sabato 13 giugno 2009

Congregazione delle Cause dei Santi. I quattro secoli di storia dalla Curia di Sisto V alla svolta di Paolo VI (Osservatore Romano)


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I quattro secoli di storia dalla Curia di Sisto V alla svolta di Paolo VI

di Michele Di Ruberto
Arcivescovo segretario
della Congregazione delle Cause dei Santi

Dei quattro secoli della storia della Congregazione delle Cause dei Santi il primo periodo è, senza dubbio, determinante. Con la Costituzione apostolica Immensa aeterni Dei, del 22 gennaio 1588, Sisto V istituì quindici dicasteri, tra i quali uno specifico per la liturgia e per le cause di canonizzazione: la Sacra Congregazione dei Riti. Questa fase si chiude il 5 luglio 1634 con il breve Coelestis Hierusalem cives, vera magna charta della Congregazione dei Riti, frutto dell'esperienza dei decenni precedenti e di numerosi decreti, emanati soprattutto nella prima parte del pontificato di Urbano VIII. Tutta l'esperienza giuridica sulle cause dei santi fu raccolta da Benedetto XIV nel De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione per confluire, infine, nel Codice Pio-Benedettino (IV, II, 1999-2166).
Dopo il concilio Vaticano ii, Paolo VI, dando un nuovo assetto agli organismi di governo della Curia Romana, il 15 agosto 1967 pubblicò la costituzione apostolica Regimini Ecclesiae universae. Pochi anni dopo, con la lettera apostolica del 19 marzo 1969, Sanctitas clarior (Acta Apostolicae Sedis, LXI, 1969, pp. 149-153), modificava una parte dei canoni del diritto pio-benedettino e, l'8 maggio 1969, con la Costituzione Sacra rituum congregatio sopprimeva la Sacra Congregazione dei Riti, dividendo le sue due competenze in altrettante Sacre Congregazioni: una per il Culto Divino e l'altra per le Cause dei Santi.
L'ambito assegnato a quest'ultima riguarda "tutto ciò che si riferisce alla beatificazione dei servi di Dio, o alla canonizzazione dei beati, o alla conservazione delle reliquie". In questo modo si modificò anche l'assetto procedurale. Secondo il Codice Pio-Benedettino due erano i processi che si dovevano istruire per le cause dei santi: uno ordinario e l'altro apostolico. Il motu proprio li soppresse, sostituendoli con un unico processo detto "cognizionale", istruito dal vescovo del luogo di morte del servo di Dio, dopo aver ottenuto il nihil obstat dalla Santa Sede, avvalendosi di una duplice autorità: una ordinaria, esercitata per diritto proprio e spesso ampliata, e una delegata dalla Sede Apostolica.
Si trattò di una profonda innovazione che rese più rapide l'istruttoria e la trattazione delle cause. In particolare l'introduzione della causa, che prima era affidata alla Santa Sede e firmata dal Papa, d'allora in poi fu svolta in diocesi con il decreto dell'ordinario, che istituiva il tribunale per l'istruzione del processo. Quando il processo arrivava a Roma, dopo averne esaminato la validità giuridica la Sacra Congregazione procedeva alla trattazione delle virtù o del martirio.
Questo fu il primo passo per la revisione di tutta la materia relativa alla beatificazione e alla canonizzazione contenuta nel Codice di Diritto Canonico del 1917. Di conseguenza il dicastero fu dotato di una struttura che assicurava funzionalità e rapidità nei vari adempimenti.
