sabato 22 agosto 2009
Mons. Vegliò, dopo la tragedia nel Canale di Sicilia: rispettare sempre i diritti dei migranti, le società sviluppate non si chiudano nell’egoismo
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Mons. Vegliò, dopo la tragedia nel Canale di Sicilia: rispettare sempre i diritti dei migranti, le società sviluppate non si chiudano nell’egoismo
L’ennesima tragedia della migrazione, avvenuta nel Canale di Sicilia, ci ricorda quanto scrive Benedetto XVI nella Caritas in veritate: “Ogni migrante è una persona umana” che “possiede diritti fondamentali inalienabili” da rispettare “in ogni situazione”. E’ quanto afferma il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, che al microfono di Alessandro Gisotti si sofferma sull’insegnamento del Papa sul fenomeno delle migrazioni:
R. - Il n. 62 dell'Enciclica sociale di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate, coglie in maniera molto pertinente la situazione attuale delle migrazioni a livello mondiale che poi si riflette a livello locale. Infatti, anche se le situazioni si verificano geograficamente in zone diverse, come accade nel Mediterraneo, nello stesso tempo ci sono circostanze di disperazione anche nel deserto alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, oppure in Estremo Oriente, all'interno dell'Africa sub-sahariana, e ovunque ci siano rilevanti flussi migratori. La realtà è la medesima. Colpisce esseri umani che cercano di raggiungere Paesi o regioni economicamente più sviluppati, per fuggire povertà e fame. Per questo sono pronti a rischiare tutto, anche la loro stessa vita.
D. - Cosa possono fare gli Stati e la comunità internazionale?
R. - Questo problema, come dice il Santo Padre, "richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato". Quindi se da una parte è importante sorvegliare tratti di mare e prendere iniziative umanitarie, è legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C'è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l'essere in balia delle onde del mare. Per centinaia di anni i Capitani delle navi non sono mai venuti meno al principio fondamentale del diritto del mare, che prevede si debbano sempre soccorrere i naufraghi che si incontrano. Il Santo Padre aggiunge che si dovrebbero "armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati".
D. - C’è poi una questione di mentalità. Oggi l’immigrato viene visto con sospetto, addirittura con paura…
R. - Certamente le nostre società cosiddette civili, in realtà hanno sviluppato sentimenti di rifiuto dello straniero, originati non solo da una non conoscenza dell'altro, ma anche da un senso di egoismo per cui non si vuole condividere con lo straniero ciò che si ha. Poi si raggiungono estremi, ove la condivisione dei beni viene fatta provvedendo piuttosto al benessere degli animali domestici. Purtroppo i numeri continuano a crescere, infatti, secondo le ultime statistiche, dal 1988 ad oggi il numero di potenziali migranti naufragati o vittime alle frontiere dell'Europa ha contato oltre 14.660 morti. Il nostro Pontificio Consiglio è addolorato per il continuo ripetersi di queste tragedie e riafferma quanto detto dal Santo Padre nella Caritas in veritate: che “Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione (142)”.
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4 commenti:
Qualche doverosa precisazione:
l'attuale situazione non può essere paragonata con i naufraghi del passato. Gli attuali naufraghi sono tali perché volontariamente e coscientemente si sono messi in mare pur sapendo delle altissime probabilità di naufragio. E il motivo per cui si sono avventurati è l'ingresso da clandestini in un altro paese.
Proteggersi da una sorta di "invasione" strisciante e silenziosa è lecito e, anzi, doveroso.
Le dolorose situazioni in cui versano questi disperati devono piuttosto essere risolte nei loro paesi d'origine; ecco quindi che è necessario che l'Unione Europea adotti una sorta di piano "Marshall" nei confronti dei popoli in via di sviluppo.
Gli Africani han bisogno di pane e di acqua, ma fino a quando gli europei penseranno di risolvere i problemi inviando tonnellate di condom i disperati continueranno a naufragare.
Antonello
Ricordiamo anche loro in questi giorni in cui sembra che la gente non voglia pensare.
Son fratelli che soffron e cercano di vivere decentemente. Non è giusto che vadano verso al morte.
Sembra che a nessuno interessi. Molti extracomunitari vengono per lavorare e devon essere aiutati. No preoccupiamoci solo del no stro paese e del fatto che siamo in difficoltà anche in Italia. Loro non hanno nulla!!!!!!
Solo la Chiesa leva la sua voce. Grazie per la segnalazione
"Ero forestiero e mi avete accolto...". Doverosa precisazione, mi pare si legga nel Vangelo
belle parole, bellissime se rivolte alle coscienze...ma l'Italia non è uno stato teocratico fondato sul Vangelo. Non si vuole che lo sia per le leggi che regolano la vita, perchè dovrebbe esserlo per quelle sull'immigrazione clandestina? Se non ci sono regole che governano la convivenza e viene fatto sistematicamente scempio delle guance che porgi, sarà difficile continuare a riconoscere e trattare l'altro come fratello. Come in ogni cosa, ci vorrebbe la giusta via, riuscire ad accogliere senza dover subire. Non si può non tener conto della lotta fra poveri nelle periferie e non a caso l'ala culturale che appoggia la chiesa in queste circostanze è quella che dimora nei salotti. La stessa che si lamenta dell'ingerenza clericale, che reclama l'aborto come diritto e si ricorda del Vangelo solo di fronte all'accoglienza al forestiero. Ma l'accoglienza alla vita dovrebbe essere sempre tale, per principio. Che strana cultura progressista...si sceglie sempre il compromesso, il male minore e poi non si accettano leggi che si discostano dal Vangelo per regolare la civile convivenza fra i popoli e l'inevitabile odio razziale che ne potrebbe (e ne sta derivando), lasciando i cittadini a se stessi e alla loro fragili coscienze. Chiunque si trova in mare ed è in difficoltà deve essere aiutato, e su questo credo che siamo tutti d'accordo. Se non è stato fatto, vergogniamoci, ma non si può pensare di aiutare l'Africa ad uscire dalla disperazione in questo modo. Così facendo si aiutano solo i trafficanti di uomini ad aumentare il loro commercio e le bande criminali a reclutare manodopera disperata per spaccio e prostituzione. Uno stato laico ha il dovere di pensare anche a questo
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