venerdì 19 giugno 2009

Austria e Cina. I vescovi con le pagelle peggiori: il Papa scontento per ribellioni ed abusi. La dura "strigliata" del 2005 (Magister)


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LETTERA DEL SANTO PADRE AI PRESBITERI PER L'INDIZIONE DELL'ANNO SACERDOTALE: RASSEGNA STAMPA

Su segnalazione della nostra Alessia leggiamo il seguente articolo spettacolare!
Fatemi largo...lasciatemi passare perche' devo andare a schiacciare un bel "5" sulla mano di Magister!
Questo si' che e' parlare chiaro soprattutto nei confronti dei vescovi austriaci e, in particolare, di uno di loro che passa per amico fidato del Papa.
Un "bravo" sincero a Magister.
La situazione dei vescovi cinesi e' diversa anche perche' spesso sono perseguitati al contrario dei loro colleghi austriaci che sembrano terrorizzati dai media e dall'opinione pubblica
.
R.

Austria e Cina. I vescovi con le pagelle peggiori

I capi delle diocesi austriache sono stati chiamati a rapporto dal papa, scontento per come lasciano correre ribellioni ed abusi. Mentre in Cina vi sono vescovi che ubbidiscono più al governo comunista che a Roma. Ma anche la diplomazia vaticana ha le sue colpe, dice il cardinale Zen

di Sandro Magister

ROMA, 19 giugno 2009

A fine mese i vescovi della Fraternità San Pio X ordineranno nuovi preti e la Santa Sede ha confermato che anche queste ordinazioni saranno considerate illegittime.
Ma i lefebvriani scismatici non sono i soli vescovi che preoccupano la Chiesa romana. Nei giorni scorsi si sono accesi i riflettori su due episcopati che per diversi motivi danno anch'essi filo da torcere: l'austriaco e il cinese.
Il 15 e 16 giugno sono scesi a Roma tutti i vescovi dell'Austria, chiamati a rapporto da Benedetto XVI.
Hanno incontrato a porte chiuse il papa e cinque capi di curia: i cardinali Giovanni Battista Re, della congregazione per i vescovi, William J. Levada, della congregazione per la dottrina della fede, Claudío Hummes, della congregazione per il clero, Zenon Grocholewski, della congregazione per l’educazione cattolica, Stanislaw Rylko, del pontificio consiglio per i laici. In più c'era il nunzio apostolico a Vienna, Peter Stephan Zurbriggen.
Il comunicato emesso al termine dell'incontro non l'ha detto, ma per due giorni filati i vescovi austriaci hanno subito severi rimproveri.
Papa Joseph Ratzinger conosce l'Austria molto da vicino. All'inizio del suo pontificato i vescovi austriaci furono tra i primi a recarsi da lui in udienza.
E il 5 novembre del 2005, a conclusione della visita "ad limina", il papa li strigliò per bene.
Li accusò di tacere punti importanti della dottrina e della morale cristiana per paura di proteste e derisioni.
Li esortò a prendere in mano, finalmente, il catechismo e ad insegnarlo per intero. Ingiunse loro, letteralmente, di "cambiare rotta".
Dopo più di tre anni, evidentemente, l'impressione di Benedetto XVI è che i vescovi austriaci si siano ravveduti poco o nulla.
Una prova è anche ciò che è accaduto nei mesi scorsi nella diocesi di Linz.
Come vescovo ausiliare di questa diocesi il papa aveva nominato il 31 gennaio un parroco del luogo, Gerhard Maria Wagner, 54 anni, con fama di conservatore. Immediatamente esplose la protesta dell'opinione cattolica progressista, che rinfacciò al designato il triplo misfatto d'aver equiparato anni addietro lo tsunami dell'Asia e il ciclone di New Orleans a "punizioni divine", e la saga di Harry Potter a macchinazione diabolica. Da queste risibili accuse si arrivò rapidamente a esigere la revoca della nomina.
Il brutto, agli occhi di Roma, era che i vescovi austriaci si guardarono bene dal difendere la nomina di Wagner, e così larga parte del clero.
Anche l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, si accodò all'onda.
La pressione fu tale che Roma cedette. Il 2 marzo un laconico comunicato vaticano rese noto che il papa aveva "dispensato" Wagner "dall’accettare l’ufficio di vescovo ausiliare di Linz". Botto finale: uno dei capi della rivolta antiromana, Josef Friedl, prete di punta della diocesi di Linz, nel dichiarare vittoria rivelò anche di convivere con una compagna e di non tenere in alcun conto l’obbligo del celibato, con l’approvazione dei suoi parrocchiani e di altri preti austriaci, anch’essi concubini, e con la tolleranza dei vescovi.
Ma il caso Wagner era solo la cima di un più generale malessere. Il comunicato finale dell'incontro del 15-16 giugno ha elencato una serie nutrita di punti critici, riguardanti la dottrina, l'azione pastorale, l'insegnamento del catechismo, il clero, i seminari, le facoltà teologiche.
Su questo sfondo, appare ancor più vistoso il contrasto tra la timidezza con cui i vescovi austriaci governano le rispettive diocesi e, contemporaneamente, il loro pratico accedere all'orgogliosa pretesa che sia l'opinione pubblica a designare i nuovi vescovi o a porre il veto su quelli nominati da Roma.
Un altro vistoso contrasto riguarda il numero uno dei vescovi austriaci, il cardinale Schönborn.
Passa per amico fidato di papa Ratzinger, ma in patria lascia libero campo alle correnti antiromane. Tra febbraio e marzo, all'apice della polemica contro la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, i vescovi austriaci furono tra quelli che meno si spesero nel difendere il papa. Il vescovo di Salisburgo, Alois Kothgasser, sentenziò che con Benedetto XVI la Chiesa "si sta riducendo a una setta".
Nell'incontro del 15-16 giugno il papa ha cercato di riportare i vescovi austriaci all'ordine, come si intuisce da questo passaggio del comunicato finale:

