lunedì 9 novembre 2009

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Ratzinger mostra il profilo di un Pontefice che ha saputo guardare molto lontano

Carlo Dignola

Suonano in continuazione le campane, di solito Cristiana non le ama molto ma stasera alza le spalle sotto il cappello nero e allarga le braccia: quando ci vuole ci vuole.
Il signor Federico si definisce «non praticante; ma credo in Gesù Cristo nostro Signore, ci mancherebbe!».
In Chiesa - ammette - ci va poco perché «non sono mica un prete». Sono dodici giorni però che è «in ballo» come volontario per preparare la visita papale: ha aiutato gli «artificieri» della Sicurezza a perlustrare tutti i tombini e i pozzi della zona, tanto per stare tranquilli. Oggi si è tolto la tuta e si è messo il vestito bello: «Se questo Papa è qui - dice - è merito di Montini. Non me lo sarei mai aspettato: non è che il Papa va dappertutto. L'organizzazione è stata veramente "doc". Sa quante volte in questi giorni abbiamo cambiato le bandiere, che si continuavano a inzuppare d'acqua? Tre volte».
Sono 51 anni che Federico vive nel Bresciano ma non ha perso l'accento, e l'orgoglio, calabrese: «Adesso piove, ma qua negli anni '60 a ottobre ci trovava mezzo metro di neve. Non avevano i bagni in casa. Glieli abbiamo portati su noi. Nella mia famiglia siamo nati muratori, i miei figli sono cresciuti nella malta». Ha visto crescere dal nulla tutta questa zona di «trafilerie, fonderie, laminatoi, officine», alternate a centinaia di villini uno attaccato all'altro che di cancello in cancello scendono praticamente fino a Brescia. «Qui cinquant'anni fa era una miniera d'oro» spiega: «Se al Sud guadagnavi 15 mila lire, a Lumezzane ne prendevi 100. I bresciani sono gente che lavora sodo: dai sassi sono stati capaci di fare il pane».
La mattinata era finita molto in ritardo. Benedetto XVI ha pranzato al Centro Paolo VI con i vescovi lombardi. Fra di loro c'era naturalmente anche l'ordinario di Bergamo, Francesco Beschi, e c'erano anche quattro cardinali, uno in più che in piazza: oltre a Re, Tettamanzi, Poupard un po' a sorpresa a tavola, seduto accanto al Papa, c'era il cardinale Carlo Maria Martini. Sul tavolo un carpaccio di Fassona condito al tartufo nero ed erba cipollina come antipasto, un risotto ai fiori di zucca, zafferano e formaggella di Tremosine, come secondo stinco bollito con una grattata di rafano.
Alle 16.10 il corteo si è mosso verso Nord, tra i canti dei bresciani che facevano la posta anche sotto l'Istituto Paolo VI. Prima di inaugurare il Centro di Concesio dedicato a Papa Montini Benedetto XVI ha voluto visitare la sua casa natale, che si trova lì accanto, accolto dai parenti e anche dal banchiere Giovanni Bazoli e dal ministro Mariastella Gelmini.
Il notaio Giuseppe Camadini lo ha accompagnato nella visita del nuovo, bellissimo Centro, gli ha fatto firmare il Libro degli ospiti con la stessa penna usata da Giovanni Paolo II nella sua visita dell'82.
Ratzinger ha detto subito di voler ricordare Paolo VI «non tanto dal punto di vista agiografico e celebrativo», di volerlo far conoscere meglio perché più lo si conosce e più «viene apprezzato e amato». È stato un «grande Papa», Benedetto XVI ieri non faceva che ripeterlo, e per tutto il pomeriggio a Brescia, città in cui «tutto parla della ricchezza della sua personalità e della sua vasta dottrina» sembra non abbia voluto far altro che parlare con le parole del suo predecessore, rileggere i suoi discorsi «memorabili», farli risuonare uno dopo l'altro perché se ne avvertisse di nuovo l'attualità. Cancellare un po' l'immagine un po' plumbea del Papa degli anni '70, chiuso tra le immagini drammatiche del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, quella di una sorta di Amleto della fede che gli hanno cucito addosso e che non gli si attaglia affatto. E ha voluto mostrare il profilo di un Papa che seppe guardare lontano: il primo ad aver visitato la Terra Santa, il primo ad aver introdotto i sinodi dei vescovi, sulla scia del Concilio, il primo ad aver messo piede all'Onu, il primo ad essere andato a trovare gli operai in un'acciaieria, quasi inginocchiandosi per salutarli dal palco.
