sabato 16 maggio 2009

Benedetto XVI Papa, teologo e dopo la Terra Santa anche Capo di Stato (Rodari)


Vedi anche:

Il Papa ha seminato speranza. Ora tocca a tutti lavorare per la pace (Osservatore Romano)

Il lungo appello del Papa per la pace tra i popoli e tra le fedi, primo "ricordo" del pellegrinaggio appena concluso (Radio Vaticana)

Il Papa in Terra Santa: viaggio coronato da successo (Geninazzi)

Card. Bertone: i gesti del Papa, un invito alla speranza. Interviste con il card. Antonelli e padre Samir (Radio Vaticana)

Peres: Papa Ratzinger ci ha commosso (Salerno)

Il viaggio di Benedetto XVI è stato un successo? (Zenit)

Il Papa ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Terra Santa: in Medio Oriente esiste una volontà di pace che va incoraggiata (Radio Vaticana)

Il Papa: «Mai più muri a dividere i popoli» (Giansoldati....bravissima nel descrivere la commozione di Benedetto)

Giorgio Bernardelli: Che cosa lascia in eredità questo viaggio a noi, cristiani amici della Terra Santa? (Missionline)

Luigi Geninazzi: La “ragione” del Papa, metodo di convivenza e di pace (Sussidiario)

Il messaggio lasciato in Medio Oriente da Papa Benedetto (Galeazzi)

Don Bux e don Vitiello: La ragione necessaria e sufficiente del viaggio del Papa in Terra Santa (Fides)

Il prof Giovanni Reale commenta il viaggio in Terra Santa: "Un pastore, non un politico" (Liberal)

Il rabbino Rosen: "Io rabbino sto con Ratzinger" (Liberal)

Domanda: era proprio necessario intervistare l'ex sindaco di Gerusalemme a "Sulla via di Damasco"?

Il Papa in Medio Oriente: quelle differenze devono avvicinarsi (Casavola)

“Mai più guerra”: Benedetto XVI torna dalla Terra Santa (Ingrao)

Viaggio del Papa in Terra Santa: due articoli di Renato Farina

Un viaggio per abbattere tutti i muri (Cardinale)

L'analisi di Bruno Vespa: Ebrei e Musulmani incontentabili, ma il Papa più di così non poteva fare

Così il Papa è riuscito a evitare le trappole (Tornielli)

Fiamma Nirenstein sul viaggio del Papa in Israele: Quei temi politici distorti dai media (Il Giornale). Colpa solo dei media?

Il Papa saluta la Terrasanta: «Mai più guerra» (Tornielli)

Stefania Craxi commenta il viaggio del Papa in Terra Santa (Libero)

"Cristiani e musulmani insieme contro l'odio" (Galeazzi)

Viaggio spirituale con troppe pretese (Tramballi)

La semina della speranza nel cuore della cristianità (Osservatore Romano)

Nei luoghi dell'infanzia di Gesù sulle orme dei primi apostoli (Osservatore Romano)

Il viaggio del Papa in Terra Santa: il bilancio di Apcom

Il bilancio del viaggio in Terra Santa: il commento audio di A. Ferrari

Giovanni Maria Vian: L'amicizia che nasce da una tomba vuota (Osservatore Romano)

Il Papa in Terra Santa: quando le critiche nascono dalla paura (AsiaNews)

Il coraggio di Benedetto XVI (Bobbio)

La stampa araba rivaluta il Papa: "ha cambiato linguaggio"...mah!

Il Papa ha deluso gli israeliani e confortato i palestinesi (Le Monde)

Il Papa, amico dei due popoli, ma i media lo attaccano (Izzo)

Il Papa sull'aereo: "Sono venuto come pellegrino e spero che molti seguano queste tracce e così incoraggino l’unità dei popoli di questa Terra Santa" (Parole del Papa ai giornalisti)

Benedetto XVI sulle orme di Paolo VI che abbracciò Atenagora (Izzo)

Benedetto XVI, il Papa dell'allenza (Galeazzi)

Terra Santa: la svolta di Papa Benedetto (Ingrao)

L’intreccio tra teologia e diplomazia nel viaggio di Benedetto XVI (Valensise)

Ultimo giorno del Papa a Gerusalemme: il commento audio di Andrea Tornielli

Il «qui» del Sepolcro e le (bellissime) parole conclusive (Giorgio Bernardelli)

Il Papa: da amico degli Israeliani e Palestinesi piango per entrambi i popoli (Izzo)

Il Papa: nazismo ideologia senza Dio, mai dimenticare o negare la Shoa (Izzo)

Il Papa si congeda da Israele: "Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza"

Benedetto XVI sta capovolgendo il pensiero cattolico su Israele e sugli ebrei (de Mattei)

Il Papa in ginocchio davanti al Sepolcro vuoto. Haaretz: missione politica, hanno vinto i Palestinesi

Malgrado tutto, la missione del Papa in Terra Santa può considerarsi compiuta (Fontana)

Magister: così l’impolitico Benedetto XVI ha posto le condizioni della pace e deluso i laicisti (Sussidiario)

Zio Pseudo-Berlicche scrive a Pseudo-Malacoda per complimentarsi per le azioni di boicottaggio del viaggio dell'uomo vestito di bianco...

