domenica 2 agosto 2009
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Concerto a Castel Gandolfo alla presenza di Benedetto XVI
Johann Sebastian Bach, Wolfgang Amadeus Mozart e Benjamin Britten: saranno loro i protagonisti del concerto che oggi alle 18.00 l’Orchestra da Camera bavarese di Bad Bruckenau terrà in onore di Papa Benedetto XVI nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. In apertura, il saluto di don Kilian Kemmer, decano della prefettura di Hochstadt, nell’arcidiocesi tedesca di Bamberg, in chiusura le parole del Papa agli artisti e al direttore, l’oboista Albrecht Mayer. Ce ne parla Gabriella Ceraso:
Linguaggio universale della bellezza, veicolo privilegiato di conoscenza, arte dal profondo valore spirituale: è la musica nelle parole di Benedetto XVI, pianista e conoscitore raffinato di quella che ha più volte definito “la sua compagna di viaggio”. Quale modo migliore, dunque, che un concerto con gli autori tra i più amati dal Pontefice – Mozart e Bach – per salutare il ritorno a Castel Gandolfo dopo il periodo trascorso nella bella Valle d’Aosta, che ha tenuto però il Papa forzatamente lontano dalla tastiera?
Protagonista assoluto e insolito sarà l’oboe, in un clima festoso costruito dalla scelta del programma. E il nome di Albrecht Mayer, quando si parla di oboisti, è d’obbligo. Sarà il giovane maestro tedesco, primo oboe dei Berliner Philarmoniker, cresciuto nel coro della cattedrale di Bamberga, a dirigere l’orchestra da camera bavarese di Bad Bruckenau, in un percorso prima come oboe d’amore nel concerto BWW 1055 in La maggiore di Bach, innamorato del timbro bucolico di questo strumento tanto da usarlo in circa 60 lavori, e poi come oboe solista, nel concerto in Do maggiore KW 314 di Mozart: autore che è riuscito ad elevare lo strumento al massimo delle sue capacità espressive in grazia e poesia. E per i più attenti, nel finale anche un cenno al “Ratto del serraglio”.
Tra i due lavori, incursione nel Novecento con la deliziosa “Simple Synphony” dell’appena 21.enne inglese Benjamin Britten, in cui confluiscono anche – rielaborati – brani giovanili: idee originali – dice l’autore, introducendo la partitura – che meritano di essere conservate. Dunque, semplicità non nel senso di facile esecuzione, ma di chiarezza nella struttura, elemento caratteristico insieme alla trattazione giocosa del materiale, in cui ritornano spesso spunti di danza. Tanti particolari che, di certo, l’attento Pontefice non mancherà di cogliere sorprendendo probabilmente – come ha già fatto tante volte – gli addetti ai lavori.
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Il concerto della Bayerisches Kammerorchester Bad Brückenau a Castel Gandolfo
Un dialogo tra mondo popolare e tradizione colta
di Marcello Filotei
Nell'arte e nella vita, che sono la stessa cosa, è bene diffidare di ciò che viene definito facile. In musica esistono diversi brani a bassa densità tecnica, quasi ogni strumento ha il suo, ma solo i bambini alle prime armi e i grandi solisti, hanno il coraggio di affrontarli in pubblico. I primi per incoscienza, i secondi perché assolutamente sicuri che non falliranno, non tanto per la solidità tecnica di cui dispongono ma perché concentrati non sull'esecuzione corretta delle note, ma sulla ricerca di quel qualcosa di più profondo che c'è dietro.
Su scala orchestrale questo avviene anche per la Simple Symphony opera 4 di Benjamin Britten che si chiama così proprio per la linearità della scrittura. Ma in più ognuno dei quattro brevi movimenti per archi che compongono il lavoro, scritto nel 1934 e dedicato all'insegnante di viola dell'autore, ha in sé una sorta di sublime continuo rimando tra mondo popolare e tradizione colta. La Simple Symphony opera 4 è uno dei pezzi in programma nel concerto che la Bayerisches Kammerorchester Bad Brückenau terrà domenica 2 agosto a Castel Gandolfo, insieme al Concerto Bwv 1055 per oboe d'amore e archi di Johann Sebastian Bach e al Concerto per oboe e orchestra di Mozart Kv 314.
