lunedì 19 gennaio 2009

Cattolici-Ebrei. Sant’Egidio propone un nuovo patto. Di Segni: Crisi transitoria e benefica (Izzo)


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Riceviamo e con gratitudine pubblichiamo:

VATICANO-EBREI: SANT'EGIDIO PROPONE UN NUOVO PATTO

(AGI) - CdV, 17 gen. -

"C'e' bisogno che ebrei e cristiani lavorino per una nuovo patto etico-religioso che, nelle differenze, fondi la civilta’ del convivere.
Le difficolta’ ci stimolano a non smettere di parlare, di cercare, di sognare".
Lo propone Andrea Riccardi, presidente della Comunita’ di Sant’Egidio, intevneuto questa sera all’unico incontro ebraico cristiano che si e’ tenuto in occasione della Giornata del dialogo e mantenuto in programma perche’ promosso dal Centro Culturale Ebraico. Nel suo intervento, il prof. Riccardi ha parlato di irriducibilita’ delle differenze", alla quale pero’ occorre accompagnare "con piena convinzione l’irrinunciabilita dell’amicizia".
"Talvolta - ha continuato Riccardi rivolto al rabbino Riccardo Di Segni e ai membri della comunita’ ebraica - abbiamo avuto paura di dire la differenza, per timore che la preziosa e riguadagnata prossimita’ ne sia ferita. Troppo a lungo questa differenza e’ stata terreno infuocato d’incomprensioni e peggio.
Ma l’incapacita’ a dire la differenza impoverisce. Le prossimita’ e le differenze sono tante, maturate in quasi venti secoli.
Joseph Ratzinger ha scritto in proposito: possiamo ’affermare che la figura di Cristo separa e lega allo stesso tempo Israele e la Chiesa: non e’ in nostro potere superare questa separazione, ma questa ci conserva insieme sulla via di colui che viene e non deve essere causa di inimicizia’".
Secondo il fondatore della Comunita’ di Sant’Egidio e’ "una tentazione, frutto di anime belle" quella che porta cristiani ed ebrei a considerarsi "troppo uguali".
"Magari - ha sottolineato - appiattiti nella locuzione rituale di tradizione giudeocristiana: esistera’ ma siamo due tradizioni religiose differenti. L’altra tentazione - per Riccardi - e’ guardarci in modo esterno, magari per affidare le nostre relazioni a fredde considerazioni o a dichiarazioni attraverso i giornali".
"Ne’ l’una ne’ l’altra via - ha scandito - sono le mie. Per conto mio, la diversita’, anche radicale, e’ bella e arricchente perche’ la leggo con il calore di un’amicizia storica e personale con la Comunita’ ebraica. E’ un’amicizia che si rinnova nelle relazioni interpersonali, nella partecipazione ai momenti gioiosi e critici. E’ un’amicizia che trae un messaggio dalla memoria del 16 ottobre 1943, la razzia degli ebrei di Roma: non piu’ soli di fronte alla storia e alla vita".
Secondo il prof. Riccardi, l’amicizia tra cristiani e ebrei deve portare "non solo alla stima, ma a sentirci e consultarci di fronte agli scenari che si aprono, a una vera complementarieta’". "Nessuno - ha spiegato - e’ cosi’ autosufficiente per essere solo. Una lunga stagione caratterizzata dal primato della politica, una politique d’abord, che colorava la politica di messianismo quasi redentivi, ci ha educato al senso che la vera realta’ e’ la politica, sospingendo il religioso al privato".
"Sembrava quasi - ha ricordato lo sstorico - che non ci fosse spazio per il religioso, obbedendo al dogma della cultura moderna: piu’ modernita’ inesorabilmente crea meno religione.
Questo e’ finito negli anni Novanta, quando si e’ affermato il primato dell’economia, che oggi vediamo vacillare ora che la realta’ economia appare consumata, se non crollata, come una sicurezza consumata".
E davanti alla "forte la preoccupazione per un agire tutto soggettivo, guidato solo dall’interesse del soggetto" dobbiamo domandarci insieme, cristiani e ebrei se "esiste un grande disegno per cui lavorare, un’oggettivita’ morale, ragionevole, scritta nella profondita’ di una societa’, di una civilta’, di un mondo". Ecco perche’ per Riccardi "c’e’ bisogno di un patto in questo mondo in cui la complessita’ scivola nella confusione. C’e’ bisogno - ha concluso - che ebrei e cristiani lavorino per una nuovo patto etico religioso che, nelle differenze, fondi la civilta’ del convivere"

