mercoledì 5 agosto 2009
Il Papa in Viet Nam? Adesso si può fare (Gianni Valente)
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Il Papa in Viet Nam? Adesso si può fare
di Gianni Valente
Il governo vietnamita «non è contrario» a una visita del Papa in Viet Nam.
Così dice con nonchalance il vescovo Pierre Nguyên Van Nhon nell’intervista pubblicata in queste pagine. L’inciso, buttato lì in forma negativa, quasi a velarne per scaramanzia la portata, allude alla circostanza che ha fatto impennare le chances di un imminente viaggio di Benedetto XVI in terra vietnamita.
I vescovi di quel Paese, prima di venire a Roma nella seconda metà di giugno per compiere la loro visita ad limina apostolorum, hanno ricevuto dagli emissari del governo vietnamita la consegna di far sapere al Papa e ai suoi collaboratori che per il regime di Hanoi una visita papale non sarebbe cosa sgradita. Il cardinale Jean-Baptiste Pamh Minh Mân, arcivescovo di Hô Chi Minh Ville, ha confermato in un’intervista all’agenzia Ucanews che la sollecitazione informale è giunta dai funzionari dell’Ufficio affari religiosi di Hanoi, che l’hanno verbalmente affidata all’arcivescovo di Hanoi Joseph Ngô Quang Kiêt. Missione prontamente eseguita. Negli incontri avuti dai vescovi vietnamiti nei Palazzi d’Oltretevere – l’ultimo, coi vertici della Segreteria di Stato, lo scorso 3 luglio – sono iniziati i primi, generali, scambi d’idee su come approfittare al meglio dell’apertura espressa sinora solo in forma verbale dalle autorità vietnamite, così che Benedetto XVI possa varcare presto i confini di uno dei Paesi rimasti off limits per il suo predecessore globetrotter. Entro la fine dell’anno si svolgerà – stavolta a Roma – il secondo incontro del gruppo di lavoro congiunto istituito per promuovere le relazioni diplomatiche tra Viet Nam e Santa Sede. In quella sessione di lavoro si potrà valutare nei dettagli anche l’eventuale visita papale in terra vietnamita.
A dicembre, poi, il presidente vietnamita Nguyên Minh Triet verrà in visita ufficiale in Italia, e potrebbe varcare anche il portone di bronzo per essere ricevuto in udienza dal Papa. Sul versante ecclesiale, le occasioni per un viaggio di papa Ratzinger in Viet Nam di certo non mancano. La Chiesa vietnamita ha indetto un anno giubilare – che inizierà il prossimo 24 novembre e si concluderà il 6 gennaio del 2011 – per celebrare i trecentocinquant’anni dalla costituzione dei primi due vicariati apostolici del Paese e i cinquant’anni dalla costituzione della gerarchia cattolica nel Paese. Il programma delle celebrazioni, che si concluderanno con un pellegrinaggio al santuario nazionale di La Vang, prevede anche una grande assemblea ecclesiale ad Hanoi, con la partecipazione dei rappresentanti di tutte le diocesi vietnamite.
La visita papale consacrerebbe la lunga marcia di distensione tra Viet Nam, Santa Sede e Chiesa locale, iniziata più di vent’anni fa dopo il tempo oscuro seguito all’unificazione del Paese sotto il regime comunista. A riaprire i canali di contatto fu il cardinale Roger Etchegaray, a quel tempo presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con il suo viaggio ad Hanoi del 1989. Da allora, per ben sedici volte, delegazioni vaticane si sono recate in Viet Nam per sciogliere con pazienza complicazioni e difficoltà connesse al controllo politico della vita ecclesiale, attraverso il negoziato con le autorità civili. Col tempo, si è ripristinato il funzionamento a pieno ritmo dei seminari riaperti, si è trovato un modus vivendi sul meccanismo di selezione dei vescovi, si sono poste le premesse per un sempre più articolato dispiegamento delle iniziative sociali e caritative della Chiesa.
Negli ultimi tempi i rapporti tra il regime vietnamita e alcuni settori della Chiesa locale sono tornati a complicarsi. Motivo: la mancata restituzione – nonostante le promesse fatte a più riprese da autorevoli rappresentanti del governo – di alcuni beni immobiliari ecclesiastici confiscati dal regime negli anni Cinquanta.
