lunedì 22 giugno 2009
Quei richiami di Papa Ratzinger su immigrati e fede-souvenir (Pagone)
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Su segnalazione di Elisabetta leggiamo questa analisi di Onofrio Pagone. Dobbiamo andare oltre i soliti luoghi comuni (che noia...che barba!) e andare alla sostanza.
R.
LE ANALISI
Quei richiami di Ratzinger su immigrati e fede-souvenir
di Onofrio Pagone
Fa un po’ impressione quel reliquiario consegnato al Papa contenente il cuore di padre Pio, o meglio quanto rimane dei tessuti del muscolo cardiaco del frate taumaturgo.
Eppure è tutto lì, in quel simulacro oggetto di devozione, il nesso sostanziale tra l’eredità spirituale di san Pio e il molteplice monito lanciato da Benedetto XVI in occasione della sua visita pastorale a San Giovanni Rotondo. Quel reliquiario testimonia che solo un cuore grande vince il tempo e, con il tempo, anche la morte.
Prima della storica giornata del papa Ratzinger pellegrino nei luoghi di padre Pio risultava difficile accostare la figura del pontefice teologo, teorico della fede e della ragione, al fraticello delle stimmate, campione della pietà popolare, umile di origini e per cultura.
Dopo il pellegrinaggio papale di ieri a San Giovanni Rotondo, il messaggio pastorale di Benedetto XVI si è caricato della forza carismatica del santo, ha assunto i contorni della immediatezza comunicativa, si è tradotto per le masse, è rimbalzato con la stessa efficacia sferzante dei rimproveri di padre Pio nel confessionale.
Il Papa ha usato la stessa carezza, paterna e pesante insieme, per ammonire e tracciare la strada. Ed ha indicato la via maestra, ribadendola più volte: quella della santità di padre Pio, cioé di un uomo che ha saputo incarnare i valori del Vangelo.
Papa Ratzinger non è andato molto per il sottile.
In ciascuno degli appuntamenti programmati nella sua giornata pugliese ha scodellato una traccia pastorale che va ben oltre i confini della Puglia. Alla fine della visita pastorale, restano in evidenza almeno quattro ammonimenti: due di rilevanza sociale e civile, gli altri due più prettamenti indirizzati alla stessa comunità ecclesiale.
Il monito più dirompente è stato lanciato durante l’Angelus.
Da un pulpito in terra di Puglia, tra gli ulivi della collina garganica che svetta sul mare solcato anche negli ultimi anni da migranti disperati, il Papa ha tuonato perché sia garantita l’accoglienza ai rifugiati.
E’ «doveroso» - così ha detto il pontefice - accogliere chi «cerca rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità».
In un momento in cui i profughi vengono respinti da navi militari in mare aperto e costretti a tornare negli stessi porti dai quali erano salpati, il messaggio è chiaro e forte. Finora erano stati i vescovi italiani a pronunciarsi contro la politica dei respingimenti; adesso è personalmente il pontefice a spendersi perché si cambi metodo.
Il secondo monito è emerso nell’omelia.
La meditazione del Papa ha ruotato intorno alla santità di padre Pio ed alla sua eredità: ne ha sviluppato una riflessione teologica per arrivare - questa la forza grande di Ratzinger al cospetto del frate di Pietrelcina - a una conclusione pratica: ha esortato la Chiesa a non farsi travolgere dai rischi della secolarizzazione e dell’attivismo che - ha detto - insidiano anche i suoi santuari, persino quelli più famosi.
Messaggio esplicito: attenti dunque alla mercificazione della fede, alla spiritualità trasformata in gadget, ricordini e cineserie moltiplicatrici di offerte.
Un messaggio che, lanciato proprio da San Giovanni Rotondo e alla vigilia della nomina di un nuovo vescovo della diocesi locale, lascia capire che la Santa Sede non modificherà l’assetto di quella diocesi mantendo il controllo diretto dell’opera di san Pio.
Un altro messaggio indirizzato precipuamente alla comunità ecclesiale è quel monito rivolto a sacerdoti e religiosi a non rassegnarsi ai confessionali vuoti.
Che il sacramento della confessione sia ormai poco praticato è questione acquisita: sottolinearlo a San Giovanni Rotondo assume un significato pastorale.
Padre Pio trascorreva la giornata nel confessionale; la fila dei fedeli che chiedevano di confessarsi con lui era sempre interminabile, e il Papa lo ha rimarcato: «La cura delle anime e la confessione dei peccatori - ha osservato - furono un anelito che lo consumò fino alla morte».
Ancora: il tema del lavoro.
Incontrando i giovani, Benedetto XVI ha dovuto esortarli a non perdersi d’animo per la mancanza di lavoro. Il Papa ha parlato della disoccupazione come problema drammatico del Mezzogiorno, tanto da rischiare di «soffocare gli entusiasmi» dei giovani e - ha rilevato - delle ragazze. A loro ha promesso che la Chiesa non li abbandona, ma evidentemente non basta.
Infine, più sottilmente teologico, il tema della malattia: il potere invasivo del male.
Spiegava papa Paolo VI che padre Pio è uomo di preghiera e di sofferenza. Dunque la fede come antitodo al dolore, come terapia contro il male. Per papa Benedetto XVI è ancora di più: la fede è intesa anche come garanzia dell’impegno civile, cioé vale per tutti e non solo per i malati.
La seconda visita pastorale di un pontefice alla tomba di san Pio sarà ricordata nel tempo per il diluvio che ha guastato la festa nel primo giorno d’estate, per l’affluenza di migliaia di pellegrini accorsi anche dall’estero in rappresentanza dei gruppi di preghiera, per la commozione del Papa davanti alla salma di san Pio. Ma i molteplici moniti e il paradigma pastorale che essi contengono, valgono molto di più: la rendono sicuramente storica.
© Copyright Gazzetta del Mezzogiorno, 22 giugno 2009 consultabile online anche qui.
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