mercoledì 5 agosto 2009

La festa della Trasfigurazione nella tradizione bizantina (Manuel Nin)


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La festa della Trasfigurazione nella tradizione bizantina

Hai reso di nuovo gloriosa la natura umana oscuratasi in Adamo

di Manuel Nin

Nel monastero di Santa Caterina del Sinai, nell'abside della chiesa e nella cappella del roveto ardente, si trova un magnifico mosaico del VI secolo con la raffigurazione della Trasfigurazione del Signore. Nel luogo dove la tradizione colloca la grande teofania di Dio a Mosè nel fuoco e nella luce, la fede dei monaci e dei pellegrini cristiani ha collocato un'icona dell'altra grande teofania del Dio incarnato, nella luce e nel fuoco dello Spirito. Lì dove Mosè udì la Parola (il Logos) di Dio, la fede cristiana la vede.
La festa della Trasfigurazione è una delle Dodici grandi feste del calendario bizantino, con un giorno di prefesta il 5, e un'ottava che si conclude il 13. Nei tropari della prefesta troviamo ripetutamente la forma iniziale "venite", come a voler coinvolgere tutti i fedeli nella celebrazione che si prepara: "Venite, uniamoci a Gesù"; "Venite, saliamo al monte"; "Venite, prepariamoci". L'ufficiatura della festa, dal vespro al mattutino, contiene dei testi innografici di Cosma di Maiouma e di Giovanni Damasceno. Molti tropari collegano la Trasfigurazione del Signore alla sua Passione, in concomitanza con lo stesso racconto evangelico: in entrambi i passi si tratta di una salita, sul monte nella Trasfigurazione, sulla croce nella Passione. L'adorazione e la prostrazione dei discepoli di fronte al Cristo trasfigurato, sono anche quelle della Chiesa di fronte al Cristo crocefisso: "Prima che tu salissi sulla croce, Signore, un monte ha raffigurato il cielo, e una nube lo sovrastava come tenda. Mentre tu ti trasfiguravi e ricevevi la testimonianza del Padre, erano con te Pietro, Giacomo e Giovanni, perché, dovendo essere con te anche nell'ora del tradimento, grazie alla contemplazione delle tue meraviglie non temessero di fronte ai tuoi patimenti: quei patimenti che noi ti preghiamo di poter adorare in pace, per la tua grande misericordia". I discepoli prostrati ai piedi del Trasfigurato sono i discepoli, i fedeli, prostrati ai piedi del Crocefisso il Venerdì Santo, sono anche Maria di Magdala prostrata ai piedi del Risorto.
La Trasfigurazione gloriosa di Cristo sul Tabor è anche prefigurazione della sua Risurrezione, dove Cristo glorioso si manifesta agli angeli e agli uomini: "Prefigurando la tua risurrezione, o Cristo Dio, prendesti con te i tuoi tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni per salire sul Tabor. E mentre tu ti trasfiguravi, o Salvatore, il monte Tabor si ricopriva di luce. I tuoi discepoli, o Verbo, si gettarono a terra, non sopportando la vista della forma che non è dato contemplare. Gli angeli prestavano il loro servizio con timore e tremore; fremettero i cieli e la terra tremò, perché sulla terra vedevano il Signore della gloria". Il tropario accosta i tre momenti della Sacra Scrittura: la manifestazione di Dio a Mosè nel roveto ardente, la Trasfigurazione del Signore, e la sua Risurrezione; in tutte e tre le teofanie, i testimoni presenti sono prostrati davanti alla gloria di Colui che si manifesta nello splendore della luce.
Il lungo tropario del vespro previsto per la celebrazione vigiliare sviluppa magnificamente la professione di fede cristiana: la Trasfigurazione viene vista come una manifestazione della Santa Trinità: "Il Cristo, splendore anteriore al sole, mentre ancora era corporalmente sulla terra, compiendo divinamente prima della croce tutto ciò che attiene alla tremenda economia, oggi sul monte Tabor misticamente mostra l'immagine della Trinità". La Trasfigurazione ancora è manifestazione della redenzione dell'uomo operata da Cristo: "Conducendo infatti con sé in disparte i tre discepoli prescelti, Pietro, Giacomo e Giovanni, nasconde un poco la carne assunta e si trasfigura davanti a loro, manifestando la dignità della bellezza archetipa, seppure non nel suo pieno fulgore: l'ha infatti manifestata per dare loro piena certezza, ma non totalmente, per risparmiarli, perché a causa della visione non perdessero la vita, ed essa si adattasse piuttosto alle possibilità dei loro occhi corporali". La Trasfigurazione di Cristo, ancora, attraverso la testimonianza di Mosè e di Elia diventa una confessione di fede della piena divinità di Cristo e della sua figliolanza divina: "Parimenti prese il Cristo anche Mosè ed Elia, come testimoni della sua divinità, perché attestassero che egli è verace irradiazione dell'essenza del Padre, colui che regna sui vivi e sui morti... e attraverso la nube risuonò dall'alto la voce del Padre che confermava la loro testimonianza, dicendo: Questi è colui che, senza mutamento, dal seno, prima della stella mattutina, ho generato, il mio Figlio diletto". Infine la Trasfigurazione come teofania trinitaria annuncia la vita della Chiesa attraverso i sacramenti vivificanti: "...il mio Figlio diletto; è colui che ho mandato a salvare quanti vengono battezzati nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e con fede confessano che è indivisibile l'unico potere della Divinità, ascoltatelo!".
Troviamo la Trasfigurazione come piena manifestazione della redenzione dell'uomo anche in uno dei tropari del vespro in cui, a partire da una lettura cristologica del salmo 88, la liturgia bizantina canta tutta l'opera di salvezza adoperata da Cristo: "Prevedendo in Spirito la tua venuta tra gli uomini, nella carne, o Figlio Unigenito, già da lungi Davide, padre di Dio, convocava la creazione alla festa, esclamando profeticamente: Il Tabor e l'Ermon nel tuo nome esulteranno. Salito infatti su questo monte, o Salvatore, insieme ai tuoi discepoli, trasfigurandoti hai reso di nuovo radiosa la natura un tempo oscuratasi in Adamo, facendola passare alla gloria e allo splendore della tua divinità...".
I Padri indicano che l'icona di Cristo trasfigurato è anche icona dell'uomo che un giorno sarà pure lui trasfigurato per partecipare pienamente della luce divina. Ed è anche icona dell'uomo che come Pietro cammina con Cristo, ha sentito la sua voce e in alcuni momenti intravede la luce a cui è chiamato un giorno a partecipare pienamente. Pietro, nella pericope evangelica e nell'icona stessa, diventa portavoce dei suoi fratelli, di tutti gli uomini: "Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende...!". Portavoce di tutti gli uomini, lo negherà tre volte ma alla fine davvero farà le tre tende sulla sua triplice confessione del suo amore al Cristo risorto presso il lago di Galilea.

(©L'Osservatore Romano - 6 agosto 2009)

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