martedì 9 giugno 2009

Al via il restauro del porticato di San Pietro: Nell'abbraccio di 284 colonne il sogno di Bernini (Osservatore Romano)


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Al via il restauro del porticato di San Pietro

Nell'abbraccio di 284 colonne il sogno di Bernini

L'11 giugno, presso la Fiera di Milano, verrà presentato il progetto di restauro del colonnato di San Pietro. Anticipiamo il testo del direttore dei Musei Vaticani.

di Antonio Paolucci

"Modellare tutta la città con le sue mani come fosse una immensa scultura" (l'affermazione è di Giulio Carlo Argan) era il sogno di Gian Lorenzo Bernini. Per lui scultura e architettura, urbanistica e scenografia erano strumenti da usare contestualmente per ottenere la grande metamorfosi.
Dovevano servire cioè a trasformare lo spazio urbano in spazio teatrale così da farlo diventare "l'altrove" dello stupore e della meraviglia.
Una sola volta nella sua lunga carriera Gian Lorenzo Bernini ebbe l'occasione di realizzare compiutamente la sua idea di architettura totale. Fu quando - era il 17 Marzo 1657 - Alessandro vii Chigi approvò il progetto del portico di piazza San Pietro.
Il Papa aveva le idee chiare. Voleva un percorso coperto che unisse la basilica alla città, voleva uno scenario adeguato per le grandi cerimonie pubbliche quali la benedizione Urbi et Orbi e la processione del Corpus Domini. Voleva che la piazza, fino ad allora terreno vago e indefinito, diventasse la visibile cavea della Chiesa universale dove la folla dei credenti si raccoglie e si rivela a sé stessa come vero e proprio ecumene.
Voleva infine - la testimonianza è dell'oratoriano monsignor Virgilio Spada, colto uomo di Curia con competenze di architetto e responsabilità di Soprastante alle Fabbriche - che i bracci del porticato fossero "servi del Palazzo e della Basilica di San Pietro e non emulatori".
Si discusse a lungo sulla forma da dare al porticato. Lo stesso Bernini valutò opzioni diverse rispetto a quella scelta. Seduceva molto l'idea della pianta rettangolare o meglio trapezoidale sul modello dell'assetto che Michelangelo, più di un secolo prima, aveva dato alla piazza del Campidoglio.
Da ultimo, per una di quelle felici coincidenze fra la volontà del committente e il genio dell'artefice che a volte si verificano nella storia dell'architettura, scavalcando pareri di tecnici anche autorevoli e relazioni di commissioni edilizie, il Bernini e il Papa si accordarono direttamente sulla soluzione che conosciamo.
I due emicicli colonnati avrebbero avuto un ordine di percorrenza a tre corsie di cui quella centrale voltata a botte. In pianta il porticato avrebbe assunto la forma dell'"ovato tondo". Non il cerchio perfetto che rischiava di produrre effetti di eccessiva regolarità e quindi di monotonia, ma l'impianto ovoidale elaborato in pieno Cinquecento dal Peruzzi e divulgato dal Serlio.
Il fuoco prospettico dell'intero impianto aveva da essere il gigantesco obelisco che l'architetto Fontana, nel 1586, aveva collocato nel cuore della piazza. Una serie ininterrotta di statue a tutto tondo ad altezza maggiore del vero avrebbe coronato al vertice i due emicicli.
Sorprende la velocità dell'esecuzione. Nonostante le endemiche difficoltà economiche, nonostante che il Bernini, all'apice della sua internazionale fortuna, fosse oberato di impegni, addirittura a Parigi al servizio di Luigi xiv, nel 1667, dieci anni dopo l'approvazione del progetto, i due emicicli colonnati e la corsia centrale voltata erano terminati.
Nel 1673 più della metà delle sculture apicali erano state realizzate e messe in opera. Sono centoquaranta le sculture a figura intera che da più di tre secoli coronano la piazza, vigilando sull'assembramento dei fedeli, dialogando con il cielo e con le nuvole di Roma, il biondo travertino di cui sono fatte mutando colore secondo le ore e le stagioni.