Innanzitutto fu creato l'Ufficio giudiziale perché seguisse il complesso iter delle cause: "il primo Ufficio giudiziario, che è retto dal segretario, coadiuvato dal sottosegretario e da un congruo numero di officiali" (Sacra rituum congregatio, n. 6). Era competenza dell'ufficio preparare una relazione nella quale, dopo aver dato brevi cenni biografici del servo di Dio, si verificava se l'avvio della causa fosse nei tempi previsti dalla norma. Si esplorava poi il fondamento della fama sanctitatis o martyrii e infine si rilevavano le ragioni ecclesiali per proporre la figura del servo di Dio. Il "nulla osta", concesso ex audientia dal Papa, riconosceva il fondamento della fama sanctitatis o martyrii e autorizzava il vescovo diocesano a introdurre la causa. Lo stesso ufficio redigeva gli interrogatoria e una instructio in cui si indicavano i punti da esplorare con l'aiuto di una commissione di esperti in re historica et archivistica. Nell'ambito dello stesso ufficio giudiziale fu affidato alla competenza del sottosegretario lo studio dei presunti miracoli, esaminati sotto l'aspetto scientifico e tecnico dalla consulta medica, istituita da Pio xii con il nome di "Commissione", nell'ottobre 1948, e affiancata dal relativo regolamento.
Il secondo ufficio era presieduto dal Promotore generale della fede che, coadiuvato dal sottopromotore e da alcuni minutanti, redigeva un "voto" sullo stesso materiale esaminato dall'Ufficio giudiziale per la concessione del nulla osta necessario all'introduzione della causa. Era inoltre competenza del promotore generale la redazione delle animadversiones sul Summarium testium et documentorum e la stesura definitiva della Positio sulle virtù o sul martirio.
Poi era il momento dell'Officium Historicum-Hagiographicum, cui presiedeva il relatore generale, coadiuvato dal vicerelatore e da aiutanti di studio esperti in re historica et archivistica. La costituzione Sacra rituum congregatio, al numero 10 - facendo un esplicito riferimento al motu proprio del 6 febbraio 1930, con il quale Pio XI aveva istituito la sezione storica che fu poi denominata appunto Officium Historicum-Hagiographicum - stabiliva che era compito di questo organismo redigere la positio in base alla documentazione ricavata dalla ricerca archivistica.
Il quadro procedurale era dunque diviso in due fasi. Nella "fase diocesana", ottenuto il nulla osta, l'ordinario dove era morto il servo di Dio, procedeva a introdurre la causa e a istruire il processo cognizionale, seguendo gli interrogatoria e la instructio, che miravano a evidenziare tutte le questioni inerenti alla vita o al martirio. Nella seconda fase - quella romana che si svolgeva nell'ambito della Congregazione - gli atti processuali erano oggetto di valutazione formale e di merito. In particolare prima si svolgeva una discussione sul martirio, sulle virtù e sui miracoli. Le Positiones super martyrio, super virtutibus e super miraculis venivano discusse in un congresso formato da prelati e consultori del dicastero e presieduto dal segretario, coadiuvato dal sottosegretario, e in una sessione dei padri della congregazione, presieduta dal cardinale prefetto. L'esito veniva riferito al Papa.
In un secondo momento si arrivava al riconoscimento pontificio del martirio, della eroicità delle virtù o del miracolo. Dopo l'approvazione del Papa, si promulgavano i relativi decreti, sempre alla presenza del Pontefice. Il servo di Dio - come aveva stabilito Pio X nel 1913 - otteneva il titolo di venerabile con la pubblicazione del decreto sulle virtù eroiche. Alla beatificazione solenne si giungeva dopo il riconoscimento di due miracoli attribuiti all'intercessione del venerabile servo di Dio. La canonizzazione sopraggiungeva dopo il riconoscimento di due nuovi miracoli, accertati dopo la beatificazione. In occasione dell'anno santo del 1975 Paolo VI sostituì la necessità di riconoscere un secondo miracolo con l'introduzione dello studio sulla fama signorum che si attribuiva al beato. Questa dispensa fu confermata successivamente ed è divenuta norma.

