venerdì 12 giugno 2009

A quarant'anni dall'istituzione della Congregazione delle Cause dei Santi: Quel di più che rende umana la vita (Angelo Amato)


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A quarant'anni dall'istituzione della Congregazione delle Cause dei Santi

Quel di più che rende umana la vita

di Angelo Amato
Arcivescovo prefetto
della Congregazione delle Cause dei Santi

Sin dai primi secoli i martiri erano considerati una nuova immagine di Cristo sul Calvario.
La loro passione era la riproposizione della passione di Cristo. Il protomartire Stefano è assimilato a Cristo, che soffre e si sacrifica per la Chiesa. La preghiera per i suoi uccisori è la stessa di Gesù per i suoi crocifissori (cfr. Atti, 7, 60; Luca, 23, 31).
Anche nel martirio di Policarpo, avvenuto, pare, il 23 febbraio 155 a Smirne, il martire viene visto come il perfetto imitatore della via dolorosa di Cristo: "Policarpo, che fu il dodicesimo a subire il martirio in Smirne con quelli di Filadelfia (...) non solo fu maestro insigne, ma anche martire eccelso, il cui martirio tutti aspirano a imitare, avvenuto com'è a somiglianza di quello di Cristo narrato dal Vangelo".
Per questo i cristiani veneravano i martiri quali perfetti discepoli del Signore, al quale avevano manifestato un amore insuperabile.
Esaltando il sacrificio della giovane nobildonna Perpetua, martirizzata a Cartagine nel 202 con Felicita e tre catecumeni, Agostino commenta: "I martiri di Cristo per il nome e la giustizia di Cristo vinsero il timore della morte e quello dei tormenti: non temettero né la morte né le sofferenze: vinse in essi Colui che visse in essi".
Nelle persecuzioni Cristo è a fianco dei martiri, combatte con loro e dà loro la forza di sopportare i supplizi più atroci senza lamento, anzi, col sorriso sulle labbra. Spesso i martiri vedono "la gloria del Signore" e sono confortati da visioni e voci celesti. Nel patire passano dalla condizione terrena a quella celeste: "Non più uomini, ma già angeli". Il loro corpo consunto dai supplizi emana una divina fragranza. Sono già "perfetti" ed entrano immediatamente nella gloria del cielo.
I martiri mostrarono ai primi cristiani la fermezza della fede, l'amore a Gesù e la comunione con la Chiesa. Il loro coraggio rivelava la fierezza di essere cristiani e di proclamare fino al sacrificio della vita la verità del Vangelo. C'è relazione di causa ed effetto tra la sequela Christi e il martirio. A ragione Agostino precisava che non tanto la pena quanto la causa contraddistingueva i martiri cristiani: Quoniam martyres discernit non poena sed causa. Ciò destava stupore e imitazione, come mostrano, ad esempio, le conversioni di Tertulliano e di Giustino. Nell'esaltare i martiri cristiani, quest'ultimo scriveva: "Nessuno credette mai a Socrate, sino al punto di dare la vita per la sua filosofia".
Accanto al battesimo di acqua si pone, quindi, il battesimo di sangue: "Solo il battesimo di sangue - afferma Origene - ci può rendere più puri di quanto ci rese il battesimo di acqua". Se il battesimo introduce il neofita nella terra promessa, il martirio dà al martire il possesso del regno. Per i cristiani il martirio era sicurezza di salvezza: "Nell'anfiteatro di Cartagine alla fine dei giochi" fu scagliato contro Saturo un leopardo che "con un colpo di zanne lo bagnò nel suo sangue". Come a testimoniare un secondo battesimo, la folla gridò: "Eccolo ben lavato! Eccolo salvato". Era sicuramente salvato, aggiungono gli Atti, colui che "era stato lavato nel proprio sangue".
Cipriano illustra ampiamente il significato dei due battesimi: "Noi che, con il permesso del Signore, abbiamo conferito ai credenti il primo battesimo, prepariamo i singoli al secondo, insinuando e insegnando che questo è il battesimo nel quale battezzano gli angeli, il battesimo nel quale Dio e Cristo esultano, battesimo dopo il quale non si può più peccare, battesimo consumatore della perfezione della nostra fede, battesimo che ci unisce subito a Dio, dopo aver lasciato questo mondo. Nel battesimo di acqua si ha la remissione dei peccati, nel battesimo di sangue la corona delle virtù".
