domenica 4 gennaio 2009

Il capitalismo secondo Papa Ratzinger (Valli)


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Il capitalismo secondo Ratzinger

ALDO MARIA VALLI

«Gesù Cristo non ha organizzato campagne contro la povertà, ma ha annunciato ai poveri il Vangelo, per un riscatto integrale dalla miseria morale e materiale».
Fra tutti i pensieri espressi dal papa nel primo giorno dell’anno, la frase citata, contenuta nel messaggio indirizzato ai fedeli prima della preghiera dell’Angelus, è forse la più ratzingeriana.
La Chiesa non è un’agenzia sociale né ha il compito di dettare linee di politica economica. Ed è significativo che tra le miserie dalle quali l’uomo deve essere riscattato Benedetto metta al prima posto quelle morali rispetto a quelle materiali.
Tuttavia, sia il messaggio scritto in occasione della giornata mondiale della pace, sotto il titolo “Combattere la povertà, costruire la pace”, sia l’omelia letta nella basilica vaticana il primo giorno dell’anno sono i testi più intrisi di pensiero economico fra tutti quelli prodotti finora da Joseph Ratzinger.
Perché adesso? E come nascono queste riflessioni? Quando il pontefice dice che l’attuale crisi economica globale va vista come un “banco di prova”, quando chiede se siamo disposti a leggerla come «sfida per il futuro», quando s’interroga sulla possibilità di «fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante» e quando denuncia la precarietà del lavoro chiedendo «condizioni lavorative dignitose per tutti» lancia una serie di segnali che sono frutto, nello stesso tempo, di una lunga tradizione all’interno della dottrina sociale della Chiesa e di un nuovo modo di affrontare i problemi posti dalla globalizzazione. Gli elementi di tradizione escono soprattutto dal gruppo di lavoro del pontificio consiglio per la giustizia e la pace guidato dal cardinale Renato Raffaele Martino, in continuità con l’insegnamento di Giovanni Paolo II, come dimostra la denuncia della disparità tra ricchi e poveri, che riprende in modo quasi letterale le parole del messaggio di papa Wojtyla per la giornata della pace del 1993.
Gli elementi di novità sono dati invece dall’ampliamento dei contributi di riflessione su cui il papa si basa per formulare le sue analisi e le sue proposte. Ettore Gotti Tedeschi, presidente per l’Italia della Santander Consumer Bank, editorialista del rinnovato Osservatore romano, autore di un libro intitolato Denaro e paradiso, è certamente una delle voci più ascoltate. Cattolico liberale, vicino all’Opus Dei, è convinto non solo che il capitalismo abbia origine cristiane ma che il capitalismo cattolico resti «il miglior sistema economico possibile ». Tempo fa, in un incontro promosso dal liberista istituto Bruno Leoni, affermando che Wojtyla avrebbe meritato il Nobel per l’economia ha detto che l’interesse della Chiesa per i problemi economici non nasce nel 1891 con la Rerum novarum di Leone XIII, ma molto prima, in epoca medievale, con i monasteri benedettini, «quasi delle Silicon Valley orientate a Dio a beneficio degli uomini». Musica per le orecchie di Benedetto XVI.
Il quale, però, a proposito di denaro resta un po’ più diffidente, come dimostrò nell’ottobre scorso intervenendo a braccio al sinodo dei vescovi in Vaticano, quando a sorpresa parlò del crollo delle grandi banche e disse che «i soldi sono niente». Proprio da quell’intervento senza testo scritto, si può far partire l’offensiva di Ratzinger in campo economico.
Come ha spiegato il cardinale Martino l’11 dicembre 2008 il compito di cui il papa chiede alla Chiesa di farsi carico è orientare in senso umanistico i processi della globalizzazione. Benedetto ha lanciato anche una formula fatta di due parole: solidarietà e sobrietà. Nella sua prossima enciclica sociale dirà come procedere.

© Copyright Europa, 3 gennaio 2009 consultabile online anche qui.

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