venerdì 16 ottobre 2009
Vescovo del Sudan: «Sette cristiani crocifissi». La denuncia al Sinodo africano: «Attacchi e persecuzioni da parte delle milizie governative» (Vecchi)
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SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
Crimini
Vescovo del Sudan: «Sette cristiani crocifissi»
La denuncia al Sinodo africano: «Attacchi e persecuzioni da parte delle milizie governative»
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO
Si parla di crocifissione dei cristiani, al Sinodo per l’Africa che si sta riunendo in Vaticano.
E non è una metafora: «Il 13 agosto i ribelli sono entrati nella chiesa della mia parrocchia ed hanno preso tante persone in ostaggio. Mentre fuggivano nella foresta, ne hanno uccise sette: li hanno crocifissi agli alberi». Monsignor Hiiboro Kussala è vescovo della diocesi di Tombura Yambio, nel Sud del Sudan.
Il suo racconto a Radio Vaticana, la voce dolente e ferma, testimonia come l’odio e i massacri non siano certo finiti con l’incriminazione del presidente Al Bashir decisa in marzo dal Tribunale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità, il genocidio nel Darfur. Le violenze continuano anche su un altro fronte, quello che divide «un Nord prevalentemente arabo che ha imposto la legge coranica», il governo di Al Bashir a Khartoum, «e un Sud cristiano animista», riassume l’emittente della Santa Sede. Le elezioni politiche, previste dagli accordi di pace del 2005, dovrebbero svolgersi entro il 2010, mentre nel 2011 si attende il referendum per l’autodeterminazione del Sud. Appuntamenti messi in pericolo dai «ripetuti attacchi contro i cristiani», violenze «perpetrate da gruppi ribelli legati a Khartoum»: non soltanto «stanno ricevendo aiuti dal governo del Nord», accusa il vescovo, ma «alcuni di loro sono stati istruiti da Al Qaeda in Afghanistan: sono contro la Chiesa, il progetto è intimidire i cristiani». La crocifissione dei sette parrocchiani di monsignor Kussala non è un orrore isolato, «si verificano tanti drammi come questo», e d’altra parte «tutti questi gruppi hanno fucili, armi: credo ci sia la volontà di lasciare il Sud Sudan in difficoltà perché non abbia quella pace necessaria per preparare il referendum».
Quando gli si chiede se testimoniare il Vangelo, in Sudan, significhi rischiare il martirio, il vescovo non ha esitazioni: «Sì. Noi viviamo proprio in questo senso, perché stanno uccidendo la gente, bruciano le loro case, le chiese: questo è martirio». Andare in parrocchia, partecipare alla messa, sono cose che fanno paura: «Paura, sì: perché i ribelli continuano ad uccidere la gente. Ma noi non vogliamo morire: tutto questo rafforza la fede della gente, la gente continua a venire in chiesa». Del resto la situazione non nasce ora, spiegava al sinodo il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum: «Il problema tra il Sud e il Nord del Sudan è vecchio quanto il Sudan stesso: una rete di questioni complesse, dalle disuguaglianze nello sviluppo alle disparità nelle opportunità concesse dal governo centrale, cui si aggiungono le differenze etniche e religiose tra i due popoli». La stessa complessità del Darfur, raccontava la settimana scorsa ai vescovi Rodolphe Adada, già rappresentante congiunto Onu-Unione africana della missione di pace: «La situazione è cambiata radicalmente rispetto al 2003-2004. Ma questo non significa assolutamente che il conflitto, assai più complicato della descrizione manichea comunemente diffusa, sia concluso».
E pensare che l’assemblea per l’Africa, fino al 25 ottobre, riunisce 244 padri sinodali «a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace». Non è facile. Monsignor Kussala allarga le braccia: «Questo è il nostro motto. Dopo sei secoli, il cristianesimo è stato praticamente distrutto nel Nord del Sudan, e noi ne soffriamo in nome del Signore » . Certo, ieri i vescovi esortavano l’Africa a «prendere in mano il proprio destino». Ma lo stesso Benedetto XVI si rivolgeva agli «uomini e donne » della Terra perché «volgano i loro occhi all’Africa». Così il vescovo di Tombura Yambio sospira: «Vogliamo i Buoni Samaritani: i nostri fratelli, i nostri amici nella comunità internazionale possono venire in nostro aiuto. Ma più ancora di questo, chiediamo preghiere, tante».
© Copyright Corriere della sera, 16 ottobre 2009 consultabile online anche qui.
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5 commenti:
Mi meraviglio che non ci sia nessun commento in merito a questa notizia terribile. Spero che ci sia almeno la preghiera e che La isericordia ponga un limite al male che sembra non avere confini
hai ragione, Laura. In genere, .Le notizie su tanti nostri fratelli e sorelle che vengono uccisi le troviamo solo su Zenit o Asianews. Altrimenti, silenzio. Su Adista non ne ho mai lette, su Golias manco a dirlo.
Solo il Papa all'Angelus ne parla.
Ricordiamoci ogni sera di questi fratelli che vivono in parti infelici e dimenticate del mondo.
terribile.signore perdona.coraggio africa.
mi vergogno dei giornaloni,nessuno si sdegna?
reppubblica non raccoglie firme?
dai saviano,politi,sua maestà scalfari siate i primi firmatari,per la libertà religiosa,il rispetto delle persone,cari signori anche uno sciopero della fame potrebbe aiutare......toc ! toc ! c'è qualcuno ?
un doloroso saluto da paray-le-monial
massimo
Caro massimo sapessi quante volte ho pensato alle cose che tu hai riportato nel tuo post. Ma, purtroppo, come al solito, anche il rispetto per le persone e l'indignazione per certe tragedie, hanno la doppia velocità oppure i famosi due pesi e due misure. Ormai, nessuno ha più rispetto per la religione cattolica e per chi crede in Dio. Se proprio vogliamo dirla tutta, neanche chi se ne dovrebbe fare portavoce negli insegnamenti la rispetta più eccezion fatta per il Ponrìtefice. Non dobbiamo meravigliarci quindi se certi signori non si prodigano per la difesa dei diritti dei cattolici cristiani. Forse, ci si dovrebbe chiedere perchè siamo arrivati a questo punto.
grazie euge per le tue parole,le donne come te edificano(nels enso dic ostruire l'architettura)la chiesa.
come maria sotto la croce.
voi ragazze del blog vi ricordo,tutte, qui a paray-le-monial
ciao massimo
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