mercoledì 18 novembre 2009

Ettore Gotti Tedeschi: La crisi dimostra che non si è tenuto conto di quanto auspicato dall'enciclica di Benedetto XVI (Osservatore Romano)


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Alle radici della crisi

Se lo Stato viene prima della persona

di Ettore Gotti Tedeschi

Il 12 novembre scorso a Montecitorio il cardinale Tarcisio Bertone, ricordando la visita di Giovanni Paolo II, ha esortato le istituzioni ad adoperarsi affinché "le leggi dello Stato non ledano in nessun modo il diritto alla vita, anzi promuovano la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più debole".
Il segretario di Stato riprende così l'appello della Caritas in veritate, in continuità con le encicliche di Paolo VI Humanae vitae e Populorum progressio. Non si insiste mai abbastanza sul fatto che gli Stati devono essere sussidiari ai cittadini e non viceversa. Per questo è importante la lezione che si ricava dall'attuale crisi economica.
La crisi dimostra che non si è tenuto conto di quanto auspicato dall'enciclica di Benedetto XVI e ora ribadito dal segretario di Stato.
Si direbbe invece che la persona è stata considerata un mezzo, uno strumento - anziché il fine - per le esigenze degli Stati, divenendo sussidiaria alla volontà di crescita del potere.
E questo è stato dimostrato dall'origine della crisi, che è nata, anzitutto, dal crollo della natalità. Questo è stato permesso e persino incoraggiato, e ora si cerca di compensarlo con una crescita economica truccata, fondata sull'insostenibile indebitamento delle famiglie e di conseguenza sulla loro vulnerabilità e debolezza.
Quale esempio concreto si pensi all'indebitamento delle famiglie americane negli ultimi dieci anni. La percentuale del loro debito sul prodotto interno lordo (pil) è passata dal 68 al 96 per cento a sostegno di una crescita economica fittizia perché consumistica e a debito: in dieci anni il pil ha avuto un incremento del 28 per cento dovuto al debito. Una crescita truccata e mal gestita che ha poi provocato i ben noti danni collaterali, distruggendo ricchezza e generando rischi di disoccupazione anche in Europa.
Questo fenomeno di eccessivo indebitamento forzato oggi ha bisogno di una manovra correttiva di riduzione (deleveraging) di circa 25 mila miliardi di euro - una cifra quasi equivalente al doppio del pil statunitense e a un quarto delle attività finanziarie mondiali - con un inevitabile impatto negativo sulla crescita. La nuova percezione del rischio da parte delle banche, il conseguente rifiuto di finanziamenti alle imprese (circa un 40 per cento in meno) e il crollo degli scambi commerciali internazionali (meno 15 per cento negli ultimi dodici mesi) evidenziano con aspra chiarezza il fenomeno appena descritto.
Nel rapporto delle Nazioni Unite World Population 2009 viene poi spiegato che nel 2010 in Italia la popolazione in età lavorativa, pari oggi a 39,3 milioni di persone, comincerà a ridursi in valori assoluti producendo ulteriori problemi. Per compensare l'impatto di questo cambiamento demografico - che vale una flessione dello 0,4 per cento del pil - e mantenere la previsione di crescita dell'1,5 per cento nel 2011, sarebbe necessario fare crescere la produttività dell'1,9 per cento. Ma per riuscirci bisognerebbe disporre di capacità tecnologiche che invece rappresentano una debolezza di cui soffre il Paese.
È evidente che la crescita del pil si sta spostando a oriente, o meglio è ormai gestita in oriente, e che l'Italia sta riducendo il suo contributo allo sviluppo. Infatti, più del 70 per cento delle esportazioni italiane sono dirette in Europa che, secondo le previsioni, nel quinquennio prossimo registrerà una crescita dimezzata rispetto al precedente. Con le immaginabili conseguenze sull'occupazione e sul benessere dei cittadini più deboli.
È probabilmente per questo che il cardinale Bertone ha concluso il suo intervento a Montecitorio auspicando che l'Italia affermi una sua "capacità generativa di cultura che ha attinto da una intima unione tra dimensione verticale verso Dio e l'impeto del servizio al prossimo". Lo Stato deve essere sussidiario alla persona, e non la persona sussidiaria allo Stato. Anche così si difendono "i diritti fondamentali della persona umana, specialmente quella più debole". Compresi i suoi diritti economici.

(©L'Osservatore Romano - 19 novembre 2009)

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