"Il Santo Padre ha richiamato l’urgenza dell’approfondimento della fede e della fedeltà integrale al Concilio Vaticano II e al magistero post-conciliare della Chiesa, e del rinnovamento della catechesi alla luce del Catechismo della Chiesa Cattolica".

Quanto al clero concubino, valgono per l'Austria le norme generali, di maggiore severità, stabilite dal papa lo scorso 30 gennaio. Quando un prete convive con una donna e continua a svolgere il suo ministero, la congregazione vaticana per il clero ha l'autorità di dimetterlo dallo stato clericale.

***

Il caso dei vescovi cinesi è più complicato. Qui la gerarchia è divisa tra un ramo ufficiale, riconosciuto dal governo di Pechino, e un ramo clandestino, privo di tale riconoscimento.
Questo secondo ramo è fedelissimo al papa. Mentre quello ufficiale, con i vescovi designati per via politica, è stato creato dalle autorità comuniste proprio con la finalità di separarlo dall'obbedienza a Roma.
Negli anni passati, molti vescovi ufficiali si sono rappacificati col papa, col tacito assenso del governo. Nel 2007 Benedetto XVI, con una lettera aperta ai cattolici cinesi, ha detto a tutti come procedere per sanare del tutto la spaccatura e portare l'intera Chiesa cinese alla comunione piena con Roma.
Ultimamente, però, le autorità cinesi hanno rilanciato la politica della separazione. E diversi vescovi ufficiali hanno ceduto alle pressioni.
Il cardinale Joseph Zen Zekiun, vescovo emerito di Hong Kong, fotografa così l'attuale fase, in un'ampia intervista del 16 giugno ad "Asia News":

"La svolta verso la chiarezza non c'è stata. Anzi, a me sembra che si stia scivolando in modo preoccupante lungo la china del compromesso. L’episodio più inquietante di questo continuo compromesso, che va contro le indicazioni del papa, è la celebrazione del cinquantesimo anniversario delle prime consacrazioni episcopali illegittime. Se, come temo, tale celebrazione, prevista entro il 2009, riuscisse ad ottenere grande partecipazione di vescovi e di preti, sarebbe la fine. Sarebbe il completo spreco di tutti gli sforzi fatti negli anni precedenti e un insulto al Santo Padre. Si, sarebbe proprio come dare uno schiaffo a lui, perché sarebbe come ignorare completamente la sua lettera ai cattolici cinesi".

Ma il cardinale Zen dice anche dell'altro, nella stessa intervista:

"Certamente in Cina hanno fatto di tutto per oscurare la lettera del papa. Ma io penso che anche da parte della Santa Sede si sarebbe dovuto dare più sostegno alla lettera. La Santa Sede avrebbe dovuto seguire di più il papa lungo la linea della chiarezza. A me sembra che ciò non sia avvenuto".

Lo scorso 30 marzo si è riunita per due giorni, in Vaticano, la commissione che Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni relative alla vita della Chiesa cattolica in Cina. Fanno parte di detta commissione i capi dei dicasteri della curia romana competenti in materia e alcuni rappresentanti dell'episcopato cinese e di congregazioni religiose.