VIAGGIO DEL PAPA IN TERRA SANTA: VIDEO, SERVIZI, FOTO E PODCAST

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN TERRA SANTA

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Benedetto XVI Papa, teologo e dopo la Terra Santa anche capo di Stato

mag 16, 2009 il Riformista

Ha in qualche modo ragione il quotidiano Haaretz quando scrive - la stessa tesi la fa propria Le Monde - che «la missione di Benedetto XVI in Israele è stata molto politica».
Ha meno ragione quando condisce la cosa in termini negativi dicendo che per questo motivo chi «ha vinto» sono stati i palestinesi. Ma il carattere principalmente politico del dire e del fare del Papa in Giordania e Israele resta.
Come resta un altro dato: le cose non potevano che andare così, almeno se si paragona questo viaggio a un altro, quello in Terra Santa di Giovanni Paolo II nel 2000, un viaggio che fu pieno di contenuti politici ma percepiti dai più principalmente in termini profetici.
Wojtyla arrivò in Terra Santa con una biografia d’un certo tipo. Alla vecchia domanda yiddish: «Sarà buono con noi?», egli seppe rispondere positivamente fin dall’inizio del suo pontificato.
Era anche avvantaggiato rispetto a Ratzinger: polacco, aveva sperimentato sulla propria pelle le medesime sofferenze patite dagli ebrei durante il nazismo. Era naturale, dunque, che gli ebrei lo sentissero vicino a loro. Fu lui a definirli i «fratelli maggiori» della Chiesa cattolica. Con loro Wojtyla aveva messo in campo relazioni e aperture storiche. Egli, poi, arrivava in Terra Santa già molto malato. E la cosa lo agevolò molto a tingere di profezia i contenuti del viaggio stesso. Quanto all’islam, il 2000 non era il 2009.
Un certo fanatismo di stampo islamico non era ancora del tutto recepito nel mondo occidentale e, dunque, quanto ai rapporti coi musulmani, il suo arrivo era meno sentito.
Benedetto XVI è atterrato in Terra Santa avvertito come un nemico. Non che egli sia nemico del popolo ebraico, né dei musulmani, ma l’immagine che di sé entrambi i popoli hanno di lui non è totalmente positiva.
Perché una parte del mondo ebraico lo considera un nemico è presto detto: è a motivo del suo essere tedesco. Nemico per quel sospetto, ancora non sopito del tutto, che la sua nazionalità sia sinonimo d’un antisemitismo cronico, insito consapevolmente o meno anche nel suo dna. Paradossalmente, se Wojtyla in quanto polacco aveva gioco facile con gli ebrei e difficile con gli ortodossi di Mosca, col tedesco Ratzinger al soglio di Pietro le cose si sono ribaltate: Benedetto XVI, nonostante la sua posizione in merito, fatica con gli ebrei mentre veleggia col patriarcato moscovita.
Quanto all’islam, Ratisbona resta per una parte più estremista della galassia musulmana una macchia che qualsiasi gesto successivo ha faticato a cancellare.
Fatte queste premesse, Benedetto XVI in Giordania e Israele ha fatto il massimo. Se nel 2000 il Corriere della Sera titolava l’articolo di presentazione del viaggio di Wojtyla per la Terra Santa così: Il viaggio più difficile. Una settimana fa avrebbe dovuto usare un titolo più forte, sì da rendere esplicite le asperità di gran lunga maggiori che sulla carta aveva davanti il Pontefice tedesco.
Ratzinger si è mosso bene: sui temi sensibili per l’islam e l’ebraismo ha ribadito il suo pensiero forte senza dire di più di quanto fosse lecito, mentre ha puntato molto sull’analisi politica della situazione mediorientale concedendo punti di vista noti ma conditi di qualche novità (del muro nei termini espliciti usati in questi giorni non aveva mai parlato).
Due giorni fa l’Economist ha fatto un’analisi impietosa del viaggio dicendo che Benedetto XVI in Terra Santa «ha aggiunto alla lista un altro disastro nelle pubbliche relazioni». In sostanza il settimanale inglese ha collazionato le critiche principali che sono state mosse a Ratzinger in questi giorni: allo Yad Vashem ha parlato di milioni di ebrei vittime dell’Olocausto e non di sei milioni.
Ha parlato della tragedia della Shoah senza attribuirne la colpa (cioè non ha citato i nazisti) e, dunque, non facendo mea culpa. E poi ha creato malcontento anche in una parte del mondo islamico che voleva accuse più vivaci alla politica israeliana nella regione.
L’analisi è, appunto, impietosa. Ed è tra l’altro uscita prima del congedo di ieri nel quale il Papa ha detto che la Shoah fu lo sterminio perpetrato «sotto un regime senza Dio che propagava un’ideologia di antisemitismo e odio».
Ma pur nella sua impetuosità dice di una difficoltà reale che Benedetto XVI aveva davanti e che Wojtyla, invece, non ebbe: un pregiudizio sulla sua persona forse inestirpabile.
Ratzinger era consapevole di questo pregiudizio: già lo sperimentò a Ratisbona, durante il recente conflitto di Gaza, in Africa, e in modo potente in occasione della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani dei quali uno, il noto Richard Williamson, negazionista sulla Shoah. Ma non si è dato per perso. Ha voluto portare fino in fondo ogni cosa, superando anche le titubanze d’una parte del Vaticano spaventata dalle paure espresse dai cristiani residenti in Israele e nei territori per una visita che avrebbe potuto essere uno spot pro Israele ai danni dei palestinesi.
Benedetto XVI non è caduto in nessuna trappola. Ha mostrato quanto sia necessario un serio dialogo interreligioso.
È lui che lo vuole prima degli altri. È lui che lo vuole con l’ebraismo fondato sull’inscindibile legame che accomuna le due religioni e con l’islam sganciato d’ogni riferimento teologico: un dialogo, dunque, basato sulla ragione, su una sapienza etica che viene prima della teologia.
Affondato il colpo sul dialogo con islam ed ebraismo, condannato l’antisemitismo e ogni tesi negazionista, ha spostato l’attenzione sull’analisi politica, facendo in qualche modo il percorso inverso di quello fatto da Wojtyla nel 2000. Giovanni Paolo II, ribadita la sua idea politica quanto a Israele e a una «patria palestinese», virò con forza sul profetismo, su ciò che, in quanto polacco, si poteva permettere maggiormente: i musulmani, disse, sono nostri «fratelli» mentre gli ebrei sono «fratelli maggiori», talmente maggiori che nei loro confronti la Chiesa cattolica fa un gesto di mea culpa.
Ratzinger, invece, si è indirizzato subito sulla praticità. Come dire, parliamo prima di cose concrete: sulla tesi dei due Stati, sul muro «segno tragico», sui cristiani che debbono restare dove sono perché parte integrante di quella martoriata terra, sulla pace alla quale debbono contribuire tutti. E ieri, partendo per Roma, non a caso davanti al premier israeliano Benjamin Netanyahu e al presidente Shimon Peres, ha ridetto con parole ancora più forti la sua agenda politica: «Sono amico di entrambi i popoli non posso fare a meno di piangere per le loro sofferenze»; il «muro è stata una delle visioni più tristi»; date «uno Stato a Israele» e un patria «indipendente e sovrana» ai palestinesi (concetto ripreso nel titolo di oggi dell’Osservatore Romano, un titolo che enfatizza l’aspetto politico: Due Stati in Terra Santa, una realtà possibile. Insomma, le stesse condizioni politiche a entrambi: non hanno, dunque, vinto solo i palestinesi come scrivevano Haaretz e Le Monde.

© Copyright Il Riformista, 16 maggio 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

2 commenti:

Scenron ha detto...

Cara Raffaella, ti segnalo i siti ufficiali della visita del Papa a Montecassino e a Viterbo e Bagnoregio:

http://www.ilpapaacassino.info/

http://www.ilpapaaviterbo.it/

=D

Anonimo ha detto...

CONCILIUM 2/2009:
Forum teologico: Strategie vaticane in discussione

1. Un bilancio del motu proprio “Summorum pontificum”. Quattro paradossi e una intenzione dimenticata (Andrea Grillo)
2. Et pro Iudæis. Il discusso oremus di Benedetto XVI (Alberto Melloni)
3. Proposta per il Venerdì santo: “ricordarsi degli ebrei”, anziché pregare per loro (Ansgar Ahlbrecht)
4. Rivedere l’antigiudaismo della teologia femminista. Una risposta a Maria Clara Bingemer (Katharina Von Kellenbach)
5. Sguardi prospettici sulla seconda assemblea speciale per l’Africa del sinodo dei vescovi (Ignace Ndongala Maduku)
6. La remissione della scomunica alla Fraternità sacerdotale San Pio X. Documentazione delle reazioni teologiche (Erik Borgman)