I martiri cristiani vincevano l'angoscia dei supplizi e della morte nella certezza della resurrezione. Il loro eroismo, non come atteggiamento stoico ma come speranza di felicità eterna, confortava le prime generazioni cristiane a familiarizzarsi con la morte, non più traguardo tragico dell'esistenza, ma porta del cielo. I martiri non si avviavano alla morte ma alla vita. Il martire Apollonio, rimproverato dal giudice pagano perché amava la morte, rispose: "Io amo la vita (...) ma l'amore della vita non mi fa temere la morte. Niente è migliore della vita, ma io intendo la vita eterna".
Nel corso dei secoli, oltre al ricordo degli apostoli e dei martiri si imposero all'ammirazione e quindi alla venerazione dei fedeli anche quelle figure eminenti per la loro vita di fede e per la loro testimonianza della verità. Per questo già verso il terzo secolo Clemente d'Alessandria ritiene martire non solo chi muore per Cristo ma anche chi lo testimonia lungo tutta la sua vita: "Se professare apertamente la fede in Dio è testimonianza, qualsiasi persona che organizza la sua vita in dipendenza da Dio e osserva i comandamenti di Lui è martire, sia in forza della vita che fa, sia in forza delle parole che dice, qualsiasi possa essere la sua morte: egli sparge la sua fede come sangue per tutta la vita e all'uscita della vita".
Per Clemente il martirio non è solo un atto, ma uno stato permanente di testimonianza di vita in Cristo. Per lui una esistenza martiriale significa in concreto la pratica delle beatitudini evangeliche.
Nella sua Storia ecclesiastica Eusebio (circa 265-340), parlando dei martiri della Gallia meridionale al tempo di Marco Aurelio, accenna ai cristiani del luogo, che, nonostante i terribili tormenti sopportati, sopravvivono e quindi rifiutano di essere designati come martiri, ma si dicono "modesti e poveri confessori". Qui per la prima volta appare la distinzione tra homòlogoi (confessori) e màrtyroi (martiri).
A ogni modo fin dai primi secoli la tradizione ci ha consegnato non solo gli atti e le passioni dei martiri ma anche le biografie di straordinari testimoni della fede non martiri.
Citiamo, tra le molte, la Vita di Antonio di Atanasio di Alessandria, la Vita di Cipriano del diacono Ponzio - che volle aggiungere agli atti del martirio del santo vescovo anche la presentazione della sua dottrina e dei suoi scritti - la Vita di Martino del letterato di chiara fama Sulpicio Severo, la Vita di Ambrogio del diacono Paolino, la Vita di Agostino del vescovo Possidio.
Le biografie antiche seguono in filigrana la narratio evangelica cercando i punti di convergenza con la vita di Cristo. I passi evangelici sorreggono l'intera trama dell'esistenza del santo biografato, le cui gesta ricalcano le gesta di Cristo. Nonostante il riferimento unico a Cristo, di cui rispecchiano i valori più alti, ognuno mantiene la propria identità e originalità.
Il messaggio profondo delle biografie antiche è la proclamazione del mistero di Dio nell'esistenza umana: questi eroi cristiani suscitano ammirazione non tanto per la loro grandezza umana, ma "come segno di quanto veramente grande può diventare l'uomo, quando rinuncia ai suoi ideali umani per abbracciare totalmente quelli che gli propone Dio".
La tradizione agiografica della Chiesa si è arricchita lungo i secoli di narrazioni esemplari di uomini e donne che, alla scuola del Vangelo, sono diventati testimoni credibili della presenza di Dio nella storia. Alcuni di essi sono stati ufficialmente canonizzati dalla Chiesa.
Questa splendida Bibliotheca Sanctorum continua ad ampliarsi anche in questo terzo millennio. Si tratta dell'eterna primavera della Chiesa, che vede in questi suoi figli e figlie di ogni lingua e nazione il trionfo della grazia divina.
Fin dalla sua istituzione la Congregazione delle Cause dei Santi ha dedicato la sua attenzione al discernimento dell'esercizio eroico delle virtù cristiane dei suoi fedeli, testimoni valorosi di Cristo anche mediante l'effusione del sangue.
I santi sono persone che edificano la Chiesa con la loro carità. Allo stesso tempo immettono nella società quel "di più" di amore, di misericordia e di bontà che la rende autenticamente umana. Del resto, come mostra il calendario, i giorni della nostra esistenza sono scanditi dalla loro presenza protettrice. Forse per questo c'è tanto interesse per i santi, antichi e nuovi.

(©L'Osservatore Romano - 12-13 giugno 2009)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissima Raffaella,
Quatrocento anni e non quaranta.
Non sembra ma è vecchia la nostra madre Chiesa ecco perche è cosi saggia!
Grazie per il tuo impegno e buona domenica.

Raffaella ha detto...

Grazie e ricambio gli auguri di buona domenica :-)
R.