Il cardinale Zen, che ha partecipato a questa riunione e anche a una precedente del 10-12 marzo 2008, ritiene che la segreteria di Stato vaticana ceda a compromessi con le autorità cinesi, perché punta soprattutto a riallacciare le relazioni diplomatiche:

"Le relazioni diplomatiche da sole non aggiustano tutto. Anzi, possono ingannare, perché possono dare la falsa impressione che esista la libertà religiosa. La cosa più importante è la libertà religiosa, e certamente essa può essere facilitata dalle relazioni diplomatiche. Ma non è sempre vero che quando ci sia l’una ci sia necessariamente anche l’altra. Oltre tutto, in questo momento la possibilità che la Cina instauri relazioni diplomatiche col Vaticano sembra meno probabile perché le relazioni tra Pechino e Taiwan sono notevolmente migliorate".

Come dunque c'è divisione tra i vescovi cinesi, nel loro rapportarsi a Roma, così anche la politica vaticana appare divisa. Da una parte c'è la linea del cardinale Zen, dall'altra quella della segreteria di Stato.
Questa seconda divisione si riflette anche nelle riviste cattoliche specializzate. L'agenzia "Asia News" del Pontificio Istituto Missioni Estere è col cardinale Zen. Il mensile internazionale "30 Giorni", diretto dall'ex capo del governo italiano e ministro degli esteri Giulio Andreotti, è con la segreteria di Stato.

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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Peccato che l'attegiamento prudente e non polemico di Schönborn non è ben capito. Vi assicuro che fa un ottimo lavoro di fronte a una mafia e una dittatura.

Raffaella ha detto...

E' vero: non comprendo, non capisco e sono molto delusa.
Se il Papa fosse "prudente" vivrebbe di lodi e Scalfari andrebbe ad intervistarlo.
Se Cristo fosse stato "prudente" non avrebbe adempiuto il Volere del Padre.
C'e' un tempo per la diplomazia e un tempo per la parola chiara, retta e, se necessario, dura.
R.

Anonimo ha detto...

La Chiesa cerca il dialogo con gli integristi. Si deve cercare di essere mito davanti loro, ascoltare, pensare, e la Santa Sede, il Papa a tolto la scomunica e ha fatto bene. Ma loro attegiamenti mi fanno soffrire. Schönborn parla anche con i progessisti sanza condividere tutto. Ache loro mi fanno soffrire. E lo stesso attegiamento verso gli uni e gli altri.

Raffaella ha detto...

Mah...tenta di parlare con tutti, ma non dice una parola al vescovo di Salisburgo che accusa il Papa di volere ridurre la Chiesa ad una setta.
R.

euge ha detto...

E' sempre comodo stare con il piede in due scarpe! Ma, su certe cose la chiarezza e la determinazione sono indispensabili.
Onestamente, devo dire anch'io sono rimasta profondamente delusa dalla condotta dell'Arcivescovo di Vienna; vorrei ricordare che dialogare non significa cedere alle pressioni da qualunque parte provengano.

Anonimo ha detto...

Ma chi è Sandro Magister? è forse un vescovo? chi siamo noi per esprimere opinioni su realtà ecclesiali che non conosciamo? Vi ricordo che A DIFFERENZA dei lefreviani, IL SIGNOR CARDINALE, ARCIVESCOVO DI VIENNA, è stato ordinato tale SIA VALIDAMENTE CHE LEGITTIMAMENTE. Inoltre, è evidente a tutti che Cristo Gesù che era innocente , Primo martire della storia e quindi Primo vescovo, stando sulla Croce non ha rimproverato nessuno ! Nemmeno Pietro (suo primo “fratello nell’episcopato”) che Lo aveva tradito ! e su quel materiale umano Gesù ha fondato la Sua Chiesa! Ricordate che la Chiesa appartiene a Cristo che è Signore della storia, non alle opinioni di Scalfari, Magister o alle vostre. Un padre spirituale non agisce da solo, appoggiandosi solo sulle proprie intuizioni, in un padre spirituale riecheggia la Chiesa TUTTA. Perciò un pastore non può che orientare alla comunità, all’ecclesialità: è proprio questa la differenza tra un leader e un padre spirituale. Il pastore non è orientato a sé, alla sua teologia o saggezza (Giovanni Paolo II) ma tiene lo sguardo rivolto verso Dio a cui tutto appartiene e dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome (Efesini 3:15). ALTRIMENTI Facciamo tutti un grande scisma: i lefebvriani da una parte, i tedeschi dall'altra, il vaticano al centro, e se Cristo (nelle Scritture o nell'ultimo giorno) ha da dire “qualcosina”, che facciamo? Lo scomunichiamo in latino ?! Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furuno di Cristo Gesù!

Anonimo ha detto...

massì tolleriamo tutto.
facciamo gli gnorri e voltiamoci dall'altra parte pur di non vedere quello che ci è sotto il naso.