venerdì 7 agosto 2009

Caritas in Veritate, Roberto de Mattei: La metafisica a fondamento della dottrina sociale della Chiesa (Radici Cristiane)


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La metafisica a fondamento della dottrina sociale della Chiesa

La terza enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, del 29 giugno 2009, è stata oggetto di svariati commenti e interpretazioni, generalmente basati sull’estrapolazione di alcuni passi, piuttosto che sulla lettura complessiva del documento.

di Roberto de Mattei

La terza enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, del 29 giugno 2009, è stata oggetto di svariati commenti e interpretazioni, generalmente basati sull’estrapolazione di alcuni passi, piuttosto che sulla lettura complessiva del documento.
In realtà il primo canone dell’ermeneutica stabilisce che i passi controversi di un testo vanno interpretati alla luce del suo insieme.
Ciò è ancora più vero per i documenti del Magistero pontificio, che devono essere interpretati alla luce della tradizione, e non della sua negazione.
È in questa prospettiva che va letta l’enciclica di Benedetto XVI sulla dottrina sociale, che ripropone il tradizionale primato della carità sulla giustizia, messo in discussione nel 1967 dalla Popolorum Progressio di Paolo VI.
La Teologia della Liberazione che si affermò negli anni successivi fu una delle espressioni più radicali di questa immersione del Regno di Dio nella storia umana in nome dei principi secolarizzati di “Pace e Giustizia”.
Il Papa afferma ora con chiarezza che «la carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa» (n. 2) e costituisce «il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici».
È importante notare come la carità a cui si richiama Benedetto XVI si radica nella verità, perché «un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali» (n.4).
La dottrina sociale della Chiesa è dunque «caritas in veritate in re sociali»: annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società.
Tale dottrina «è servizio della carità, ma nella verità» (n.5).
«Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario» (n.3).
Anche la giustizia è naturalmente presente nel documento pontificio. Essa non solo non è una via alternativa o parallela alla carità, ma è inseparabile da essa (n.6).
Tuttavia «La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare» (n.6).
In questo senso, al concetto di carità si collega quello di dono. «La carità è amore ricevuto e donato» (n.5).
Nella giustizia rendiamo al prossimo ciò che è suo, mentre nella carità gli doniamo ciò che è nostro.
Nei confronti dell’enciclica di Paolo VI, Benedetto XVI ha una posizione analoga a quella assunta nei confronti del Concilio Vaticano II: essa va recuperata interpretandola alla luce della Tradizione. Il Papa sottolinea come la Populorum progressio è in grado di parlare ancora a noi, solo se «inserita nella grande corrente della Tradizione» (n.12).
Per comprendere il significato e il ruolo dello sviluppo di cui parlava Paolo VI, «il corretto punto di vista, dunque, è quello della Tradizione della fede apostolica, patrimonio antico e nuovo, fuori del quale la Populorum progressio sarebbe un documento senza radici e le questioni dello sviluppo si ridurrebbero unicamente a dati sociologici» (n.10).
L’enciclica di Benedetto XVI si richiama apertamente alla Humanae Vitae (1968) dello stesso Paolo VI affermando che i problemi toccati in quest’ultimo importante documento non riguardano la morale meramente individuale, ma concernono i «forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale» (n.15).
Il Papa è consapevole del fatto che l’incremento demografico non produce povertà, ma ricchezza. L’apertura moralmente responsabile alla vita è dunque una ricchezza sociale ed economica (n.44) ed è al centro del vero sviluppo (n.28).
Per questo gli Stati sono stati chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, «fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società» (n.44).
Benedetto XVI sottolinea quindi il valore positivo del mercato e dell’impresa, che però deve essere fortemente ancorata all’etica. È certamente vero che il mercato può essere orientato in modo negativo, perché una certa ideologia lo può indirizzare in tal senso, ma questa non è la sua natura (n.36).
Il mercato è uno strumento: ciò che deve essere chiamato in causa non è esso, ma l’uomo, la sua coscienza morale e la sua responsabilità personale e sociale (n.36).
Rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano economico. «L’economia infatti ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento»; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona (n.45).
Per molti economisti la difesa della libertà economica si unisce con una assoluta libertà in campo morale. In campo liberale, ad esempio, molti sono a favore della liberalizzazione della droga, dell’aborto e di ogni sperimentazione nel campo della bioetica.
Per chiarire bene questo punto, Benedetto XVI afferma che «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica» (n.75) nel senso che essa implica «il modo stesso di concepire la vita umana, minacciata dalle tecniche di manipolazione genetica e dalla “mens eutanasica”. Non si possono minimizzare – egli afferma – gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i potenti strumenti che la cultura della morte ha a disposizione» (n. 75).
Infine un’affermazione ricca di profonde conseguenze: Dio deve trovare un posto «anche nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica» (n.56). «Senza Dio – infatti – l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia» (n. 78).
Su questa base metafisica si fonda la dottrina sociale della Chiesa, che a sua volta fa parte della sua filosofia morale. Il rispetto della legge morale e sociale che la Chiesa custodisce risolverebbe tutti i problemi che oggi affliggono l’umanità.
Si tratta di princìpi basilari che per molti anni erano stati accantonati ed è estremamente importante che Benedetto XVI ne ribadisca oggi l’attualità.

© Copyright (Radici Cristiane n. 47 - Ago/Set 2009)

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