© Copyright (AGI)

VATICANO-EBREI: DI SEGNI, CRISI TRANSITORIA E BENEFICA

(AGI) - CdV, 17 gen. -

Gli ebrei hanno disertato oggi le celebrazioni della Giornata per il dialogo ebraico-cristiano ma "la pausa nel dialogo e’ transitoria e di riflessione".
Lo ha affermato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, intervenuto all’incontro su "Fede. Religioni. Mondocontemporaneo" promosso presso il Centro Culturale Ebraico dall’associazione Bene’Berith in collaborazione con la Comunita’ di Sant’Egidio. Per Di Segni, la crisi attuale potra’ addirittura rivelarsi "benefica per entrambe le parti per capire cio’ che si puo’ fare effettivamente e il punto a cui si e’ arrivati’.
"Oggi - ha detto ancora Di Segni commentando la decisione della Conferenza dei Rabbini itraliani - non siamo insieme in certe sedi ma siamo insieme in altre come questa: se ci sono ostacoli da una parte questo non vuol dire che non possano essere superati da altre parti".
Come per Riccardi, anche per Di Segni "la paura della differenza tra ebrei e cristiani c’e’ sempre stata. Il problema - ha spiegato - e’ riuscire a capire perche’ c’e’ la differenza, che la differenza e’ un valore prezioso che bisogna mantenere e malgrado questo bisogna conoscere. Cosi’ come rabbini abbiamo preso questa iniziativa di non parteciapre alle iniziative di oggi per cercare di costruire vie di comunicazione che siano costruttive e alternative dove altre incontrano delle difficolta’".
Per Di Segni, "le difficolta’ sono foriere di soluzioni e non devono essere considerate soltanto elementi negativi che stoppano tutto".
Una linea evidentemente condivisa anche dalla Chiesa Cattolica, rappresentata oggi al Centro Culturale Ebraico dal vescovo di Frosinone, mons. Ambrogio Spreafico. Era presente anche il presidente della Comunita’ ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.

© Copyright (AGI)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, Raffa cara.
Su un giornale ho letto una considerazione, per me, delirante del rabbino Laras. Riguarda il numero di morti del conflitto di Gaza: 13 israeliani contro oltre 1.200 palestinesi. Di fatto, secondo il rabbino. "non si possono fare questioni di numeri. Ogno morte è una tragedia infinita".
Sulla stessa linea il rabbino Richetti "il problema non è il numero delle vittime . Quello che mi dispiace è che ci sia violenza. Da qualsiasi parte arrivi".
Sono senza parole.
Alessia

Raffaella ha detto...

Ciao carissima Alessia, trovi l'articolo, come link, nel blog.
Anche io sono sorpresa, per usare un eufemismo: le guerre sono sempre ingiuste, ma cio' che fa male sono le vittime civili, soprattutto i bambini.
L'altro giorno ho visto un documentario (non ricordo su quale canale): alcuni bimbi palestinesi giocavano a calcio con un pallone completamente sgonfio ma sollevati per le tre ore di tregua.
E' guardardo gli occhi di quei bambini che si comprende come le guerre, tutte le guerre, siano profondamente sbagliate indipendentemente dalle ragioni degli uni o degli altri.
Ovviamente lo stesso discorso vale per i bambini israeliani vittime dei missili di Hamas.
R.