(©L'Osservatore Romano - 12-13 giugno 2009)

E nel 1983 arrivò la riforma di Giovanni Paolo II

Negli ultimi decenni un aggiornamento della normativa che regola l'attività della Congregazione delle Cause dei Santi è stato apportato dalla costituzione apostolica Divinus perfectionis magister del 25 gennaio 1983, completata dalle Normae servandae in inquisitionibus ab episcopis faciendis in causis sanctorum e dal relativo regolamento. La nuova procedura delle cause di beatificazione e canonizzazione non poté però essere inserita nel Codex iuris canonici.
La costituzione istituisce un Collegium relatorum, a cui presiede un relatore generale, e sostituisce il Promotore generale della fede con la figura del Praelatus theologus. Vengono così aboliti l'Ufficio storico-agiografico e il nulla osta che autorizzava il vescovo a introdurre la causa.
I punti essenziali della procedura quindi si modificano. Prima si procede alla costruzione dell'inchiesta diocesana - non più un processo ordinario né cognizionale - con raccolta degli scritti del e sul servo di Dio, e poi all'esame da parte di censori teologi. In un secondo momento gli atti dell'inchiesta sono trasmessi alla congregazione in una copia autentica (detta transunto) e in un altro esemplare (copia pubblica): tutto il materiale è esaminato e studiato da uno dei relatori, nominato d'ufficio, che si serve di un collaboratore esterno per l'allestimento della Positio, nella quale vengono presentate le prove della fama di santità, dell'esercizio delle virtù, del martirio e dei presunti miracoli.
Concretamente l'iter della causa si compie in due fasi: quella diocesana, fondamentale per la documentazione, e quella romana in cui si effettua la verifica degli atti sotto il profilo formale e se ne studia il merito.
Nella fase diocesana, il vescovo riceve dal postulatore - rappresentante degli attori - l'informazione sulla vita, sulle virtù, sulla fama di santità del servo di Dio e, se ritiene che tutto ciò abbia un sufficiente fondamento, mette in moto il meccanismo. Innanzitutto fa esaminare gli scritti editi del servo di Dio da due teologi. Se questi sono favorevoli, costituisce una commissione storica, per la raccolta di altri scritti e documenti. Non trascura inoltre di ottenere il consenso della Conferenza episcopale sull'opportunità di iniziare la causa. Questo atto sostituisce le lettere postulatorie della precedente procedura.
Successivamente il vescovo chiede alla Congregazione delle Cause dei Santi il nulla osta, che, a differenza di quello richiesto dalla precedente legislazione, tende solo a verificare se sul conto del servo di Dio ci siano ostacoli perentori. Dopo aver ottenuto il nulla osta da parte della Santa Sede, il vescovo costituisce il tribunale - formato da un delegato episcopale, un promotore di giustizia, un notaio effettivo e uno aggiunto - che raccoglierà le prove testimoniali e documentali, la stesura definitiva delle quali deve essere preceduta da una relazione sottoscritta in solidum dagli esperiti in re historica et archivistica. Conclusi questi adempimenti, gli atti dell'inchiesta sono inviati alla congregazione per essere studiati.
La fase romana si svolge in diversi momenti. Innanzitutto vengono esaminati gli atti processuali sotto il profilo formale. Subito dopo viene redatta la Positio sotto la guida di un relatore che vaglia le testimonianze e la documentazione attinente alla vita, alle virtù e al martirio del servo di Dio. Nel caso dei miracoli il Summarium per i periti medici e la Positio sono redatti sotto la guida del sottosegretario. Poi la Positio di eventuali cause antiche - o di alcune recenti di particolare rilevanza storica - viene esaminata dai consultori storici in una seduta, presieduta dal relatore generale. I pareri degli esperti vengono pubblicati in un fascicolo denominato Relatio et vota. Inoltre la Positio delle cause storiche con la Relatio et vota delle cause recenti, nonché la Positio super miro, vengono sottoposte all'esame dei consultori teologi nel Congresso peculiare, presieduto dal Promotore generale della fede (prelato teologo) la cui discussione con i relativi pareri è raccolta nella Relatio et vota. Se i due terzi dei teologi esprimono parere favorevole, la causa passa al giudizio di cardinali e vescovi. Nel caso di voti sospensivi saranno compilati i chiarimenti da parte degli attori della causa (postulatore), sotto la guida del relatore. Se i voti favorevoli non hanno raggiunto il quorum necessario, il Congresso ordinario decide se procedere o meno nell'iter.
Se la causa ha avuto una valutazione favorevole i documenti vengono portati all'attenzione dei cardinali e dei vescovi della Sessione ordinaria della congregazione, presieduta dal prefetto, con la partecipazione del segretario del dicastero, con diritto di voto, e alla presenza del sottosegretario, che redige il verbale, e del prelato teologo. Il prefetto sottopone l'esito della seduta al Papa, il quale autorizza il dicastero a promulgare il relativo decreto sulle virtù eroiche, sul martirio e sul miracolo. Una volta pubblicato il decreto, si fissa la data della beatificazione. Quando poi si passa alla canonizzazione di un beato, si celebra il concistoro che ratifica il parere di cardinali e vescovi, con l'approvazione del Papa che stabilisce la data.
Nel caso di un confessore - cioè di un servo di Dio non martire - è necessario per la beatificazione che venga approvato un miracolo ottenuto per sua intercessione. Anche per la canonizzazione di un beato si richiede un miracolo, avvenuto dopo la sua beatificazione. L'iter relativo all'accertamento del miracolo è analogo a quello descritto per le virtù o per il martirio. Competente è il vescovo del luogo in cui si è verificato il presunto miracolo. È lui a costituire un tribunale che analizza i testi e raccoglie tutta la documentazione medica, per poi trasmettere gli atti alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Si prepara il Summarium, che viene sottoposto alla Consulta dei medici - quando si tratta, come avviene quasi sempre, di una guarigione - i quali sono chiamati ad accertare se la guarigione possa essere spiegata o no dalla scienza nel suo stato attuale. Ottenuto il parere di inspiegabilità del caso da parte dei componenti la Consulta medica, si redige la Positio del presunto miracolo che viene esaminata dai consultori teologi, per verificare se si tratta di un vero miracolo e se questo può essere attribuito al servo di Dio in questione. Si passa poi allo studio della Sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi, la cui decisione è sottoposta all'approvazione del Papa. Se il Pontefice dispone la pubblicazione del decreto sul miracolo, si celebra la beatificazione e la canonizzazione.
Questi due istituti si differenziano tra di loro in maniera sostanziale. Entrambi richiedono una decisione del Papa, ma mentre la beatificazione è la concessione di un culto limitato a una porzione del popolo cristiano - diocesi, nazione, ordine religioso - la canonizzazione è un atto del supremo magistero, che presenta un beato come santo e come tale da venerarsi in tutta la Chiesa.

(michele di ruberto)

(©L'Osservatore Romano - 12-13 giugno 2009)

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