martedì 20 gennaio 2009
Gaza, il Papa denuncia le «inaudite violenze» (Giansoldati)
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Il Papa denuncia le «inaudite violenze»
Un incoraggiamento a «quanti sono convinti che in Terra Santa ci sia spazio per tutti»
di FRANCA GIANSOLDATI
CITTA’ DEL VATICANO
E’ una «tragedia». Papa Ratzinger piange i caduti a Gaza sotto l’artiglieria israeliana: «centinaia di bambini, anziani, donne vittime innocenti di inaudita violenza».
Si celebra la Giornata mondiale del migrante ma all’Angelus torna a far capolino la guerra nella Striscia. La scelta dell’aggettivo usato per descrivere ciò che sta accadendo, l’inaudita violenza, fa capire lo choc provato da Benedetto XVI davanti alle immagini dei danni collaterali dell’ennesima escalation di sangue. Altro che terra santa.
«Continuo a seguire con profonda trepidazione il conflitto». Ai morti e ai feriti, si aggiungono le macerie, la distruzione e la disperazione. Da padre Musallam, unico parroco esistente a Gaza, arrivano ogni giorno (anche in Vaticano) drammatici bollettini: «ci sono centinaia di famiglie che hanno perso tutto».
Il Pontificio Consiglio Cor Unum, una specie di ministero della Carità, ha inviato alla parrocchia palestinese per conto del pontefice medicine e denari.
Il Papa spera nella tregua ed esorta allo stesso modo quegli israeliani e quei palestinesi al lavoro per la pace, li incoraggia a non smettere di cercare una soluzione. Ai fedeli chiede così di pregare per le persone di buona volontà che «stanno compiendo sforzi per fermare la tragedia». La speranza comune è che si sappia approfittare «con saggezza» degli spiragli aperti per ripristinare la tregua.
Poi ripete che incoraggerà sempre «quanti, da una parte come dall’altra, sono convinti che in Terra Santa ci sia spazio per tutti». Palestinesi e israeliani, uniti da un destino comune, devono «rialzarsi dalle macerie e dal terrore e, coraggiosamente, riprendere il filo del dialogo e della giustizia, nella verità». Che poi, aggiunge, è «l’unico cammino che può schiudere un avvenire di pace per i figli di quella cara nazione».
Il quinto intervento papale nell’arco di due settimane sulla situazione a Gaza è particolarmente vibrante e non è passato inosservato.
«Non ha nominato nessuno, ma del resto non toccava a lui condannare Israele o Hamas; tuttavia non è un caso se è ha parlato di tragedia, e di inaudita violenza» analizza padre Samir Khalil, il gesuita consultore e amico di Papa Ratzinger in materia di Islam.
«Vista da quaggiù - afferma dal Cairo il religioso - la linea della Santa Sede è sempre la stessa e non è mutata di molto, da un pontefice all’altro. E’ una posizione indubbiamente realista che tiene conto delle condizioni e delle conseguenze».
Il pacifismo pare sia merce rara in Terra Santa: «Hamas, ma pure Israele non hanno tutto questo gran desiderio di pace e nessuno è pronto a fare i passi necessari, avanti o indietro, per raggiungere l’obiettivo. Israele non rispetta nessuna delle decisioni internazionali, occupa da più di 40 anni terre che non sono le sue e in più non smette di costruire il muro. Sono pronti a fare la pace? Come si può dire di sì se continuano a costruire nuovi insediamenti. Dunque sono tutte menzogne». Quanto ad Hamas, ha continuato padre Samir Khalil, «nega legittimità a Israele. Ha intenzione di vivere in pace con uno Stato che si chiama Israele? A me pare di no». A rimetterci, alla fine, sono i civili, la gente comune. Quanto ai cristiani sono doppiamente vittime.
«I cristiani sono due volte sofferenti, non solo patiscono le restrizioni dei palestinesi, ma sono pure sotto scacco dai fondamentalisti che li associano all’Occidente, pensando che l’Occidente sia tutto cristiano. Una visione distorta, tipica da chi non distingue il piano politico da quello religioso. E’ alla loro sorte che pensa il Papa e ogni intervento è rivolto a difendere il loro futuro».
Il gesuita sa che era meglio prima, ai tempi di Arafat, quando c’era solo Fatah, almeno quello era un movimento laico.
© Copyright Il Messaggero, 19 gennaio 2009 consultabile online anche qui.
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