martedì 9 giugno 2009

Anno Sacerdotale: Le due fedeltà. Dal 19 giugno sulla traccia di san Giovanni Maria Vianney (Doldi)


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ANNO SACERDOTALE - Le due fedeltà

Dal 19 giugno sulla traccia di san Giovanni Maria Vianney

Marco Doldi

“Una circostanza da non perdere per rinvigorire lo smalto del dono ricevuto con l'imposizione delle mani, e così rinvigorire quella apostolica vivendi forma che è traguardo persuasivo di ogni dinamismo apostolico”.
Così il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha spiegato ai suoi preti, riuniti al Santuario della Guardia, il significato del prossimo Anno Sacerdotale.
Indetto da Benedetto XVI in occasione del 150° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney, avrà come tema: “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”.
Secondo quanto ha spiegato il card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, sarà “un anno positivo e propositivo in cui la Chiesa vuole dire, soprattutto ai sacerdoti, ma anche a tutti i cristiani e alla società mondiale mediante i mezzi di comunicazione globale, che è orgogliosa dei suoi sacerdoti, che li ama e li venera, che li ammira e riconosce con gratitudine il loro lavoro pastorale e la loro testimonianza di vita”. Se, purtroppo, alcuni sono stati coinvolti in gravi problemi e situazioni delittuose “la stragrande maggioranza dei sacerdoti è costituita da persone molto degne, dedite al ministero, uomini di preghiera e di carità pastorale”. Persone, che consumano tutta la loro esistenza per mettere in pratica la propria vocazione e missione, spesso con grandi sacrifici personali, ma sempre con un amore autentico per Gesù Cristo, la Chiesa e il popolo, solidali con i poveri e con chi soffre.
L'Anno Sacerdotale inizierà il 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, con la celebrazione, presieduta da Benedetto XVI, dei Vespri di fronte alle reliquie di San Giovanni Maria Vianney, portate a Roma dal vescovo di Belley-Ars.
La chiusura si celebrerà esattamente un anno dopo con un “incontro mondiale sacerdotale” in piazza San Pietro.
Nelle preoccupazioni del Papa c’è quella della giusta comprensione del sacerdozio ministeriale, come ha ricordato alla plenaria della Congregazione del clero nel marzo scorso.
Il presbitero è configurato sacramentalmente a Cristo Capo: da questa verità scaturisce un’adesione cordiale e totale del ministro a quella che la tradizione ecclesiale ha individuato come la “apostolica vivendi forma”. Questa “consiste nella partecipazione ad una vita nuova spiritualmente intesa, a quel nuovo stile di vita”, che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.
Per l’imposizione delle mani del vescovo e la preghiera consacratoria della Chiesa, i candidati divengono uomini nuovi, divengono “presbiteri”, partecipi della grandezza di Cristo Profeta, Sacerdote e Re.
Il dono ricevuto genera nel sacerdote una tensione di somigliare sempre più a Cristo, di cui porta indelebilmente l’immagine. Per questo l’Anno Sacerdotale vedrà in ogni diocesi iniziative, innanzitutto, spirituali e pastorali. Durante l'Anno giubilare è prevista la pubblicazione di un “Direttorio per i confessori e direttori spirituali” e di una raccolta di testi del Sommo Pontefice sui temi essenziali della vita e della missione sacerdotale nell’epoca attuale.
Di pari passo, la Chiesa si sente impegnata nella formazione dei futuri presbiteri. La consapevolezza dei radicali cambiamenti sociali degli ultimi decenni deve muovere le migliori energie ecclesiali a curare la formazione dei candidati al ministero. In particolare, “deve stimolare la costante sollecitudine dei Pastori verso i loro primi collaboratori, sia coltivando relazioni umane veramente paterne, sia preoccupandosi della loro formazione permanente, soprattutto sotto il profilo dottrinale”. La missione sacerdotale ha le sue radici in special modo in una buona formazione, sviluppata in comunione con l’ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuità.
In tal senso, è importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa. Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti “ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa”.

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