I temi utilizzati, due per ogni movimento, provengono da songs e lavori pianistici scritti da un giovane Britten tra il 1923 e il 1926. I quattro movimenti (Boisterous Bourrée. Allegro ritmico, Playful pizzicato. Presto possibile, Sentimental Saraband. Poco lento e pesante e Frolicsome Finale. Prestissimo con fuoco) già nei titoli in qualche modo esplicitano la ricerca di un rapporto tra i due mondi, accostando i richiami alla forma sinfonica o alla suite a indicazioni di modalità espressive come sentimental o playful.
Un'alternativa alla leggerezza della semplicità è la difficoltà, che impone un maggiore rigore e solidità tecnica, ma consente una comunicazione meno mediata. È il caso del Concerto per oboe e orchestra di Mozart Kv 314, che anche per questo viene spesso preferito alla versione per flauto, a lungo ritenuta precedente. Le differenze sono però anche di altro carattere. La versione originale fu scritta nell'estate del 1777 probabilmente per l'oboista bergamasco Giuseppe Ferlendis, contemporaneo di Mozart che ebbe una importante carriera internazionale e fu capace di apportare importanti miglioramenti ai meccanismi di funzionamento del corno inglese.
L'Allegro aperto iniziale presenta una lunga introduzione che fornisce materiale tematico sul quale il solista elabora variazioni virtuosistiche. Alla giovialità iniziale segue la lunga e ininterrotta melodia dell'Adagio non troppo, carico di sentimentalismo.
Ma le differenze più vistose tra le due versioni sono nel Rondò. Allegretto finale, una sorta di festoso convivio all'aperto, con trilli dei corni da caccia a evocare sonorità boscherecce dove l'oboe sembra ambientarsi decisamente meglio del flauto. Anche per questo viene spesso preferita questa versione.
A ogni modo rimaneggiare partiture cambiando strumento solista è usuale in musica, come adattare le parti a specifici esecutori, inserire brani tratti da altre opere o addirittura riutilizzare materiali pensati per altri ambiti. Tra il Seicento e il Settecento era quasi la prassi. Non sfugge a questo destino nemmeno il Concerto Bwv 1055 per oboe d'amore e archi di Johann Sebastian Bach, ricostruito recentemente e arrivato a noi nella trascrizione dello stesso autore per clavicembalo solo, con evidenti segni di rimaneggiamento già nel manoscritto.
Nel fraseggio il concerto mette in evidenza il carattere dello strumento solista, l'oboe d'amore realizzato nel XVIii secolo e usato nei primi anni da alcuni compositori che ne avevano intuito le potenzialità. Tra questi oltre a Bach - che gli dedicò diversi brani valorizzandolo anche nello In Spiritum Sanctum della Messa in si minore - anche Georg Philipp Telemann, che però si rivolse allo strumento più occasionalmente.
Fu tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che, dopo un secolo di disuso, l'oboe d'amore tornò alla ribalta stimolando compositori sempre alla ricerca di nuove sonorità poco utilizzate. È stato il caso di Richard Strauss - che nella Sinfonia domestica affida allo strumento la rappresentazione di un bambino - di Claude Debussy - che in Gigues riserva un assolo all'oboe d'amore - o di Maurice Ravel, che lo sceglie per duettare con il clarinetto piccolo nel celebre Bolero.
Nel concerto di Bach l'oboe d'amore, più grave di quello tradizionale, accentua il carattere cantabile della versione per clavicembalo, soprattutto negli assoli autenticamente pastorali, e garantisce compattezza all'intera composizione. Dall'Allegro iniziale, al Larghetto centrale, fino all'Allegro ma non troppo finale, proprio per evidenziarne le caratteristiche peculiari Bach trova una serie di modi diversi di contrapporre lo strumento solista al resto dell'organico.
La linearità del solo è contrappuntata nel primo movimento da arpeggi ripetuti, nel secondo da una melodia ampia e distesa, nel terzo da un movimento frenetico degli archi che crea un forte effetto di tensione.
(©L'Osservatore Romano - 2 agosto 2009)
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