giovedì 18 giugno 2009

Giovanni Maria Vian sulla lettera del Papa: un testo che Benedetto XVI indirizza ai sacerdoti come fratello a fratelli (Osservatore Romano)


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Testimoni di Dio

La necessità permanente di riforma della Chiesa è alla radice e sullo sfondo della lettera che il Papa ha scritto ai suoi preti per l'inizio dell'Anno sacerdotale, che s'intreccia con la conclusione di quello dedicato a san Paolo.
E proprio perché Ecclesia semper reformanda, secondo l'antica espressione della tradizione cristiana, anche i sacerdoti cattolici devono rinnovarsi interiormente.
A questo vuole contribuire il testo che Benedetto XVI, come fratello a fratelli, indirizza a tutti i preti del mondo. Rileggendo a centocinquant'anni dalla morte l'itinerario del cuore di Jean-Marie Vianney, quel "curato d'Ars" che ottant'anni fa fu proclamato patrono dei parroci da Pio xi - il Papa che quattro anni prima l'aveva canonizzato - e che per molti cattolici resta ancora un modello ideale di prete, sia pure un po' sbiadito dal trascorrere inesorabile del tempo.
Nella Francia profonda, prima sconvolta dalla bufera rivoluzionaria e poi desertificata spiritualmente dall'avversione anticristiana, trascorre tutta la vita di quel giovane parroco di campagna che si sentì affidare dal suo vescovo una missione tanto difficile quanto toccante, come ricorda il testo papale: "Non c'è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete".
E questo resta l'essenziale, come Benedetto XVI con insistenza ricorda.
Si sente ripetere che oggi i preti non vanno di moda, almeno nelle società secolarizzate del benessere, e che il loro mestiere non è popolare. Forse è vero, come sono vere le sconsolate riflessioni sul materialismo pratico e sulla scristianizzazione dilagante in Paesi anticamente cristiani. Ma quando si sono avute situazioni nella sostanza davvero diverse?
Anche dal punto di vista della pratica religiosa cattolica, i tempi sono sempre stati difficili, come traspare da un cenno della lettera del Papa - "la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni".
Nonostante tutto, Benedetto XVI parla del sacerdozio "con tenerezza e riconoscenza" per le fatiche dei preti "amici di Cristo", e porta tuttora nel cuore il ricordo del primo parroco di cui fu collaboratore.
Al punto che l'infedeltà rimbombante e rilanciata di pochi è un peso, certo vergognoso, ma infinitamente meno importante delle miriadi di sacerdoti che giorno dopo giorno - magari sofferenti e incompresi, spesso offesi e impediti o addirittura perseguitati e uccisi - sono nel mondo testimoni di Cristo insieme a tanti altri loro fratelli religiosi e laici.
Testimoni di un Dio incarnato che colpiscono e affascinano l'uomo contemporaneo. Forse perché sono segni di un mondo diverso.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 19 giugno 2009)

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