martedì 10 novembre 2009
Benedetto XVI celebra Paolo VI, Papa educatore (Mazza)
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Benedetto XVI celebra Paolo VI Papa educatore
DAL NOSTRO INVIATO A BRESCIA
SALVATORE MAZZA
Un giorno a Brescia nel ricordo del «grande Papa Paolo VI». Dell’uomo, del sacerdote, del vescovo, del Pontefice. Del suo amore «appassionato» per la Chiesa, «organismo spirituale concreto», del rapporto che essa deve avere col mondo, prolungando «nello spazio e nel tempo l’oblazione del Figlio di Dio», e che per questo invitava «a camminare “povera cioè libera, forte e amorosa verso Cristo”». Delle sue preoccupazioni, prima fra tutte quella della formazione delle giovani generazioni, alle quali, ancora oggi, occorre trasmettere «qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza». Benedetto XVI, visitando domenica la terra natale di papa Montini – invitato in occasione del trentennale della scomparsa – non poteva forse scegliere una cifra più alta per celebrare la grandezza, e l’attualità, del suo predecessore. Un pellegrinaggio che la pioggia, caduta quasi ininterrottamente per tutto il giorno, non è riuscita a sottrarre all’abbraccio della gente, sempre presente dalla prima tappa di Botticino Sera, per la sosta davanti all’urna di sant’Arcangelo Tadini, a Brescia città e fino a Concesio, paese natale di Montini, dove visiterà prima del rientro a Roma la casa di Giovanni Battista Montini e la nuova sede dell’Istituto Paolo VI. Un abbraccio iniziato all’esterno dell’aeroporto militare di Ghedi, dove papa Ratzinger era giunto proveniente da Ciampino. Con lui sull’aereo, tra gli altri, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che seguirà tutta la giornata bresciana dall’inizio alla fine. Accompagnato dal vescovo di Brescia, Luciano Monari, il Papa s’è mosso subito verso Botticino Sera, dove in un breve saluto improvvisato, dopo l’omaggio a Tadini, ai fedeli raccolti all’esterno della parrocchia in cui il santo lavorò per 26 anni, ha rivolto l’invito «ad amare Dio e a lavorare per un mondo fraterno nel quale ognuno vive non per sé ma per gli altri».
Da qui a Brescia, con una sosta in preghiera silenziosa davanti alla stele che, in piazza della Loggia, ricorda le otto vittime dell’attentato del 28 maggio 1974, prima di raggiungere la piazza antistante la cattedrale, oggi intitolata a Paolo VI, per celebrare la Messa. È stata, l’omelia della celebrazione, il primo dei discorsi «montiniani » della giornata. Tutto giocato, come i tre successivi, su ampie citazioni di Paolo VI, a mettere in risalto, oltre alla statura storica ed ecclesiale del Pontefice scomparso il 6 agosto del 1978, la straordinaria attualità del suo magistero. Così, prendendo spunto dall’icona evangelica dell’«obolo della vedova», Benedetto XVI ha voluto meditare sul mistero della Chiesa, che «è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento. È il Corpo di Cristo che si dona interamente, Corpo spezzato e condiviso, in costante adesione alla volontà del suo Capo».
Una Chiesa, ha aggiunto il Papa, che durante la celebrazione ha avuto a fianco, tra gli altri, i cardinali Dionigi Tettamanzi e Giovanni Battista Re, «che il servo di Dio Paolo VI ha amato di amore appassionato e ha cercato con tutte le sue forze di far comprendere e amare». E, quasi in risposta a Monari che, nel salutarlo dal palco, gli aveva chiesto «ci faccia sentire l’ardore con cui dobbiamo vivere l’esaltante vocazione cristiana», Benedetto XVI ha ricordato come Montini «guardava a questa Chiesa come la sposa di tutta la vita, e a lei lasciava in punto di morte l’invito ad avere il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità e a camminare 'povera cioè libera, forte e amorosa verso Cristo”». Povera e libera, ha sottolineato il Pontefice, come «dev’essere la comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all’umanità contemporanea».
Un compito, il dialogo, per il quale Paolo VI contava soprattutto sui giovani, alla cui formazione, come in particolare sottolineato a Concesio, dedicò un’attenzione speciale. Attenzione, ha detto Benedetto XVI richiamando la sfida dell’emergenza educativa, tanto più necessaria oggi, quando «si vanno diffondendo un’atmosfera, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita». Eppure, ha aggiunto, «si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori. Occorre allora trasmettere alle future generazioni qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza».
© Copyright Avvenire, 10 novembre 2009
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