martedì 10 novembre 2009
L’omaggio di Papa Ratzinger a Paolo VI (Francesco Antonio Grana)
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L’omaggio di Papa Ratzinger a Paolo VI
FRANCESCO ANTONIO GRANA
“Il Papa del Vaticano II e del post-Concilio”.
Così Benedetto XVI ha voluto definire Paolo VI visitando la terra natale del Pontefice bresciano, che ha segnato indelebilmente la vita di Joseph Ratzinger.
“Mi ha unito al grande Papa - ha affermato Benedetto XVI - un legame di affetto e devozione sin dagli anni del Concilio Vaticano II. Come non ricordare che nel 1977 è stato proprio Paolo VI ad affidarmi la cura pastorale della diocesi di Monaco, creandomi Cardinale? Sento di dover a questo grande Pontefice tanta gratitudine per la stima che ha manifestato nei miei confronti in diverse occasioni”.
Il magistero di Montini, ha ricordato Benedetto XVI, è un dono inestimabile per la Chiesa, e nella misura in cui è meglio conosciuto viene sempre più apprezzato e amato questo grande Papa. Nei suoi insegnamenti si possono trovare indicazioni sempre preziose per affrontare le sfide del presente, come la crisi economica, l’immigrazione, l’educazione dei giovani. Al tempo stesso, come Benedetto XVI, Paolo VI non perdeva occasione per sottolineare il primato della dimensione contemplativa, cioè il primato di Dio nell’esperienza umana.
Paolo VI ha amato di amore appassionato la Chiesa e ha cercato con tutte le sue forze di farla comprendere e amare. Benedetto XVI, nell’omelia che ha pronunciato nella piazza antistante il Duomo di Brescia, ha voluto rileggere il passo del “Pensiero alla morte” dove Montini parla della Chiesa. Una Chiesa che deve essere povera e libera. Una riflessione, come ha voluto sottolineare Benedetto XVI, più che mai attuale.
“Il mistero della Chiesa - scrisse Montini nella sua prima enciclica, Ecclesiam suam, del 6 agosto 1964, non è semplice oggetto di conoscenza teologica, deve essere un fatto vissuto, in cui ancora prima di una sua chiara nozione l’anima fedele può avere quasi connaturata esperienza”.
Ratzinger ha voluto ripercorrere, inaugurando la nuova sede dell’Istituto Paolo VI a Concesio, la capacità educativa di Montini. Uno dei fondamenti della proposta formativa dei circoli universitari della Fuci da lui guidati consisteva nel tendere all’unità spirituale della personalità dei giovani: “Non scompartimenti stagni separati nell’anima, cultura da una parte, e fede dall’altra; scuola da un lato, Chiesa dall’altro. La dottrina - sosteneva Montini -, come la vita, è unica”. Per il futuro Paolo VI erano essenziali la piena armonia e l’integrazione tra la dimensione culturale e religiosa della formazione, con particolare accento sulla conoscenza della dottrina cristiana, e i risvolti pratici della vita. “Per Papa Montini - ha sottolineato Benedetto XVI - il giovane va educato a giudicare l’ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un “pensiero forte” capace di “agire forte”, evitando il pericolo, che talora si corre, di anteporre l’azione al pensiero e di fare dell’esperienza la sorgente della verità”.
Il “vecchio amico dei giovani”, come Paolo VI si definì, sapeva riconoscere, ha sottolineato Benedetto XVI, e condividere il loro tormento quando si dibattono tra la voglia di vivere, il bisogno di certezza, l’anelito all’amore, e il senso di smarrimento, la tentazione dello scetticismo, l’esperienza della delusione. Un maestro vita, lo ha definito Ratzinger, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti, che ha condotto senza tentennamenti la Chiesa in una fase cruciale del suo cammino, senza perdere mai la fiducia nei giovani.
© Copyright L'Avanti, 10 novembre 2009 consultabile online anche qui.
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