lunedì 9 novembre 2009

Il commento di padre Ghirlanda sulla Anglicanorum Coetibus (Radio Vaticana)


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Il commento di padre Ghirlanda sulla Anglicanorum Coetibus

Sul significato di questa Costituzione Apostolica ascoltiamo il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, rettore magnifico della Pontificia Università Gregoriana e consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’intervista è di Sergio Centofanti:

R. – Il significato principale è la sollecitudine del Santo Padre, che risponde ad una richiesta più volte rivolta da gruppi, non solo da singoli, ma da gruppi di fedeli anglicani, di voler ristabilire una piena comunione con la Chiesa cattolica; e direi che l’importanza dell’evento sta proprio nel fatto che, dopo secoli di rottura della comunione con la Chiesa cattolica, gruppi di fedeli insieme con i loro pastori, sia vescovi che sacerdoti, hanno fatto questa richiesta: la richiesta è venuta da loro. Quindi, il Papa ha predisposto un mezzo giuridico per poterli accogliere, ovvero gli Ordinariati Personali, in modo che conservino la loro tradizione spirituale, liturgica, pastorale, ma entrando a far parte della Chiesa cattolica, quindi non formando una “chiesuola” all’interno della Chiesa cattolica.

D. – Perché si è scelta la via degli Ordinariati Personali?

R. – Perché è una figura flessibile. Non è totalmente nuova, perché già ci sono gli Ordinariati Militari, quindi c’è una qualche analogia, ma con alcune differenze perché mentre negli Ordinariati Militari c’è un esercizio della potestà cumulativa tra l’ordinario militare e i vescovi del luogo, invece nell’Ordinariato Personale, per gli anglicani, non c’è questo esercizio cumulativo, ma i fedeli – sia laici che di istituti di vita consacrata e i chierici – formano praticamente il popolo di Dio di una circoscrizione ecclesiastica che è analoga ad una Chiesa particolare, ma con una giurisdizione personale dell’ordinario, che governa l’Ordinariato a nome del Papa, nel senso che ha una potestà ordinaria, che gli viene dal suo ufficio, ma la esercita a nome del Papa, non a nome di se stesso.

D. – Quali esigenze vuole comporre la Costituzione apostolica?

R. – Da una parte, appunto, l’esigenza che questi gruppi che entrano a far parte della Chiesa cattolica conservino la loro tradizione spirituale, liturgica e pastorale, in quanto si vede questa tradizione come un valore per la Chiesa cattolica, un arricchimento per la Chiesa cattolica: loro ricevono la ricchezza della Chiesa latino-romana e la Chiesa latina riceve la ricchezza di questa tradizione. Nello stesso tempo, però, la Costituzione Apostolica prevede tutti quegli strumenti giuridici affinché questi gruppi non formino una “chiesuola” all’interno della Chiesa cattolica, cioè si integrino nella vita della Chiesa cattolica, anche con la loro peculiarità.

D. – Non si tratta di un nuovo rito...

R. – No. Piuttosto c’è una sorta di analogia col rito ambrosiano, che è all’interno della Chiesa latina.

D. – Per quanto riguarda la regola del celibato…

R. – Per quanto riguarda la regola del celibato, non è nuovo il fatto che dei ministri anglicani coniugati desiderino essere ordinati nel grado del presbiterato nella Chiesa cattolica, e quindi rimangano nel matrimonio. Già si aveva una disposizione di Giovanni Paolo II.
La regola generale rimarrà sempre il celibato ecclesiastico, ma si ammette che in base a criteri oggettivi che verranno determinati di volta in volta, e anche in base alle necessità, l’ordinario di un Ordinariato possa chiedere al Santo Padre l’ordinazione di uomini sposati. Costituisce tuttavia un’eccezione: la regola rimane il celibato. I vescovi anglicani coniugati, che chiedono la comunione con la Chiesa cattolica, non possono essere ordinati nel grado dell’episcopato, ma solo nel grado del presbiterato, in quanto se fossero ordinati nel grado dell’episcopato questo sarebbe andato contro tutta la tradizione non solo cattolica, ma anche contro la tradizione delle Chiese orientali e delle Chiese ortodosse.

D. – Il significato ecumenico di questo evento…

R. – Il significato ecumenico è lo sbocco di tutto un cammino di relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana, che ha portato questi gruppi, man mano, ad una riflessione: quella di maturare quell’aspetto della fede cristiana che ritiene necessario un centro di unità ed un centro di unità che è stato istituito da Gesù Cristo, cioè il Primato petrino. In questo è da vedere una maturazione nella fede, non soltanto un fatto puramente formale o di insoddisfazione nell’essere nella Comunione anglicana, ma è una maturazione che riguarda il Primato, il senso del Primato come custode della Tradizione apostolica.

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