lunedì 10 agosto 2009
Nell'agenda papale di questa estate tre realtà balzano in primo piano: l'esempio del Curato d'Ars, la Confessione e la Trasfigurazione...(Magister)
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Agosto sul monte Tabor, per santi e peccatori
Nell'agenda papale di questa estate tre realtà balzano in primo piano: l'esempio del Curato d'Ars, il sacramento della confessione, la festa della Trasfigurazione. Ecco come e perché
di Sandro Magister
ROMA, 10 agosto 2009
Nei giorni scorsi il papa e il "giornale del papa" hanno dato un forte e coordinato risalto a un santo, a un sacramento e a una festa liturgica che di solito sono sminuiti o trascurati.
Il santo è Giovanni Maria Vianney, il Curato d'Ars.
Il sacramento è quello del perdono dei peccati.
La festa è quella del 6 agosto, della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, una delle dodici grandi feste del calendario bizantino, ma nella Chiesa latina ignorata dai più.
1. IL SANTO CURATO D'ARS
Al Curato d'Ars Benedetto XVI ha dedicato l'intera catechesi di mercoledì 5 agosto, nel centocinquantesimo anniversario della morte del santo.
Papa Joseph Ratzinger ha inteso offrirlo come modello soprattutto ai sacerdoti, per i quali ha indetto uno speciale Anno Sacerdotale. Un modello non confinato al passato, ma dotato di straordinaria forza profetica.
Così Benedetto XVI ha spiegato la perdurante attualità del santo Curato d'Ars, anche nell'attuale epoca di "dittatura del relativismo":
"Lungi dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità. Nella Francia post-rivoluzionaria che sperimentava una sorta di 'dittatura del razionalismo' volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima – negli anni della giovinezza – un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla santa messa. Poi – da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile.
"Cari fratelli e sorelle, a 150 anni dalla morte del santo Curato d’Ars, le sfide della società odierna non sono meno impegnative, anzi forse, si sono fatte più complesse. Se allora c’era la 'dittatura del razionalismo', all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di 'dittatura del relativismo'. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l’uomo 'mendicante di significato e compimento' va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi".
Ma in che cosa soprattutto rifulse la santità di questo "anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della Francia"? Soprattutto nel vederlo celebrare la messa e confessare, ha risposto Benedetto XVI. La vita del santo Curato d'Ars era tutta dedita all'eucaristia e al sacramento del perdono. Egli viveva "tra l'altare e il confessionale".
C'è dell'audacia nel riproporre oggi un simile modello. Ma che esso coincida con il cuore della fede cristiana e non con un suo aspetto marginale, è confermato da un articolo pubblicato su "L'Osservatore Romano" lo stesso giorno della catechesi del papa sul santo Curato d'Ars.
2. IL SACRAMENTO DEL PERDONO
L'articolo riguarda un altro santo, anzi, un Padre della Chiesa tra i più insigni, vescovo di Milano nel IV secolo, sant'Ambrogio. L'autore, il teologo Inos Biffi, grande conoscitore dei Padri e della teologia medioevale, così esordisce:
"Secondo sant'Ambrogio il Cristo misericordioso o la misericordia che da lui proviene è il motivo per cui Dio ha creato il mondo e particolarmente ha creato l'uomo. Il perdono è la prima e l'ultima parola del mondo e della sua storia".
E più avanti:
"Il testo più stupefacente e più rivelatore della teologia di Ambrogio sulla misericordia come sostanza e motivo della creazione si legge al termine del suo commento all'opera dei sei giorni: 'Il Signore Dio nostro – egli scrive – creò il cielo e non leggo che si sia riposato. Creò la terra e non leggo che si sia riposato. Creò il sole, la luna le stelle, e non leggo nemmeno allora che si sia riposato. Ma leggo che ha creato l'uomo e che a questo punto si è riposato, avendo un essere cui rimettere i peccati' (Exameron VI, IX, 10, 76).
"L'uomo è creato da Dio fin dal principio come un essere 'da perdonare'. Per questo dove si esercita la misericordia si fa festa in cielo: la creazione raggiunge il suo fine e la sua gloria. Sant'Ambrogio non cesserà di rievocare questo disegno divino, che apparirà come la ragione per la quale la Chiesa e i suoi ministri devono essere i segni della pietà. Più di tutti gli altri Padri della Chiesa egli ha sentito la potenza della grazia che ricrea e per la quale la colpa si dissolve".
E come il perdono di Dio raggiunge il peccatore pentito se non nel gesto liturgico, sacramentale?
Nella stessa pagina de "L'Osservatore Romano" con l'articolo di Inos Biffi su sant'Ambrogio "confessore misericordioso", c'è un altro articolo nel quale lo storico dell'arte Timothy Verdon illustra un capolavoro dell'arte liturgica: il meraviglioso mosaico absidale della basilica di Sant'Apollinare in Classe, eretta nel secolo VI a Ravenna (vedi foto).
