mercoledì 21 gennaio 2009

Una nuova proposta culturale per il Messico: il card. Bertone chiede ai Cattolici una presenza più incisiva nella società (Osservatore Romano)


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Il cardinale Bertone chiede ai cattolici una presenza più incisiva nella società

Una nuova proposta culturale per il Messico

Una nuova sintesi tra fede e cultura per rendere più incisiva la presenza dei cattolici nella società messicana. Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, risveglia così il mondo della cultura che ha incontrato, lunedì 19 gennaio, a Querétaro, nel teatro dove il 5 febbraio 1917 venne promulgata la costituzione del paese.
L'incontro ha offerto l'occasione "per riflettere sulla presenza della Chiesa e dei cattolici nella vita pubblica del paese e sul loro ruolo nella configurazione della cultura messicana", incoraggiando "tutti coloro che cercano risolutamente di gettare ponti fra la fede e la ragione", promuovendo "il dialogo franco e cordiale fra la fede e la scienza" e stabilendo "relazioni fluide e feconde fra la fede e la cultura". Parlare della presenza della Chiesa nella vita pubblica, ha sostenuto il cardinale, "significa anche parlare della cultura, che è come la vita di un popolo", per "sviluppare tutte le potenzialità che racchiude".
Nel XX secolo la cultura cattolica in Messico è rimasta ai margini. Eppure, ha affermato il cardinale, per la Chiesa essa rappresenta "una realtà vitale, urgente, necessaria". Cultura, infatti, "è ciò che permette all'uomo di essere più uomo". Ne consegue "che la cultura non è fine a se stessa, per quanto nobile ed elevata, ma un mezzo per giungere a quell'umanesimo integrale proposto da Paolo VI: il bene di ogni uomo e di tutti gli uomini". È per questo che "qualsiasi espressione culturale che non contribuisce alla piena umanità della persona non è autenticamente cultura". Ciò che costituisce un'aggressione ai diritti della persona - dai sacrifici umani al maltrattamento della donna, all'aborto - non può essere considerata espressione di vera cultura.
Negli insegnamenti conciliari la cultura si situa nell'"ordine dell'essere e non dell'avere". Ha spiegato il cardinale: "L'uomo, e in modo analogo i popoli e le nazioni, valgono più per l'insieme dei loro valori morali e spirituali che per gli indici di crescita economica e industriale, che spesso dipendono direttamente dai primi". È evidente, allora, che "se la cultura si relaziona all'uomo, necessariamente deve essere legata alla verità". Evidenza messa, però, in discussione dall'affermazione dell'azione sull'essere, praticata "dalle ideologie della prassi che hanno dominato il mondo nel secolo scorso e la cui influenza è ancora percepibile sia nei regimi totalitari d'ispirazione marxista sia in alcune concezione moderne del mercato". Ma "al primato dell'azione e della prassi il cristiano contrappone il primo versetto del prologo del quarto Vangelo: in principio esisteva il Logos".
Ecco, allora, due modelli alternativi di concepire il mondo. "Da una parte - ha spiegato - l'ideologia della prassi, dell'efficacia e dell'azione, dall'altra quella che, ispirandosi al versetto di san Giovanni, possiamo definire come cultura della parola, secondo la bella espressione di Benedetto XVI nel suo discorso ai rappresentanti della cultura a Parigi. È una definizione che contiene un programma intellettuale ed esistenziale per quanti operano in questo campo. La cultura della prassi appare in tutto lo splendore seduttore dell'efficienza, dell'energia, dell'azione. La cultura della parola richiede l'atteggiamento dell'accoglienza, la disposizione interiore all'ascolto". Infatti la cultura della parola si nutre della Scrittura che si materializza "in tutte le sue ricche e diverse espressioni, dando così luogo alle meravigliose manifestazioni della cultura: la riflessione filosofica e teologica, la pittura e le arti decorative, l'architettura, la musica e la poesia. Cosa sono le nostre cattedrali, le belle chiese del barocco messicano, la musica sacra o la pittura se non timidi balbettii con cui l'uomo ha cercato di plasmare la bellezza e la profondità della grande Parola che viene da Dio?".
La Parola porta comunicazione, dialogo. Comunione. Così "alla duplice tentazione dell'esaltazione individualistica e della massificazione gregaria, il cristiano contrappone il modello della comunione, dove nella reciproca donazione la persona non si annulla, bensì si arricchisce. Essendo cultura della parola è, allo stesso tempo, cultura del Logos, della ragione e, pertanto, in rapporto essenziale con la verità".
L'uomo, così, si trova davanti l'alternativa tra la ragione della fede e l'irrazionalità, l'assurdo di un mondo prodotto dalla casualità e senza senso. "Parola, comunione, verità, amore: concetti fondamentali per una cultura cristiana, per una paideia, che è l'ideale in cui i greci codificavano il pieno sviluppo dell'uomo e che Roma tradusse come humanitas" ha detto. Proprio questa paideia cristiana ha dato vita in Messico a una nuova sintesi culturale, che ne ha segnato l'identità tanto da essere definita meticcia. "Sia questo termine sia il vocabolo barocco - ha precisato il cardinale - sono due parole che non godono di buona fama ai nostri giorni, sono viste con un certo disprezzo. Ma noi possiamo reclamarle con orgoglio come un titolo di onore, precisamente come il contributo specifico alla cultura universale che il Messico condivide con i popoli latinoamericani".