Il primo contenzioso, tra il dicembre del 2007 e il gennaio 2008, si è sviluppato intorno all’antica sede della delegazione apostolica ad Hanoi. Una nuova fiammata di tensione, a partire dalla fine di agosto 2008, è partita sempre ad Hanoi dalla richiesta di recupero delle terre un tempo appartenenti alla parrocchia di Thai Ha, officiata dai Redentoristi, che erano state date in uso a un’impresa turistica governativa con il permesso di costruirvi un albergo. In entrambi i casi, le pubbliche rivendicazioni di parte cattolica hanno assunto la forma di processioni, messe e rosari convocati presso i luoghi oggetto di contesa.
A fine agosto 2008 si sono registrati i contrasti più gravi, con arresti e cariche della polizia per disperdere i gruppi di fedeli in preghiera. Gli attacchi verbali e mediatici ispirati dal governo hanno colpito soprattutto l’arcivescovo di Hanoi Joseph Ngô Quang Kiêt (alcuni politici di seconda fila ne hanno chiesto pubblicamente la rimozione). Kiêt è stato criticato anche dal primo ministro Nguyên Tân Dung, che nel gennaio 2007 era stato ricevuto in udienza dal Papa. (Adesso, il fatto che i funzionari governativi abbiano affidato proprio a lui il compito di far arrivare in Vaticano l’invito verbale per il Papa sembra indicare una distensione nei rapporti tra il governo e l’arcivescovo di Hanoi).
In tutto questo, la Santa Sede ha mantenuto un profilo prudente, invitando anche i settori ecclesiali più coinvolti nelle proteste a privilegiare la via del dialogo e della moderazione. Del resto, proprio nei mesi in cui le agenzie d’informazione occidentali rappresentavano con toni allarmati i contrasti come fossero una guerra muro contro muro tra i cattolici vietnamiti e il regime, nel dialogo con le autorità civili la Chiesa ha visto accolte una serie di richieste di ben altro impatto sul vissuto ordinario della compagine ecclesiale vietnamita. Dall’autunno del 2007, anche il seminario di Nha Trang – dopo quelli di Hanoi e Hô Chi Minh Ville – ha ottenuto il permesso di reclutare ogni anno nuovi candidati al sacerdozio, archiviando il vecchio sistema che limitava burocraticamente il numero dei seminaristi; dopo le nomine episcopali più recenti, pubblicate lo scorso 25 luglio, solo la diocesi di Ban Mê Thuôt, al centro del Paese, resta ancora retta da un vescovo ultrasettantacinquenne; nell’ottobre 2008, con l’autorizzazione dell’Ufficio governativo per gli Affari religiosi, ha ripreso vita dopo più di trent’anni di latitanza anche la Caritas vietnamita, riattivata sia a livello nazionale che nella rete capillare delle parrocchie.
I preparativi del probabile viaggio papale potrebbero fornire l’occasione per decongestionare anche lo spinoso dossier dei beni immobiliari rivendicati, favorendo soluzioni di compromesso (il governo si è detto disponibile a delle permute) e lasciando da parte irrigidimenti e incongrue contrapposizioni di principio su questioni relativamente secondarie.
L’unica difficoltà con cui dovrà misurarsi lo “studio di fattibilità” del viaggio papale è piuttosto concreta: quella vietnamita è una Chiesa povera, tutte le poche risorse sono assorbite dai provvidenziali ritmi di crescita della comunità cattolica, e bisognerà cercare altrove le risorse per offrire al Vescovo di Roma l’accoglienza ospitale che merita. Anche di questo hanno parlato i vescovi vietnamiti nei loro colloqui romani. Nella speranza che qualcuno – magari qualche Chiesa sorella più “ricca” – metta mano alla borsa.
© Copyright 30Giorni giugno/luglio 2009
FOTO: Benedetto XVI con il primo ministro vietnamita Nguyên Tân Dung in occasione dell’udienza privata del 25 gennaio 2007 [© Paolo Galosi/Vatican pool]
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1 commento:
Benedetto XVI non ha paura di nulla. Di sicuro no teme contestazioni e scarsi consensi, ma presta sempre attenzione alla Chiesa perseguitata e al piccolo gregge rimasto fedele
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