mercoledì 17 giugno 2009
Card. Hummes: «Nell’Anno sacerdotale i preti tornino missionari» (Cardinale)
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GLI EVENTI DELLA FEDE
«Nell’Anno sacerdotale i preti tornino missionari»
Il cardinale Hummes: il mondo secolarizzato non ama la religione Affrontiamo le sfide dell’oggi e riaffermiamo il valore dei consacrati
Parla il prefetto della Congregazione per il Clero: il motivo ispiratore dell’indizione è dato dal 150° della morte di san Giovanni Maria Vianney, ma l’esigenza è stimolare ulteriormente la spiritualità
DI GIANNI CARDINALE
«L’ Anno sacerdotale è stata una felice intuizione di papa Benedetto XVI, a cui il nostro dicastero si è prontamente associato mettendosi a completa disposizione perché sia un periodo forte per il rinnovamento spirituale di tutto il clero e dell’intera Chiesa». Il cardinale brasiliano Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero – 74 anni, francescano, già arcivescovo di San Paolo –, è particolarmente soddisfatto per la buona recezione che l’iniziativa pontificia ha riscontrato nel mondo ecclesiale e anche nei mezzi di comunicazione sociale cattolici. Avvenire lo ha intervistato alla vigilia dalla solenne inaugurazione che sarà guidata venerdì dal Papa.
Eminenza, perché celebrare un Anno sacerdotale?
Il motivo occasionale è stato il 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, figura esemplare di sacerdote, che da molto tempo è patrono dei parroci e che probabilmente il Papa proclamerà patrono di tutti i sacerdoti. Ma c’è anche un motivo più profondo: l’esigenza di stimolare ulteriormente la spiritualità dei sacerdoti nel mondo d’oggi. Un mondo determinato da una cultura postmoderna, secolarizzata, relativista, laicista, che non ama la religione e che, anzi, vorrebbe relegarla nella sfera privata. E i sacerdoti di oggi devono vivere questa nuova situazione che forse è meno facile di quella di un tempo. E in questo quadro il sacerdote deve riscoprire il proprio ruolo missionario. Non si tratta infatti di demonizzare questa nuova cultura rimpiangendo un mondo che non c’è più o sognando un futuro che non esiste. Anche questa nostra cultura deve essere evangelizzata. È questo il tempo che ci è dato. Il motivo dell’Anno sacerdotale è quindi quello di aiutare i nostri sacerdoti ad affrontare le sfide che questo mondo pone. Ma c’è anche un altro motivo per cui è stato indetto.
Quale?
Negli ultimi anni la stampa mondiale ha dato un risalto veramente eccezionale ai delitti compiuti da sacerdoti, come la pedofilia e le debolezze riguardanti la mancata osservanza del celibato. Queste cose sono successe. E chi si è macchiato di crimini è giusto che venga sottoposto alla giustizia ecclesiastica e civile. Ossia deve essere giudicato e punito, secondo le leggi vigenti. Ma è bene ricordare che questi tristi casi riguardano una quota veramente minima dei sacerdoti. Veramente si tratta di qualche punto in percentuale, non di più. Mentre la stragrande maggioranza, la grandissima maggioranza, vive fedelmente il proprio ministero, svolgendo anche un servizio prezioso per la società in campi come l’educazione, l’assistenza, l’aiuto ai poveri. E questo bisogna dirlo ad alta voce. L’anno sacerdotale serve anche a questo. Rincuorare i sacerdoti e spronarli a continuare nel loro servizio per la Chiesa e per tutta l’umanità.
E come?
È sempre necessario che ogni sacerdote possa continuamente vivere l’incontro personale con Gesù Cristo, nella Parola di Dio e nell’Eucarestia. Solo così il sacerdote può affrontare le sfide del mondo e proporsi come testimone credibile del Vangelo. Per ottenere questa grazia, è sempre necessario pregare per i sacerdoti e con i sacerdoti. Altrettanto necessario è poi approfondire l’identità sacerdotale, che non è quella dei laici. I laici sono importantissimi, ma non possono sostituirsi ai sacerdoti.