3. LA FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE
Il mosaico raffigura la Trasfigurazione. Ma al posto di Gesù c'è la croce gemmata. Sotto la croce c'è il vescovo e martire Apollinare rivestito degli abiti per la messa con le mani levate nel gesto della preghiera, circondato dalle pecore del suo gregge. E sotto ancora c'è l'altare della celebrazione vera. Liturgia terrena e liturgia celeste fanno tutt'uno, nella luce del Cristo trasfigurato. Il significato dei gesti della liturgia terrena è dato dalle immagini che la sovrastano:
"L'anonimo artista ha cioè sovrapposto al senso della 'veste candida sfolgorante', nel racconto evangelico, il significato del successivo 'esodo' – la morte di Gesù che è già 'innalzamento' – nell'unica immagine della croce gemmata, e questa serve da chiave di lettura dell'identità comunitaria nel contesto liturgico, rivelazione di una futura 'trasfigurazione' del popolo orante dovuta al mistero presente nel pane e vino cambiati in corpo e sangue di Cristo".
Ma non è tutto. Ancora "L'Osservatore Romano", in un commento di prima pagina del 5 agosto scritto dal teologo americano Robert Imbelli, adotta la Trasfigurazione anche come chiave di lettura dell'enciclica "Caritas in veritate", e quindi del senso ultimo dell'uomo e del cosmo.
Il commento così inizia:
"La Trasfigurazione, una delle feste teologicamente più ricche, rivela il vero volto del Signore, Figlio amato del Padre, e il destino a cui i discepoli e tutti gli uomini siamo chiamati, svelando la verità di Cristo e dell'intera umanità, come racconta san Marco: 'Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro' (9, 2).
"Alcuni Padri della Chiesa hanno inteso le parole 'sei giorni dopo' come un annuncio del compimento della creazione. La creazione di Adamo ed Eva da parte di Dio si compie cioè nella rivelazione dell'uomo vero, il nuovo Adamo, Gesù Cristo, nel quale la gloria di Dio dimora fisicamente".
E così prosegue:
"In questa luce, pertanto, si può celebrare la Trasfigurazione come la festa in cui la Chiesa proclama la sua visione dell'umanesimo integrale. Il contemplare la bellezza del Cristo trasfigurato fa sì che i discepoli desiderino che il mondo intero sia avvolto dalla luce trasfigurata e agiscano con audacia secondo questo santo desiderio".
Della "Caritas in veritate" Imbelli cita questo passaggio:
"Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace. Tutto ciò è indispensabile per trasformare i 'cuori di pietra' in 'cuori di carne' (Ezechiele, 36, 26), così da rendere 'divina' e perciò più degna dell'uomo la vita sulla terra".
E subito dopo scrive:
"Paolo VI ha manifestato questo mistero nella sua vita. L'immagine del Signore trasfigurato ha dato energia al cuore della sua spiritualità e della sua speranza per la Chiesa e l'umanità. È una meravigliosa grazia della Provvidenza che questo papa sia morto la sera della festa, il 6 agosto 1978".
Del "servo di Dio" Paolo VI – altra grande figura spesso sottovalutata e incompresa, specie per la sua enciclica "Humanae Vitae" – è in corso la causa di beatificazione. Ogni anno, nel giorno della Trasfigurazione che fu quello della sua morte, si celebra la sua memoria. Nella "Caritas in veritate" Benedetto XVI ha scritto di lui:
"Paolo VI ha illuminato il grande tema dello sviluppo dei popoli con lo splendore della verità e con la luce soave della carità di Cristo. [...] Mosso dal desiderio di rendere l'amore di Cristo pienamente visibile all'uomo contemporaneo, affrontò con fermezza importanti questioni etiche, senza cedere alle debolezze culturali del suo tempo".
Niente di diverso da ciò fece anche il santo Curato d'Ars contro la "dittatura del razionalismo" del suo secolo. Offrendo il perdono di Dio. Nella luce della Trasfigurazione.
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1 commento:
In realtà, il Santo Padre aveva ampiamente parlato della Trasfigurazione nell'Angelus della seconda domenica di Quaresima (15 marzo) del 2006.
L'aveva definita un'esperienza che faremo solo in cielo e aveva ricordato come il cammino terreno è quasi sempre nella penonmbra, se non completamente al buio. Inoltre aeva detto che queste espeienze misitiche o anche le piccole consolazioni spirituali che ognuno di noi sperimenta in qualche raro momento, sono solo la preparazione ad una prova dura e dolorosa. Infatti gli Apostoli videro Gesù nella Sua Gloria prima della Sua passione, eppure si sono scandalizzati lo stesso.
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