venerdì 7 agosto 2009

I concetti di «sviluppo» e «gratuità» nella «Caritas in veritate» di Benedetto XVI (Vincenzo Merlo)


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I concetti di «sviluppo» e «gratuità» nella «Caritas in veritate» di Benedetto XVI

di Vincenzo Merlo

La pubblicazione dell'enciclica sociale di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, rappresenta certamente un avvenimento, non solo per i cattolici, ma per tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'umanità, le sue problematiche, le sue ansie e le sue speranze.
Tanto più nell'attuale momento di crisi, non solo economica, che il mondo sta attraversando. Cerchiamo allora di tratteggiare sommariamente gli aspetti di maggiore rilevanza del documento papale.
Lo stretto raccordo con i capisaldi della dottrina sociale cattolica, e in particolare con la Populorum Progressio di Paolo VI, unitamente alla riproposizione dei concetti chiave di «sviluppo umano integrale», di giustizia distributiva e di giustizia sociale, soprattutto in relazione alla necessità di colmare attraverso il solidarismo cristiano gli squilibri tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo; la valorizzazione dell'esperienza del dono, della gratuità, che eleva l'uomo in ogni sua dimensione, inclusa quella squisitamente economica; la realistica accettazione dell'economia di mercato, non disgiunta da considerazioni circa l'insufficienza e i limiti insiti nella sua versione ideologicamente liberista, che deve essere da un lato rimodulata mediante un quadro più stringente di regole, di controlli condivisi, in grado di garantire la priorità della persona e del lavoratore, dall'altro integrata dagli apporti decisivi dell'economia di comunione, del mondo cooperativo, del non profit, della finanza etica, che consentano di andare oltre la mera logica del profitto e che permettano altresì di superare l'anacronistica contrapposizione Stato-Mercato; la necessità di superare la dicotomia tra la sfera economica e quella sociale, assicurando all'economia l'indispensabile guida dell'etica cristiana; la centralità della questione antropologica, e di tutte le sue implicazioni di bioetica - dalla procreazione, ai mali dell'aborto e dell'eutanasia - nella questione sociale; l'esigenza di una più ferma governance del fenomeno della globalizzazione, anche attraverso un auspicato riassetto delle organizzazioni internazionali, che devono essere in grado di fronteggiare tempestivamente anche le emergenze umanitarie; la rilevanza delle tematiche ambientali ed energetiche, da affrontare con nuovi stili di vita, improntati alla sobrietà e alla condivisione; l'indicazione dei rischi connessi alla pervasività della tecnocrazia, diventata essa stessa ideologia assolutistica, a cui bisogna anteporre la responsabilità morale dell'uomo: queste le peculiarità della Caritas in Veritate, promulgata da Papa Benedetto XVI il 29 giugno scorso.
Essa rappresenta uno scrigno prezioso, una bussola sicura per tutti gli uomini di buona volontà. Riproponendo la bontà dei temi fondanti della dottrina sociale cattolica, a partire dai concetti di solidarietà, sussidiarietà, bene comune e sacralità della vita, l'enciclica di Benedetto XVI tratta, tra le altre, le tematiche relative alla straordinaria attualità della Populorum Progressio, emanata da Paolo VI nel 1967, e quelle della gratuità del dono. Cerchiamo quindi di approfondire questi due aspetti.
Dell'enciclica di Papa Montini si vuole appunto, nel documento di Papa Ratzinger, prioritariamente riconoscere e sviluppare la preveggente lungimiranza, unitamente all'approfondimento della visione della Chiesa rispetto ai cambiamenti sociali che sono avvenuti nei quarantadue anni che separano le due encicliche. Paolo VI - scrive Benedetto XVI - ci insegna che la Chiesa opera nella carità «in tutto il suo essere e il suo agire». Ha un ruolo pubblico «che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza». Al centro della Populorum Progressio sta la nozione di sviluppo, che non è però un mero concetto economico. Al sostantivo «sviluppo» Paolo VI unisce infatti sempre l'aggettivo «integrale», per sottolineare che «l'autentico sviluppo dell'uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione», compresa la dimensione teologica e trascendente. «Senza la prospettiva di una vita eterna - è scritto nella Caritas in Veritate - il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro... Chiuso dentro la storia, esso è esposto al rischio di ridursi al solo incremento dell'avere». Così come non è garantito dalla sola economia, così lo sviluppo integrale non può essere assicurato dalla sola politica: «Le istituzioni da sole non bastano, perchè lo sviluppo umano integrale è anzitutto vocazione... Un tale sviluppo richiede, inoltre, una visione trascendente della persona, ha bisogno di Dio». Senza Dio, lo sviluppo viene negato, «cade nella presunzione dell'auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato».
L'altro tratto peculiare della Caritas in Veritate è rappresentato dalla valorizzazione del concetto di gratuità. E' sulla stupefacente esperienza del dono, della gratuità, che Papa Ratzinger ci invita a riflettere, quasi a volerci ricordare che la gratuità precede qualsiasi logica economica. «La carità nella verità - scrive Benedetto XVI - pone l'uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell'esistenza. L'essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza». Lo sviluppo, «se vuole essere autenticamente umano», deve invece «fare spazio al principio di gratuità». Proponendo la priorità del «ricevere sul fare», Papa Ratzinger sembra suggerirci che si può andare oltre la mera logica del profitto, e ciò mediante il riconoscimento dell'economia comune, vale a dire il variegato mondo del non profit, della finanza etica, del microcredito, dell'associazionismo cooperativistico.
Da rimarcare, infine, la nota conclusiva dell'enciclica, in cui il Papa rimarca che l'umanesimo cristiano, ravvivato dalla carità e guidato dalla verità, è «la maggiore forza a servizio dello sviluppo». Per questo - afferma - «l'umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano». E' l'amore di Dio che «ci dà il coraggio di operare e proseguire nella ricerca del bene di tutti». E' l'umanesimo aperto all'Assoluto - soggiunge - che promuove forme di vita sociale e civile, «salvaguardandoci dal rischio di cadere prigionieri delle mode del momento». Lo sviluppo - conclude il Papa - «ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera», di «amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace».

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