"L'ethos barocco - ha spiegato - è fondamentalmente un'esperienza di meticciato e, sebbene ciò costituisca un dato incontestabile, non tutti accettano che diventi il tratto essenziale dell'identità nazionale, per cui viene rifiutato da diverse prospettive ideologiche. Una certa lettura della storia, cercando di preservare a ogni costo l'identità indigena, denuncia il meticciato come una forma di contaminazione da parte dei popoli europei. Inversamente, la lettura europeista, volendo salvare il carattere europeo della cultura iberoamericana, vede nel contatto con le culture amerinde e afroamericane un mero episodio accidentale, senza effetti sulla cultura europea, a parte un vago tocco esotico". Entrambe le interpretazioni si vedono, però, costrette a prospettare la tesi del "non incontro" fra europei e amerindi o afroamericani, per salvare la propria identità.
Per il cardinale Bertone "l'elemento meticcio è la novità dell'incontro, il prodotto della trasformazione delle culture, che non sono più né pienamente europee né puramente indigene. Per questo la categoria di meticciato in Messico, come nel resto dell'America latina, dovrebbe essere originaria e costitutiva, al punto che quando viene dimenticata o esplicitamente rifiutata, con essa si abbandona anche il fondamento dell'identità, dovendo ogni generazione porsi di nuovo lo stesso problema. Forse risiede qui, in questa negazione del meticciato, dalla prospettiva sia europeista sia indigena, la causa di quella tendenza a vivere guardando al passato e discutendo, in permanente conflitto, sulla propria identità".
Il porporato ha quindi indicato nel "volto meticcio" della Vergine di Guadalupe "il codice simbolico della cultura messicana, come espressione della sua identità. È un simbolo che potrebbe essere accettato pure da coloro che non credono e che tuttavia vedono plasmato in quell'immagine un prontuario di valori su cui fondare una comunità di destino". L'immagine di Guadalupe "rappresenta un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata" dando a europei e indigeni "la possibilità di autocomprendersi e di comprendere ciò che stava accadendo".
Davanti a "questa grande ricchezza culturale dell'America" il cardinale ha parlato di sorpresa e di paradosso riguardo al "grande divorzio" fra la cultura popolare, sintesi barocca e meticcia, e la cultura delle élite e delle minoranze dirigenti. Una scissione "che ha condotto in seguito a una specie di irrilevanza culturale dei cattolici e della Chiesa nel mondo della cultura". In primo luogo, ha rilevato, va ricordata la persecuzione della Chiesa in Messico: "La Chiesa fu deliberatamente espulsa dagli ambiti pubblici creatori di alta cultura, specialmente dall'università e dal forum politico. Liberali e rivoluzionari applicarono con successo la strategia dell'isolamento, specialmente nel campo dell'educazione. Questo processo, come sappiamo, fu particolarmente violento nel XX secolo, nel quale si scatenò una cruenta repressione contro la Chiesa".
Sarebbe però sbagliato, ha riconosciuto il cardinale Bertone, "attribuire tutta la colpa a elementi esterni e all'esistenza di trame di potere, certamente attive e potenti, che mirano a eliminare la presenza della Chiesa nella vita pubblica. È necessario osservare anche che gli sforzi cattolici nella produzione di cultura hanno avuto, in generale, un successo limitato. È mancata a volte la creatività necessaria a dar vita a nuove proposte culturali. Mentre l'Europa e l'America conobbero alla fine del xix secolo e all'inizio del XX un'esplosione di creatività in tutti gli ambiti, con importanti riflessi sulla vita culturale messicana, i cattolici non sempre seppero integrarsi adeguatamente nelle avanguardie, occupati come erano nella difesa della propria identità. A ciò si aggiunge il fatto che in Messico, come nei paesi sotto l'influenza napoleonica, la teologia scomparve dalla vita universitaria. Parallelamente, in alcuni momenti si verificò un processo di deterioramento nella formazione culturale dei sacerdoti".
La Chiesa messicana è da tempo al lavoro per evangelizzare la cultura, consapevole che "un popolo privato della sua identità si vede costantemente minacciato da nuove forme di colonialismo culturale"; e che "non vi possono essere pace né progresso autentici se si ignora o si distrugge la cultura di un popolo. Nel corso degli ultimi decenni, lo stato e il mercato hanno gradualmente occupato con efficacia l'ambito delle istituzioni e della vita pubblica. Ma né l'uno né l'altro è stato capace di offrire all'uomo il significato profondo dell'esistenza, che non si chiarisce attraverso l'adesione a un'opzione politica o una professione o il successo economico".
L'urgenza di evangelizzare la cultura non riguarda solo il Messico. "Come il primo annuncio del Vangelo fu un incontro fra culture - ha detto il segretario di Stato - così oggi è necessario un nuovo annuncio che abbia fra le sue priorità la cultura. Ne sono fermamente convinto: finché non illumineremo con il Vangelo l'anima della cultura, non potremo aspettarci la trasformazione tanto anelata dai nostri popoli". L'evangelizzazione della cultura non è "un accessorio di lusso, un'attenzione isolata a certe élite d'intellettuali, che perpetuerebbe la sua sconnessione dal resto della società".
Il cardinale, infine, ha invitato i cattolici a ripartire dalla religiosità popolare "che l'ondata di secolarismo ancora non è riuscita a smorzare", chiarendo che non si tratta di un progetto "ingenuo, poco realistico". Le difficoltà da superare sono tante. Richiedono tempo, pazienza. Ma, ha concluso, "non otterremo nulla lasciandoci vincere dall'inerzia o dalla routine. Non possiamo incrociare le braccia pensando che qualsiasi sforzo nel campo culturale sia una fatica inutile o un'impresa impossibile". E ha suggerito una linea-guida: "Contemplare Cristo, entrare in intimità con Lui, fare della santità il programma di rinnovamento della Chiesa e quindi anche della pastorale della cultura".

(©L'Osservatore Romano - 21 gennaio 2009)

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