mercoledì 10 giugno 2009

La coscienza secondo Ratzinger (Benedetto Ippolito)


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La coscienza secondo Ratzinger

di Benedetto Ippolito

È gravoso per un filosofo riassumere in poche pagine il suo pensiero. Benedetto Croce ammise esplicitamente la difficoltà all'inizio di una sua raccolta di scritti del 1945 intitolata La mia filosofia.
Talvolta i compendi, però, riescono bene.
E questo è sicuramente il caso dello splendido volume di Joseph Ratzinger, da un mese in libreria, intitolato "L'elogio della coscienza".
È un'operetta, tanto breve quanto preziosa, che regala al grande pubblico dei non specialisti un'agevole antologia d'antichi interventi d'occasione, nei quali il Papa si è cimentato da cardinale come semplice studioso. I singoli apporti sono suddivisi in tre pratiche sezioni, in corrispondenza di tre grandi ambiti tematici toccati dal libro: il relativismo, la verità, l'evangelizzazione.
All'interno della selezione è particolarmente rilevante una conferenza tenuta dall'autore a Bratislava nel marzo del 1992, davanti ai vescovi slovacchi, e dedicata al significato dei valori religiosi e morali in una società pluralista. In essa è condensata la vera massa critica delle idee politiche di Ratzinger, le stesse proposte anche nella successiva e notissima disputa filosofica con Jürgen Habermas.
Il punto di partenza è la nozione di democrazia, definita come la più perfetta sintesi sociale di libertà ed eguaglianza. Seguendo Kelsen e Bobbio, la sovranità popolare è per Ratzinger equivalente ad una partecipazione collettiva alla creazione delle leggi. Questo formidabile privilegio offerto ai cittadini delle moderne società democratiche deve però accompagnarsi alla consapevolezza della fragilità del sistema. Il prender parte d'ogni uomo e d'ogni donna alla vita politica implica la possibile messa in discussione di tutto, quindi anche della stessa democrazia, da parte dei cittadini. Il paradosso è che la libertà, se priva di contenuti, può scivolare in un distruttivo relativismo, indebolendo il funzionamento stesso delle istituzioni pubbliche.
Da questa specifica fragilità deriva anche il rischio sempre incombente di un'incompatibilità tra democrazia e libertà, con il connesso presentarsi di pericolose fughe autoritarie. Per Ratzinger, la democrazia non ammette mai soluzioni di questo tipo, perché incompatibili con i suoi principi fondamentali.
La linea corretta da seguire passa, invece, attraverso il mantenimento saldo del presupposto liberale di partenza, riempito nondimeno di un forte contenuto etico. Un intento non relativistico, d'altra parte, si palesa costantemente nella società, ed è riscontrabile nel bisogno che le comunità hanno immancabilmente di vedere riconosciuti pubblicamente alcuni valori umani sostanziali, tutelandone e garantendone la legalità.
La proposta precisa di Ratzinger è, perciò, la consistente organizzazione di uno Stato autenticamente democratico che rinunci ad essere portatore esclusivo di una verità assoluta e promotore solitario di vuote libertà senza contenuti. Le istituzioni democratiche devono, in altre parole, accogliere da "fuori" il bene di cui vivono, aderendo ad uno spazio di verità morali che sia indipendente dalle libertà dei cittadini, benché accettabile senza impedimenti. Si tratta di trovare un piano di razionalità pubblica comune, ottenuto per mezzo dell'apporto storico e culturale proveniente dalla tradizione cristiana, in grado di guidare le coscienze verso una piena attuazione della vita democratica, nella quale cioè la libertà sia causa, insieme all'intelligenza, di un vero e proprio riconoscimento unanime del bene sociale effettivo.
La persuasione di Ratzinger è, in definitiva, che i diritti umani siano l'unica risorsa razionalmente sufficiente ad assicurare sia le libertà di tutti i membri della società e sia la robustezza di alcuni valori morali indipendenti, essendo aspetti entrambi irrinunciabili per la permanenza in vita di una democrazia funzionale. D'altronde, un nucleo di verità morale, espressa in pochi diritti umani fondamentali, può essere afferrata dalla ragione umana e resa compatibile con la libertà di ciascuno.
La speranza conclusiva di questo profondo ragionamento filosofico consiste nel favorire l'emergere di un rinnovato interesse politico per la verità morale, alla stregua non solo dell'insegnamento classico di Platone, ma anche di quello moderno di Bayle e di Maritain. È, infatti, unicamente con il diffondersi della passione pubblica per i valori autentici che può nascere nella coscienza libera dei cittadini il desiderio di consolidare compiutamente e definitivamente la democrazia.

© Copyright Il Riformista, 4 giugno 2009

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