giovedì 18 giugno 2009

Il Papa ai sacerdoti: vivere il celibato è possibile in comunione (Izzo)


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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

PAPA A SACERDOTI: VIVERE CELIBATO E' POSSIBILE IN COMUNIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 giu.

"Il ministero ordinato ha una radicale 'forma comunitaria' e puo' essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro vescovo".
Lo riafferma Bendetto XVI nella Lettera ai sacerdoti di tutto il mondo pubblicata oggi, alla vigilia dell'apertura dell'Anno Sacerdotale.
"Solo cosi' - spiega - i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunita' cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo.
Per il Papa, "occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio vescovo, basata sul sacramento dell'Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternita' sacerdotale effettiva ed affettiva".
Ai preti di oggi il Papa indica l'esempio del santo Curato d'Ars, San Giovanni Maria Vianney, che "seppe vivere i 'consigli evangelici' nelle modalita' adatte alla sua condizione di presbitero".
La sua castita', rileva il Pontefice nella Lettera resa nota oggi, "era quella richiesta a un prete per il suo ministero.
Si puo' dire che era la castita' conveniente a chi deve toccare abitualmente l'Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli". Ai sacerdoti, proprio citando il Curato d'Ars, il Papa ricorda che "non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n'e' una sola: servirlo come lui vuole essere servito". "La regola d'oro per una vita obbediente - scrive - gli sembrava questa: "Fare solo cio' che puo' essere offerto al buon Dio". "La sua poverta' - continua il Papa - non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini piu' facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carita'), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua 'Providence' alle sue famiglie piu' disagiate. Percio' egli era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso e spiegava: 'Il mio segreto e' semplice: dare tutto e non conservare niente'".
Mentre "anche l'obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. E' noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire 'a piangere la sua povera vita, in solitudine'.
E solo l'obbedienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restare al suo posto".

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