giovedì 7 maggio 2009

La tappa del Pontefice in Giordania una mano tesa all'Islam moderato (Rebulla)


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La tappa del Pontefice in Giordania una mano tesa all'Islam moderato

Il soggiorno ad Amman si carica di significati importanti per il dialogo interreligioso

Bianca Rebulla

AMMAN

È ormai tutto pronto in Giordania per accogliere Papa Benedetto XVI che dall'8 all'11 maggio vi compirà una visita come «pellegrino di pace», e anche per accogliere l'ondata di fedeli che accorreranno da tutta la regione, e che nelle speranze delle autorità locali contribuiranno a rilanciare il turismo nel regno, in particolare quello religioso. Dal 12 al 15 il Papa invece visiterà Israele e i Territori dell'autorità palestinese.
Sono attesi almeno 60 mila pellegrini, dalle varie regioni della Giordania, del Libano, della Siria e dell'Irak: «Abbiamo spedito tutti gli inviti e tutto e pronto.
Anche l'auto speciale che il Papa userà per un giro nello stadio dove celebrerà la messa è arrivata già da due giorni ad Amman», dice soddisfatto padre Rifat, portavoce del comitato di preparazione della visita.
«Una folla di migliaia di persone darà il benvenuto al Santo Padre, mostrando il livello di stabilità di cui gode il regno hashemita», dice ancora, e sottolineando che per coprire l'evento si sono accreditati 1.700 giornalisti, di cui 600 dall'estero, mentre la Tv nazionale trasmetterà in diretta le immagini di ogni tappa.
In molti sottolineano inoltre con orgoglio che la Giordania sarà il primo Paese arabo che Benedetto XVI visiterà dall' inizio del suo pontificato, e che, in tempi moderni, ha già accolto altri due Papi: Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000.
«Il nostro primo interesse è fare in modo che la visita sia una esperienza positiva per tutti. Faciliteremo al massimo le procedure di ingresso nel Paese, in particolare alle frontiere con la Siria, da dove attendiamo migliaia di pellegrini», dice dal canto suo il ministro del turismo, signora Maha Khatib.
Il turismo rappresenta il 14% del prodotto nazionale lordo della Giordania, che è priva di risorse naturali e che nel 2008 ha accolto oltre tre milioni di stranieri.
Quest'anno però, anche a causa della crisi economica internazionale, le aspettative sono più magre e il ministero del turismo conta molto sull'effetto immagine della visita, al quale ha anche dedicato uno specifico nuovo sito web (www.visitjordan.com/pope), in sei lingue.
Vi viene dettagliato il programma della visita, con filmati e foto dei «luoghi biblici» che Benedetto XVI visiterà: un centro per bambini disabili, il Regina Pacis, il Monte Nebo con l'antica basilica del memoriale di Mosè, il Museo hashemita e la moschea Al-Hussein Bin-Talal. E ancora la cattedrale greco-melkita di S.Giorgio ad Amman e soprattutto Wadi Kharrar, la "Betania oltre il Giordano" dove secondo il Vangelo di Giovanni venne battezzato Gesù e dove già garriscono al vento decine di bandiere gialle e bianche del Vaticano, accanto alle bandiere giordane, così come ad Amman e in molti altri luoghi del Paese.
Tutti gli osservatori sottolineano che il grande peso che la tappa giordana avrà nella economia del viaggio finora più difficile e impegnativo del pontificato. Se papa Wojtyla, su sette giorni in Medio oriente, trascorse 24 ore ad Amman, papa Ratzinger vi si tratterrà tre giorni su otto, vi terrà il primo grande incontro con esponenti musulmani di questa missione e sarà a stretto contatto con il principe Ghazi bin Talal, cugino e consigliere del re per gli affari religiosi, ma soprattutto promotore di «A common word'', la lettera dei 138 ulema ai capi cristiani, che nell'autunno 2007 ha aperto una nuova fase nel dialogo tra cristiani e musulmani, dopo la crisi di Ratisbona.
La Santa Sede guarda al sovrano hascemita, che è custode della spianata delle moschee a Gerusalemme, soprattutto per il ruolo che egli svolge nella complessa situazione religiosa e geopolitica e del Medio oriente, ruolo del quale sembra voler tenere conto anche la nuova amministrazione americana, come è sembrato di capire dal recente incontro tra Abdallah II e il presidente Obama e il segretario di Stato Hillary Clinton.
Più che altre iniziative di dialogo con i cristiani – come quella della Malaysia «Islam Hadari» o quella dell'Arabia Saudita che ha portato a un incontro all'Onu lo scorso novembre - quella dei 138 sembra poter avere più successo anche all'interno dell'islam, sia per la discendenza diretta da Maometto dei sovrani hascemiti che per il rispetto che questi nutrono per il pluralismo anche islamico. E la Santa Sede non può che guardare con maggior simpatia ad essa, più di quanto non faccia con altri «tavoli» che pure ha aperto con il mondo musulmano. I punti del dialogo con i musulmani per il papa sono gli stessi tracciati dal Concilio: non c'è futuro di pace senza dialogo tra cristiani e musulmani, che devono imparare a lavorare insieme per evitare ogni forma di intolleranza.

© Copyright Gazzetta del sud, 7 maggio 2009 consultabile online anche qui.

Senza quella che alcuni si ostinano a chiamare la "crisi di Ratisbona" non ci sarebbe stata alcuna lettera, alcun forum ed alcuna fase nuova nei rapporti fra islam e Chiesa Cattolica.
R.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Leggi come sono carini e educati i coloni israeliani, Raffa.
http://www.missionline.org
Alessia