lunedì 26 ottobre 2009

Sinodo per l'Africa, Vian: i media internazionali hanno ancora una volta perso un'occasione (Osservatore Romano)


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La realtà nella prospettiva di Dio

Dopo tre settimane di "buon lavoro" comune, di preghiera e di ascolto reciproco, si è conclusa la seconda assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa.
A sottolinearlo con semplicità è stato il suo presidente, Benedetto XVI, spesso presente e molto attento ai dibattiti di questi giorni. Che hanno portato un contributo importante non soltanto per la Chiesa, ma per il continente e l'intero scenario mondiale.
Anche se i media internazionali - a parte qualche eccezione - hanno ancora una volta perso un'occasione, dimostrando poco interesse per questo esercizio di responsabilità collettiva e collegiale che da oltre un quarantennio è entrato a far parte dell'esercizio del primato del successore di Pietro.
La Chiesa di Roma è invece l'unica importante realtà planetaria che - in continuità con la sua tradizione - si pone di fronte alla globalizzazione senza fatalismi o rassegnazione, nonostante difficoltà e rischi innumerevoli.
I cattolici sanno bene infatti che questo fenomeno mondiale può essere orientato, e cercano di farlo nel senso della fraternità e della condivisione. Contribuendo a rinnovare il modello di sviluppo per includervi tutti i popoli, come ha sottolineato con realismo l'enciclica Caritas in veritate in coerenza con l'insegnamento e la testimonianza soprattutto di Paolo VI e di Giovanni Paolo II. E come ha indicato chiaramente il viaggio del Papa in Camerun e Angola, dove con un forte gesto ha simbolicamente aperto i lavori sinodali.
Dalla sede del successore di Pietro, che "presiede alla comunione universale", viene così per tutto il continente africano un messaggio che nasce da tutta la Chiesa e dalla stessa Africa, raccogliendone esperienze, attese e progetti. Anche se la parola principale che il sinodo rivolge ai popoli del grande continente, dimenticato o sfruttato dalla comunità internazionale, è quella "che il Signore della storia - ha detto Benedetto XVI nell'omelia conclusiva - non si stanca di rinnovare per l'umanità oppressa e sopraffatta di ogni epoca e di ogni terra": annuncio di speranza e di gioia perché il disegno e le promesse di Dio non mutano.
I lavori sinodali hanno corso il rischio, come il Papa ha lucidamente sottolineato, di due opposti pericoli: da una parte, una politicizzazione che rischiava di trasformare i vescovi in politici, anche se questa dimensione, quella politica, "è molto reale"; dall'altra, una spiritualizzazione astratta e disincarnata. Questo duplice rischio è stato però evitato. Nella consapevolezza che la riconciliazione, la giustizia e la pace non sono possibili senza quella "novità che deve risultare proprio dall'incontro con Dio" e senza la purificazione del cuore; nello stesso tempo - ha ripetuto ancora una volta Benedetto XVI - è indispensabile l'attenzione concreta alla realtà, ma nella prospettiva di Dio. Che vuole rinnovarla per guarire e illuminare l'umanità cieca e malata, bisognosa di salvezza anche se in molti casi lo avverte solo oscuramente.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 26-27 ottobre 2009)

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