano scelti leader capaci di far avanzare il processo di pace, il Papa sottolinea che è necessaria una nuova classe dirigente - spiega Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore romano -. Nell’immediato occorre ripristinare la tregua a Gaza e rilanciare i negoziati tra israeliani e palestinesi. In prospettiva, è necessaria una nuova classe dirigente in grado di portare avanti il processo di pace attraverso un approccio globale alla complessità dei problemi mediorientali».
Joseph Ratzinger precisa che «l’opzione militare non è una soluzione», stigmatizza «la violenza da qualunque parte provenga» e raccomanda di scegliere leader pacifisti. «Per costruire la pace, occorre ridare speranza ai poveri».
Davanti agli ambasciatori dei 177 paesi del mondo, il Papa ha denunciato le ricadute della crisi mondiale sui vecchie e nuove povertà. E per Gaza ha chiesto «l’impegno determinante della comunità internazionale» affinché «siano rilanciati i negoziati di pace, rinunciando all’odio, alle provocazioni e all’uso delle armi». Unica via d’uscita per un conflitto che sta quotidianamente provocando «danni e immense sofferenze alle popolazioni civili».

© Copyright La Stampa, 9 gennaio 2009 consultabile online anche qui.

Non sono per nulla d'accordo con il rabbino Di Segni che ha la tendenza ad interpretare tutto in chiave politica.
Tutto fa brodo per criticare la Chiesa Cattolica
.
R.

Nella Chiesa cresce la fronda pro Palestina

Il ministro degli Esteri Mamberti e il cardinale Kasper preparano la visita di maggio

Movimenti di base contro “l’occupazione”

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

L’equiparazione tracciata dal cardinale Renato Martino tra Gaza e i campi di concentramento ha rinfocolato la polemica ebraica con il Vaticano «antisionista» e ha suscitato la sdegnata protesta del governo israeliano: «La Santa Sede fa propaganda per Hamas». In realtà, nei Sacri Palazzi, il ministro di «Giustizia e Pace» non è l’unico a ritenere che non ci sarà pace in Terrasanta «finché non lo vorranno i padroni ebrei della finanza e della politica Usa, come dimostra mezzo secolo di veti sul Medio Oriente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu». Riprendono voce i protagonisti del dialogo «sotto traccia» con la galassia palestinese («in primis» l’arcivescovo Michel Sabah), anche se in Segreteria di Stato assicurano che «le buone relazioni con l’ebraismo sono una priorità e una conquista da cui non recedere». In Vaticano il ministro degli Esteri, Dominique Mamberti e il cardinale Walter Kasper lavorano per bilanciare le spinte più critiche verso Israele, anche in vista del viaggio papale di maggio. I principali interlocutori del «partito cattolico pro-palestinesi» sono la «Piattaforma delle Ong italiane per la Palestina», le associazioni di volontariato come «Donne in nero», il Coordinamento nazionale enti per la pace e gli enti promotori della marcia della pace Perugia-Assisi.
I documenti ufficiali dei movimenti cattolici più vicini alle «ragioni del popolo palestinese» convergono nell’individuare la causa della devastante crisi in quella «politica d’aggressione che ha portato il governo israeliano a raddoppiare gli insediamenti in territorio arabo». Toni analoghi al «J’accuse» del cardinale Martino per «le orribili condizioni che a Gaza costringono la gente a vivere in un enorme lager, contro ogni dignità umana». La Chiesa, osserva il teologo Gianni Baget Bozzo, «parla il linguaggio delle proprie comunità locali e non può restare estranea alle sofferenza dei propri fedeli palestinesi». Un conto è il confronto teologico con l’ebraismo «mai così avanzato come oggi», sottolinea don Baget Bozzo, un altro è «accogliere e far proprie le legittime rivendicazioni dei cristiani di Terrasanta nei confronti di Israele». La «sproporzionata» offensiva di Israele nella Striscia ha fatto riemergere la predilezione palestinese di movimenti pacifisti («Beati i costruttori di pace», Pax Christi), parroci di frontiera come don Albanesi e don Ciotti, cattolici no-global della Rete Lilliput, terzomondisti di «Nigrizia» e del «Centro nuovo modello di sviluppo», congregazioni missionarie (soprattutto Saveriani e Comboniani), comunità di base, ma anche gerarchie e settori importanti della diplomazia pontificia.
Epicentro dell’avversione verso Israele è il Patriarcato latino di Gerusalemme, mentre ciò che unisce un arcipelago tanto composito di sigle, personalità, orientamenti e «scuole» ecclesiastiche è l’idea-chiave, ovvero che la radice di tutte le violenze vada ricercata nell’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi. Una rete di solidarietà ecumenica che unisce a Roma anche le chiese greco-ortodossa e armena nella condanna della politica di potenza d’Israele. Gli uomini di punta del «partito palestinese» sono il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal e il vicario apostolico di Beirut, Paul Dahdah, che ieri ha gridato allo «sterminio», accusando l’Onu di «non essere imparziale». Peccato, poi, se quando a Roma sfilano manifestanti anti-Israele vestiti da kamikaze e bruciano le bandiere dello Stato ebraico, non manca mai nel corteo l’arcivescovo Hilarion Capucci, espulso da Gerusalemme ed «esiliato» nel quartiere Eur a causa del suo sostegno non solo spirituale ai «patrioti palestinesi».

© Copyright La Stampa, 9 gennaio 2009 consultabile online anche qui.

Ne' il cardinale Martino, ne' il Patriarcato latino di Gerusalemme ne' i movimenti di base rappresentano la linea della Santa Sede che e' espressa esclusivamente dalla Segreteria di Stato.
Dichiarazioni fuori luogo sono frutto di opinioni puramente e prettamente personali dei singoli che devono assumersi le proprie responsabilita'.
Sarebbe auspicabile che la Santa Sede mettesse in chiaro, in via ufficiale, questa semplice verita'
.
R.

Nessun commento: