giovedì 14 maggio 2009
Il Papa in Terra Santa parla a tutti e a nome di tutti. Qualche "exploit" del rabbino Lau (Zenit)
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Il Papa in Terra Santa parla a tutti e a nome di tutti
di padre Thomas D. Williams, LC
GERUSALEMME, giovedì, 14 maggio 2009 (ZENIT.org).
Benedetto XVI ha lasciato Gerusalemme per recarsi a Betlemme questo mercoledì mattina, tra le continue cavillosità dei commentatori locali.
Non ho potuto fare a meno di levare il mio cuore a Dio, grato per questo gentile Papa tedesco. Ho capito quanto sia unica la sua missione in questa terra lacerata che vede continui battibecchi su tutto, dalla terra alle minuzie dottrinali.
Il fatto è che il Santo Padre non è venuto in Terra Santa per avere un ruolo politico, nemmeno per il suo “partito” personale. Non è venuto semplicemente come rappresentante della Chiesa cattolica, ma a nome di ogni persona coinvolta, a nome dell'umanità stessa.
Benedetto XVI parla a nome degli ebrei, lodando la loro eredità religiosa e difendendo il loro diritto alla sicurezza e all'autogoverno. Parla a nome dei palestinesi e del loro diritto alla sovranità e alla libertà. Parla a nome dei musulmani richiamandoli al meglio della loro tradizione, con le profonde convinzioni religiose e il culto sentito nei confronti dell'unico Dio. Parla per i cristiani, nel loro difficile status di minoranza esigua e sofferente. In poche parole, parla a tutti e a nome di tutti.
E' questo l'aspetto singolare della voce e del messaggio del Papa. Paradossalmente, tra tutte le manipolazioni del messaggio di Benedetto XVI e tra tutte le lamentele per il fatto di non sostenere sufficientemente alcun gruppo, vediamo la grandezza e l'unicità della sua presenza qui. Nessun altro leader del mondo può parlare con la stessa autorità morale o con la sua autentica imparzialità. Il suo rifiuto di giocare un ruolo politico è la ragione per la quale il suo messaggio è spesso respinto, e anche il motivo per cui questo è così disperatamente importante.
Tra coloro che hanno sollevato il maggior clamore per la presunta assenza di rimorso da parte di Benedetto XVI nei confronti della Shoah c'è il rabbino Ysrael Meir Lau, presidente del Memoriale dello Yad Vashem, che ha criticato il discorso del Papa perché “privo di ogni compassione, di ogni rimorso, di ogni dolore per la terribile tragedia dei sei milioni di vittime”.
Se vi capita di guardare le trasmissioni, Lau è la persona che stava alla destra del Papa con un atteggiamento tale da far pensare che avesse appena mangiato qualcosa che il suo stomaco trovava particolarmente indigesto.
Il rabbino Lau non è nuovo alle critiche contro il papato. E' stato anche un instancabile denigratore di Papa Pio XII, anche quando questo significava distorcere la verità. Durante le commemorazioni del 1998 a Berlino per il 60° anniversario della Notte dei Cristalli – il 9 novembre 1938, evento che ha aperto l'era delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania –, Lau, allora rabbino capo di Israele, è stato invitato a parlare.
Durante il suo discorso appassionato, ha formulato la domanda incriminante: “Pio XII, dov'eri? Perché sei rimasto in silenzio riguardo alla Notte dei Cristalli?”. Il giorno successivo, due giornali italiani riportavano quella domanda come titolo, con questo catenaccio: “Il vergognoso silenzio di Pio XII”. L'unico problema è che Pio XII non è stato eletto fino al marzo 1939, quattro mesi dopo la Notte dei Cristalli, ma non ho ancora visto il rabbino Lau affrettarsi ad esprimere rimorso per la sua diffamazione di Papa Pio XII.