Sono immagini di santi e di sante, di vergini, di confessori, di dottori della Chiesa, di fondatori di ordini. Non le governa un ordine iconografico preciso. Sono il celeste esercito combattente della Chiesa cattolica, rappresentano il cristianesimo trionfante che partecipa della gioia e della fede del popolo quando il Papa di Roma lo convoca nella piazza dedicata al principe degli apostoli.
A Gian Lorenzo Bernini interessava l'effetto generale. Interessava il colpo di teatro, di altissimo valore simbolico e di straordinario coinvolgimento emotivo che l'esercito dei santi dislocati contro il cielo e intorno alla piazza suscitava - e ancora suscita - sulle moltitudini di credenti.
Per questo motivo non si occupò più che tanto dell'esecuzione materiale delle singole sculture. Fornì alcuni disegni e affidò a Lorenzo Morelli coadiuvato da numerosi scultori - Bartolomeo Cennini, Giovan Maria de' Rossi, Filippo Carcani, Michele Maglia, Giuseppe Mazzuoli e altri - la realizzazione del progetto.
Più tardi, nel 1702, regnando Clemente xi Albani, Lorenzo Ottoni e Jean Baptiste Théodon curarono l'esecuzione delle statue dei bracci diritti, disposte in coppia in corrispondenza dei pilastri.
I portici di San Pietro sono dunque una grandiosa opera seriale fatta di multipli - colonne, plinti, trabeazioni, stemmi, statue - prodotti in cantiere e messi in opera sotto la regia infallibile di Gian Lorenzo Bernini e dei suoi assistenti. Due erano i criteri che governavano il cantiere: la rapidità esecutiva e il massimo contenimento dei costi. Il primo obiettivo è stato - come si è visto - pienamente raggiunto. Il secondo anche, sia pure con qualche conseguenza negativa se si pensa alla qualità non sempre eccellente del travertino impiegato.
Oggi che il porticato del Bernini è investito da un grande progetto di restauro totale - restauro affidato alla società Navarra e diretto dai funzionari dei Servizi Tecnici e dei Musei Vaticani - il concetto di "serialità" è diventato il principio ispiratore di un intervento destinato a continuare per i prossimi quattro anni.
I problemi conservativi che riguardano i due emicicli porticati, dal suolo alle statue di coronamento, sono gli stessi per tutta l'estensione del monumento. Su ogni porzione modulare del porticato occorrerà intervenire per gli stessi obiettivi e con gli stessi criteri: revisione delle coperture, controllo dei deflusso delle acque meteoriche, rimozione di vecchi restauri impropri, eliminazione delle solfatazioni, pulitura e consolidamento delle superfici, messa in opera di protettivi efficaci e così via...
Una volta individuato il metodo, messe a punto le procedure, testati, grazie al Gabinetto di ricerche scientifiche dei Musei, gli specifici da applicare, sarà possibile procedere con tecniche e per risultati omogenei su tutto l'intero porticato berniniano. Il cantiere pilota che abbiamo allestito in fondo all'emiciclo di sinistra, sta fornendo le linee guida che poi saranno per tutti vincolanti nel seguito della grande impresa.
La mirabile serialità berniniana si traduce oggi nella serialità scientificamente programmata di un restauro che ha l'obbligo di risultare, agli occhi del mondo, impeccabile ed esemplare.

(©L'Osservatore Romano - 10 giugno 2009)

3 commenti:

SERAPHICUS ha detto...

Con la pubblicità del Eni (non ho dubbi che altri seguiranno) in bella vista... Certo, le sponsorizzazioni portano molti soldi... molti... veramente molti...

Saranno delle "belle" celebrazioni in piazza S. Pietro.... o sarà la volta buona di finire con queste???....

Non so, non mi esce dalla testa: .... portano molti soldi.....

Scenron ha detto...

Ti segnalo un bell'articolo uscito oggi su Avvenire (pagina 21), a firma di Salvatore Mazza, "Un Papa che usa il vocabolario della scienza" :-)

Anonimo ha detto...

E se portano molti soldi è dunque una cosa sbagliata?

Non sapevo che il "denaro" l'avesse inventato il demonio! E neppure che andasse annoverato tra gli intrinsece mala.
Mah... a volte rimango allibito da come la gente pensa.
d.M.S.