domenica 7 giugno 2009

Paolo VI: il cristiano non vive tormentato ma sicuro nella fede. Esce la biografia del Papa del vaticanista Andrea Tornielli


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Paolo VI: il cristiano non vive tormentato ma sicuro nella fede

Esce la biografia del Papa del vaticanista Andrea Tornielli
Quando morì Pasolini pregò per la sua «anima infelice»


Andrea Tornielli

Papa Paolo VI, nato Giovanni Battista Montini (26 settembre 1897 - Castel Gandolfo, 6 agosto ...
Martedì esce in libreria la biografia di Paolo VI ( «Paolo VI - L'audacia di un papa», Mondadori, pagine 728) firmata da Andrea Tornielli, vaticanista e inviato speciale del «Giornale».
Il libro dedica ampio spazio alla vita di Giovanni Battista Montini - che nel giugno 1963 venne chiamato alla successione di Giovanni XXIII e portò a compimento il Concilio Vaticano II - prima dell'elezione, mettendo in luce come le peculiarità del suo pontificato fossero già rintracciabili nel pensiero e nell'opera del sacerdote prima e del vescovo poi. Andrea Tornielli (1964) è autore di molti libri sulla storia della Chiesa, alcuni dei quali tradotti all'estero, fra cui ricordiamo: «Pio XII, il papa degli ebrei» (Piemme 2001), «Quando la Madonna piange» (Mondadori 1995), «Pio XII» (Mondadori 2007) e, con Vittorio Messori, «Perché credo» (Piemme 2008).

Anticipiamo qui di seguito alcuni brani del libro.

Il primo papa ciclista

In questi anni (1910-1911, ndr.) Battista si appassiona all'uso della bicicletta, che all'epoca era un mezzo sportivo da pionieri. I fratelli Lodovico e Francesco ricorderanno che, per inaugurare una nuova bicicletta, il futuro papa, che appariva così fragile, era andato da Brescia a Bagolino. «La mamma si inquietava, gli rimproverava la sua audacia» hanno raccontato Lodovico e Francesco a Jean Guitton. Nel 1972, Paolo VI, ricevendo un gruppo di pellegrini di Bagolino, dirà: «Ci verrebbe voglia di raccontarvi la nostra prima escursione che fu in bicicletta e fu un rischio per la nostra vita. Avevamo quattordici anni e, si sa, 60 chilometri in salita, in bicicletta, con le biciclette di una volta che erano quelle Bianchi, pesanti di sedile tanto che ne soffrimmo anche abbastanza a lungo... Insomma, siamo arrivati, con mio fratello che era più anziano di me, ma trafelati e così stanchi che me lo ricordo ancora».

Il cristiano non è un dubbioso

Non è facile sintetizzare in pochi tratti l'intensa attività del futuro Paolo VI negli anni di coinvolgimento nella pastorale universitaria nazionale. [...] Emerge, dalla mole dei documenti e degli articoli, la vocazione dell'educatore: «È un lavoro quello fra gli studenti che mi sembra più carico di responsabilità, quanto più lo vedo aperto a grandi possibilità di efficace formazione di coscienze». La Fuci montiniana vuole preparare giovani che siano in grado di guardare al mondo esterno non come minaccia ma come realtà che attende di essere amata e illuminata dall'annuncio cristiano. [...]
Il tentativo dell'assistente ecclesiastico della Fuci è quello di colmare il divario tra Chiesa e mondo, tra fede e cultura. [...] «Crediamo infatti - scrive Montini parlando della "distanza dal mondo" e usando espressioni che contrastano con il cliché consolidato dell'uomo macerato dal dubbio - «che il cattolico non è il tormentato da centomila problemi sia pure d'ordine spirituale. Tormento e problemi che son diventati la pietra di paragone non solo delle persone intelligenti, ma anche di quelle che fanno professione di religione. No. Il cattolico è colui che ha la fecondità della sicurezza. Non stasi, la sua sicurezza; non incertezza, il suo movimento. Ma ricchezza di luce, di opere, di parole inconfondibili e benefiche la sua vita. Ed è così che il cattolico, fedele alla sua fede, può guardare al mondo non come ad un abisso di perdizione, ma come a un campo di messe».

La profezia di Pio XII

Tra coloro che avevano in qualche modo previsto il pontificato per Montini, va annoverato, secondo una testimonianza, lo stesso Pio XII. Nel 1949, quando i rapporti con Montini non si erano ancora «raffreddati», alla fine di un'udienza, il diplomatico francese Maurice Schumann, salutando Pacelli, gli aveva detto che sarebbe passato dal sostituto: «Il Papa rispose allora: "La Francia non ha un amico migliore". Dopo un silenzio: "Che età avete?". "38 anni santità". "38 anni? Credo dunque che sarete ricevuto un giorno a questo piano da colui che andate a trovare. In ogni caso me lo auguro"».