Mentre mi recavo in Israele, ho avuto l'occasione di rileggere l'autobiografia di Benedetto XVI, "Memorie 1927-1977". Sono rimasto ancora una volta colpito da come la sua infanzia sia stata brutalmente interrotta dall'ascesa al potere di Hitler, e da come tanti tedeschi di buona volontà siano stati ingiustamente accusati di nazismo.
Se bisogna credere alle critiche contro il Papa, chiunque sia vissuto in Germania negli anni Trenta e Quaranta è necessariamente colpevole di connivenza.
Fortunatamente, alcune autorevoli voci ebraiche stanno iniziando ad essere ascoltate a Gerusalemme quando chiedono ai critici di lasciare in pace il Papa. Ad esempio, Noah Frug, leader del Consorzio delle Organizzazioni dei Sopravvissuti all'Olocausto in Israele, ha affermato che le critiche contro il Papa sono esagerate. “E' venuto qui per avvicinare la Chiesa e l'ebraismo, e dovremmo considerare la sua visita positiva e importante”, ha dichiarato.
Questo mercoledì l'attenzione si è spostata su Betlemme, la Città di Davide e il luogo di nascita di Gesù, ma anche parte dei Territori palestinesi.
Arrivando a Betlemme, Benedetto XVI ha espresso subito la propria sentita solidarietà con i palestinesi sofferenti, e ha ribadito la posizione della Santa Sede circa il loro diritto alla sovranità. “Signor Presidente, la Santa Sede appoggia il diritto del Suo popolo ad una sovrana patria Palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti”, ha detto.
In teoria questo non dovrebbe provocare alcun disaccordo, visto che la posizione ufficiale dello Stato di Israele coincide con quella della Santa Sede. Anche Israele sostiene il diritto dei palestinesi a una patria sovrana, se questa soluzione potesse essere realizzata senza detrimento per la sicurezza israeliana. Ovviamente il punto è proprio questo.
Qui in Terra Santa ho parlato con molte persone di vari background, e l'unica cosa che sembrano avere in comune è la sofferenza. Ognuno mi voleva parlare delle difficoltà e delle ingiustizie che subisce, a livello personale o storico. Ognuno aveva una storia di dolore da raccontare. Nessuno sembra ricordare di aver mai commesso ingiustizie, ma tutti ricordano di averle subite. E non posso fare a meno di chiedermi, in una terra di tanto dolore, una terra la cui gente si fregia del fatto di “ricordare”, se a volte il perdono non sia una virtù ancor più necessaria.
A Betlemme Benedetto XVI ha chiesto ai cristiani di essere “un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione”. E' ciò che egli stesso cerca di essere – con la sua presenza, le sue parole e la sua determinazione paziente a predicare costantemente la Buona Novella “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tim 4:2).
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*Padre Thomas D. Williams, Legionario di Cristo, è un teologo statunitense che vive a Roma. Attualmente sta seguedo per la CBS News la storica visita di Benedetto XVI in Terra Santa. Per l'occasione ha deciso di scivere una cronaca del viaggio anche per ZENIT.
[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]
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Credo che sia ora che la Chiesa Cattolica suoni la sveglia a se stessa: le critiche vanno bene, gli insulti e le falsita' storiche no!
R.
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1 commento:
E' vero. "....Nessuno sembra ricordare di aver mai commesso ingiustizie, ma tutti ricordano di averle subite. E non posso fare a meno di chiedermi, in una terra di tanto dolore, una terra la cui gente si fregia del fatto di “ricordare”, se a volte il perdono non sia una virtù ancor più necessaria." La retorica della "memoria" serve solo a perpetrare l'odio, ad impedire la riconciliazione, a mettere i figli e i nipoti contro altri figli e nipoti, in nome di colpe e di meriti che non hanno. Serve solo a consolidare rendite di posizione assurde e ad occultare le proprie colpe, dietro la cortina dell'irripetibilità delle colpe altrui. Quando finira?
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