giovedì 18 giugno 2009
Vian rivisita la leggenda nera di Papa Pacelli (Galeazzi)
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VIAN RIVISITA LA LEGGENDA NERA DI PAPA PACELLI
GIACOMO GALEAZZI
Furono le contrapposizioni esasperate della seconda guerra mondiale e del dopoguerra, ancora vive ai tempi del Concilio, a distorcere l’immagine di Pio XII e ad oscurarne i veri intenti. Anche la gratitudine degli ebrei salvati dal Papa è stata ignorata dagli storici degli ultimi decenni perché «Pacelli si oppose al tentativo di egemonia dei comunisti», sostiene Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore romano e curatore di In difesa di Pio XII. Le ragioni della storia (Marsilio, 167 pagine, 13 euro). «La linea assunta negli anni del conflitto dal Papa e dalla Santa Sede, avversa ai totalitarismi ma tradizionalmente neutrale nei fatti fu invece favorevole all’alleanza antihitleriana e si caratterizzò per uno sforzo umanitario senza precedenti, che salvò moltissime vite umane», precisa Vian. Senza dubbio Eugenio Pacelli è stato il Pontefice più controverso del Novecento. Alla «venerabile memoria» riconosciutagli da contemporanei e successori, dagli Anni Sessanta si è andata gradatamente sostituendo la «leggenda nera» di Pio XII che rende ancora oggi difficile lo svolgimento di un normale dibattito storiografico. Mentre è in corso la causa per la sua beatificazione, si è riaccesa aspra la polemica sul suo pontificato e sulla linea di condotta tenuta durante la seconda guerra mondiale, di fronte alla Shoah e negli anni della guerra fredda.
Attraverso gli interventi di storici e teologi, ebrei e cattolici, Vian raccoglie elementi per rifondare le interpretazioni del ruolo di Pio XII nella storia: gli anni da diplomatico della Santa Sede a Monaco e poi a Berlino, l’attività di segretario di Stato al fianco di Pio XI, l’elezione al soglio pontificio in un momento storico drammatico, il confronto con una modernità incalzante verso cui si pose come precursore del Concilio Vaticano II. «Per la sua linea anticomunista, già durante la guerra, Pacelli cominciò ad essere additato dai sovietici come complice del nazismo - spiega lo storico Vian -. Ci fu poi chi cavalcò le differenze tra lui e il successore, Giovanni XXIII, dipinto come “papa buono” in contrapposizione al predecessore. Contrapposizione che, sotto Paolo VI, fu favorita dalla polarizzazione dei contrasti, al tempo del Vaticano II, tra conservatori e progressisti, che trasformarono in simboli contrapposti i due papi scomparsi». A mezzo secolo dalla morte di Pio XII l’orizzonte storiografico sta lentamente cambiando, e interventi a favore del presunto «Papa dei silenzi» sono giunti anche da testimoni ed esponenti del mondo ebraico, come Paolo Mieli e Arrigo Levi. In difesa della figura di Pio XII e del suo impegno a favore degli ebrei vittime della Shoah emergono nuove testimonianze, anche di fonte ebraica, mentre al museo dello Yad Vashem, di cui Benedetto XVI ha recentemente visitato il memoriale, campeggia ancora una targa che lo accusa di aver taciuto di fronte alla Shoah. Nuove voci «a difesa» sono riportate nel libro senza appiattire alla seconda guerra mondiale un pontificato aperto alla modernità e capace di aprire la Chiesa all’epoca nuova del Concilio.
© Copyright La Stampa, 17 giugno 2009
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