«Sono lieto» dice Ratzinger, e si vede. Fa recitare la liturgia in latino a Tettamanzi e Monari, ma il suo messaggio su Paolo VI ha un sapore molto nuovo. Lo descrive come il Papa che ha voluto rinnovare i rapporti fra la Chiesa e il mondo, ma soprattutto ha voluto che la Chiesa capisse che cos'è veramente, mistero di fragilità umana e di grandezza. Paolo VI è il Pontefice che ha insegnato agli stessi Papi a essere i pastori della Chiesa, più che i suoi capi.
A Concesio Benedetto XVI ha sottolineato molto la «capacità educativa» di Montini.
«Viviamo in tempi nei quali si avverte una vera "emergenza educativa". Formare le giovani generazioni non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso». Già nel '33 il sacerdote bresciano annotava che «nel campo profano, gli uomini di pensiero, anche e forse specialmente in Italia, non pensano nulla di Cristo. Egli è un ignoto, un dimenticato, un assente in gran parte della cultura contemporanea». Paolo VI «avvertì sempre la necessità di una presenza cristiana qualificata nel mondo della cultura, dell'arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo, e, al tempo stesso, attenta all'uomo».
In uno dei primi scritti dedicato alla scuola italiana, Giovanni Battista Montini osservava: «Non domandiamo altro che un po' di libertà per educare come vogliamo quella gioventù che viene al cristianesimo attratta dalla bellezza della sua fede e delle sue tradizioni».
In quegli anni in cui «le difficoltà del post-Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile» - dice Benedetto XVI - nei «momenti burrascosi e travagliati, come il '68» Montini non scelse mai la strada di «gesti clamorosi» ma «con coraggio, indicò la strada dell'incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia». Nel '68, già nel '68, vedeva «un conformismo» che «piega inconsciamente - diceva ai ragazzi - la vostra libertà al dominio automatico di correnti esterne di pensiero, di opinione, di sentimento, di azione, di moda»;più che grandi rivoluzioni notava «un gregarismo» avanzare.
Lui invece - dice il suo successore - è stato «maestro di vita e coraggioso testimone di speranza, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa».
Prima di ripartire per Roma Benedetto XVIha voluto ancora passare dalla parrocchia di Concesio, Sant'Antonino. È arrivato a bordo della Papamobile assieme al suo segretario personale don Georg Gaenswein e al vescovo di Brescia Luciano Monari.
Qui Giovanni Battista Montini fu battezzato il 30 settembre 1897 «e - dice il Papa - qui, probabilmente, ha meglio compreso la voce del divino Maestro che lo ha chiamato a seguirlo».
Ratzinger ormai ha la voce molto roca, gli altoparlanti sono più raffreddati di lui e sul sagrato non si sente quasi niente. Il Papa ricorda «l'importanza del Battesimo nella vita di ogni cristiano». Oggi «non è facile essere cristiani!» dice. «Ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalità del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell'edonismo e del consumismo». Occorre «restare saldamente uniti alla Chiesa, pure quando vediamo nel suo volto qualche ombra e qualche macchia. È lei che ci ha rigenerati alla vita divina. Amiamola e serviamola con un amore fedele».
Il Papa con l'ultimo filo di voce si ferma a salutare anche la gente che è rimasta fuori, sul sagrato: «Grazie per la vostra accoglienza. Buona notte a tutti, e buona settimana». Salta su una Mercedes e fila via verso Ghedi. Lascia la luce dell'abitacolo accesa, perché la gente per la strada possa ancora vederlo per un attimo, salutare quell'uomo bianco che nella macchina nera vola via.

© Copyright Eco di Bergamo, 9 novembre 2009

5 commenti:

sam ha detto...

E' vero: ieri Benedetto XVI ha citato tantissimo Montini.
Ma mi ha colpito che prima dell'arrivo in piazza del Papa, gli organizzatori ad un certo punto hanno mandato in onda sugli schermi delle parole di elogio veramente intenso pronunciate da Papa Montini nei riguardi del giovane Ratzinger. Non so se Raffaella è in grado di trovarcele...

Raffaella ha detto...

Certo :-)
E' l'omelia pronunciata da Papa Montini in occasione del Concistoro del 1977.
Ecco qui il link:

http://paparatzinger2-blograffaella.blogspot.com/2009/07/nel-concistoro-del-1977-paolo-vi.html

sam ha detto...

Grande Raffaella! Grazie.

Raffaella ha detto...

:-))

euge ha detto...

Grazie Raffaella ! Papa Paolo VI un uomo moltoooooooooooo lungimirante. :-))))))