Quella preghiera del papa per la morte di Pasolini

Il 2 novembre 1975 era morto assassinato all'idroscalo di Ostia lo scrittore Pier Paolo Pasolini.
John Magee, da pochi mesi secondo segretario del papa, così ricorda quella circostanza: «Paolo VI ha sempre avuto un grande rispetto per il peccatore, ma un profondo odio per il peccato e sempre sulla sua bocca trovavo la parola "ringrazio"; diceva ogni giorno: "io ringrazio il Signore, perché mi ha salvato e deve salvarmi di più". Si considerava sempre una persona bisognosa della misericordia e della salvezza del Signore. Cercava sempre di perdonare, perdonare i peccatori... Ricordo il giorno in cui morì Pier Paolo Pasolini. Il papa seguiva il telegiornale e questo succedeva solo la sera a cena: era l'unico momento che aveva per seguire la televisione. Monsignor Macchi sedeva alla destra di Paolo VI, io alla sua sinistra e il televisore era posto al centro. Annunciarono la morte di Pasolini. Monsignor Macchi esclamò: "Ah! Vedi che il Signore ha il modo...".
Paolo VI rimase immobile. Macchi spiegò che cosa aveva fatto quest'uomo, secondo lui a danno di tanti giovani. Il papa si alzò, c'era ancora sullo schermo un'immagine di Pasolini: "Requiem aeternam dona ei Domine" disse, tracciando un segno di croce: "Adesso preghiamo insieme per questa anima infelice". Questa fu la sua reazione».
Da ricordare che proprio Pasolini, dalle pagine del Corriere della sera, nel settembre dell'anno precedente, aveva criticato un discorso del papa sul «mondo che cambia» e le parole del poeta erano state bollate come «deliranti», dall'Osservatore romano.

«Segreto» di una spiritualità

«Era un uomo così grande - continua Magee - che perdonava sempre. Un giorno glielo feci notare: "Sì", mi disse "dobbiamo sempre perdonare gli altri, è la prima cosa che dobbiamo fare anche quando vediamo una cosa non molto retta negli ambienti vaticani". Non aveva mai una parola di condanna per nessuno, cercava sempre di trovare una giustificazione per gli altri. Mi disse una volta: "Guarda che per un sacerdote deve essere sempre la prima virtù, perché è il dispensatore del perdono di Dio, e se noi non conosciamo la misericordia di Dio nei nostri confronti, come possiamo dispensare il perdono di Dio e la misericordia di Dio agli altri?"».
«Quel giorno, parlando del perdono - confida ancora Magee - mi chiese se ero interessato a conoscere il segreto della sua spiritualità. Mi disse che il fondamento della sua vita spirituale era basato su due parole, prese da Sant'Agostino: "Miseria et misericordia". "Per me è sempre stato un grande mistero di Dio, che io mi trovo nella mia miseria e mi trovo davanti alla misericordia di Dio. Io sono niente, sono misero. Dio Padre mi vuole molto bene, mi vuole salvare, mi vuole togliere da questa miseria in cui mi trovo, ma io sono incapace di fare questo da me stesso. Allora manda il suo Figlio, un Figlio che porta proprio la misericordia di Dio tradotta in un atto d'amore verso di me... Ma ci vuole per questo una speciale grazia, la grazia di una conversione. Io devo riconoscere l'azione di Dio Padre nel suo Figlio verso di me. Una volta che io ho riconosciuto questo, Dio opera in me tramite suo Figlio"».

© Copyright Eco di Bergamo, 7 giugno 2009

Andrea Tornielli, "Paolo VI. L'audacia di un papa", Mursia (Gruppo Editoriale), 2009...clicca qui per la descrizione del testo

2 commenti:

guglielmo ha detto...

"Da ricordare che proprio Pasolini, dalle pagine del Corriere della sera, nel settembre dell'anno precedente, aveva criticato un discorso del papa sul «mondo che cambia» e le parole del poeta erano state bollate come «deliranti», dall'Osservatore romano"
Raffaella, ho trovato in rete questo articolo, si trova se si cerca su google "i dilemmi di un papa, oggi".
Mi sembra che alla luce di 35 anni dopo ciò che dice Pasolini non fosse poi così "delirante" nella sostanza, ora vediamo che la Chiesa non può continuare ad andare tranquillamente a braccetto con la modernità ma deve "passare all'opposizione" perchè" se molte e gravi sono state le colpe della Chiesa nella sua lunga storia di potere, la più grave di tutte sarebbe quella di accettare passivamente la propria liquidazionen da parte di un potere che se la ride del Vangelo"; interessante poi la considerazione su quanto realmente giova la televione alla Chiesa.

Raffaella ha detto...

Grazie, Guglielmo :-)
Analisi impietosa quella di Pasolini, ma siamo tutti chiamati a rifletterci.
Credo che inseriro' l'articolo nel blog...
Grazie ancora.
R.