Concretamente come lavorerà la Congregazione per questo Anno sacerdotale?
Sul nostro sito www.clerus.org metteremo a disposizione numerosi testi che possono essere di aiuto. È uno strumento davvero prezioso. I sacerdoti potranno trovarvi i tesori liturgici e patristici della Chiesa e anche contributi di esperti del mondo di oggi. Ma è importante che anche le Conferenze episcopali, le diocesi e le parrocchie non aspettino dall’alto documenti o indicazione, ma che localmente celebrino e sentano come proprio questo Anno sacerdotale.
Quali saranno i 'momenti forti'?
Certamente lo sarà l’inaugurazione, con i Vespri di venerdì. Un altro momento particolarmente solenne si avrà con la celebrazione di chiusura, nella solennità del Sacro Cuore del 2010. In quell’occasione si celebrerà qui a Roma un Incontro mondiale dei sacerdoti. Tra questi due appuntamenti vi saranno altre iniziative segnalate volta per volta.
È più grave la carenza di clero che si registra in non poche zone della cattolicità o la difficoltà che i sacerdoti a volte incontrano nel vivere il ministero?
I numeri sono importantissimi. Ci sono zone in cui si assiste a un drammatico calo del numero dei sacerdoti, come in Europa e nel mondo occidentale. Speriamo e preghiamo che il Signore non faccia mancare operai in queste parti della sua Vigna.
Ma più importante ancora è il modo in cui il sacerdote vive la propria condizione.
Nella stragrande maggioranza i sacerdoti sono contenti della loro vita. Ma non manca che vive difficoltà. È importante che i sacerdoti vivano gioiosamente il proprio ministero. Quando i sacerdoti sono felici, tutta la comunità lo avverte e anche le vocazioni possono fiorire più facilmente. Fermo restando che il Signore può suscitare – e suscita – chiamate alla vita sacerdotale anche nelle situazioni più difficili e impensate.
Recentemente sono state rese note nuove procedure per ridurre allo stato laicale i sacerdoti che, di fatto, abbandonano il sacerdozio.
È un fenomeno in crescita?
È un problema che risale agli anni successivi al Concilio. Al riguardo non abbiamo statistiche complete.
Questi ultimi provvedimenti non vogliono avere una connotazione punitiva, ma sono uno strumento di misericordia per riammettere a pieno titolo nel corpo ecclesiale quei sacerdoti che si sono allontanati dal loro ministero e che, per varie ragioni, non hanno chiesto la dispensa o la dimissione dallo stato clericale. Bisogna sempre ricordare che la legge suprema della Chiesa, anche nelle norme canoniche, è la salvezza delle anime, anche se da parte dei beneficiari dei provvedimenti da lei citati non c’è sempre una buona disposizione.
Come vede la situazione dei rapporti tra i vescovi e i sacerdoti?
Ritengo che la preoccupazione per il proprio clero debba essere una priorità assoluta di un vescovo. Perché un vescovo senza i suoi sacerdoti non può far molto, è come un uomo senza arti. La Chiesa cammina con i piedi dei sacerdoti. Sono loro in prima linea. Se si fermano, la Chiesa rallenta drammaticamente. Se sono debilitati spiritualmente, la Chiesa si indebolisce. Per questo tra vescovi e clero deve esservi una comunione affettiva ed effettiva. E il vescovo deve seguire con attenzione e premura paterna il proprio clero, e ogni singolo sacerdote personalmente.
E i laici come possono aiutare i sacerdoti?
I laici devono aiutare i propri sacerdoti umanamente e spiritualmente. Devono confortarli con la loro stima, con il loro affetto, con la loro considerazione, perché ad ogni uomo piace essere ben considerato dai suoi vicini. E i sacerdoti non sono superuomini. E poi i laici devono pregare per i propri sacerdoti, per la loro santificazione. Questo è importante anche per suscitare nuove vocazioni. Perché se in una parrocchia c’è un prete felice, allora i giovani vedono in lui un modello e la chiamata del Signore trova così un terreno più fertile per essere accolta.
© Copyright Avvenire, 17 giugno 2009
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