martedì 23 giugno 2009

Nell’Anno sacerdotale i pensieri di Benedetto XVI rivolti ai “fratelli sacerdoti”: intervista al direttore della Lev (Radio Vaticana)


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Nell’Anno sacerdotale i pensieri di Benedetto XVI rivolti ai “fratelli sacerdoti”: intervista al direttore della Lev, don Giuseppe Costa

Pensieri sul sacerdozio di Benedetto XVI, raccolti in un piccolo libro, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, a suggellare l’apertura dell’Anno sacerdotale, inaugurato dal Papa il 19 giugno scorso. Il servizio di Roberta Gisotti:

“Dio è la sola ricchezza che gli uomini desiderano trovare in un sacerdote”: il primo pensiero di Benedetto XVI in apertura del libro rivolto ai sacerdoti e non solo se tutti siamo interessati a capire in che cosa consiste la chiamata al sacerdozio.

Al nostro microfono don Giuseppe Costa sacerdote e direttore della Libreria Editrice Vaticana, dunque editore e destinatario di questo piccolo ma prezioso compendio. Don Costa, osserva il Papa che la consacrazione sacerdotale è un “passaggio di proprietà”. Che cosa vuol dire?

R. – Che il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma appartiene a Gesù Cristo, appartiene a Dio, in quanto il sacerdote deve essere unificato con Cristo, deve identificarsi con lui. Questo significa che dovrà svuotarsi come Lui, fino alla salvezza di ogni uomo. Il cambio di proprietà significa che deve riprogettare tutto se stesso, non con la sua logica, ma con la logica stessa di Dio. E’ una scelta radicale, profonda, che cambia la vita di una persona.

D. – Benedetto XVI sottolinea che il sacerdote è anzitutto "amico di Gesù"...

R. – L’amicizia è una convivialità, è una frequentazione. Essere amico di Gesù significa vivere lo spirito di Betania, vivere il cuore di Giovanni, considerare Gesù presente alla propria esistenza, proprio così come si fa con una persona che si ama. L’amicizia con Gesù è un’essenzialità di vita, che si traduce poi anche in un atteggiamento, in un modo di essere.

D. - Il Papa ricorda pure che "al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia, in edilizia o in politica, da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale". Don Costa, perché questo richiamo, c’è qualche riferimento ad un attivismo dei sacerdoti in molti campi?

R. – Il sacerdote non deve perdere mai di vista il suo punto di partenza. Il suo punto di vista è quello di Gesù, è quello di Dio. Quindi, anche quando si occupa di economia, si occupa di organizzazione civile che, in qualche caso, può anche essere necessaria: basti pensare a territori dove non c’è una presenza cristiana, dove l’animazione è forte ed è il sacerdote ad occuparsi anche di aspetti economici o organizzativi. Anche lì il sacerdote non deve perdere il punto di vista, il punto di partenza, che è sempre lo sguardo di Dio e la natura di Cristo, che si dona totalmente e svuota se stesso pur di servire, di salvare il prossimo.

D. – Un’altra sottolineatura importante è questa: "Il sacerdote deve essere soprattutto uomo di preghiera"...

R. – La preghiera è un po’ come il respiro di ogni anima, quindi anche dell’anima del sacerdote stesso. Un sacerdote che non prega, non può vivere l’amicizia con Gesù, non può vivere nemmeno l’amicizia con tutto il corpo dei credenti. Quindi, la preghiera è essenziale non soltanto per la sua sopravvivenza, ma per la sua vita spirituale.

D. – Don Costa, ci sono altri libri in cantiere per questo Anno Sacerdotale?

R. – Proprio oggi è uscito un volume dal titolo “Stile sacerdotale. Sulle orme di San Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars”. E’ un volume nel quale padre Leonardo Sapienza presenta quanto su questo tema hanno scritto Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quasi un percorso di meditazione sulle orme del Curato d’Ars, che il Santo Padre ha indicato come esempio pastorale e spirituale per ogni sacerdote.

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