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Da "LA STAMPA" di mercoledì 3 giugno 2009
"Il confessore non è uno psicanalista"
Si allunga la lista dei peccati: droga, inquinamento, ricchezza eccessiva
GIACOMO GALEAZZI
CITTA` DEL VATICANO
«Il confessionale non è il lettino dello psicanalista, va recuperato il senso del peccato».
Per rilanciare il sacramento in crisi, Benedetto XVI punta su un «vademecum» destinato ai confessori e ai direttori spirituali.
«La pubblicazione avverrà nel contesto dell`Anno Sacerdotale che il Pontefice aprirà a San Pietro il 19 giugno - annuncia l`arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero -. La confessione trova la sua premessa nel senso del peccato e nella riconciliazione che da questo nasce. Nulla a che vedere con il lettino di uno psicologo e di uno psichiatra». La Penitenzieria Apostolica (il dicastero vaticano delle confessioni), lancia l`allarme per la crisi del sacramento: il 30% dei fedeli non ritiene necessari i confessori, il 10% li considera un impedimento al dialogo con Dio, il 20% ha difficoltà a parlare di propri peccati.
La Penitenzieria ha appena allungato la lista dei peccati mortali, aggiungendo «le manipolazioni genetiche, gli esperimenti sulla persona, l`inquinamento ambientale, la droga, l`ingiustizia sociale, le sperequazioni sociali, causare povertà, la ricchezza eccessiva».
Secondo i dati dell`Università Cattolica in Italia solo quattro cattolici su dieci si confessano.
Inoltre, uomini e donne peccano in modo diverso».
«Per gli uomini il peccato più difficile da fronteggiare è quello della lussuria, poi gola, accidia, ira, vanagloria, invidia e avarizia, mentre per le donne il più pericoloso è la vanagloria e a seguire l`invidia, l`ira, la lussuria, la gola e l`accidia», evidenzia il teologo della Casa Pontificia, padre Wojciech Giertych, secondo il quale «quando si, guarda ai vizi capitali (dal punto di vista della difficoltà che creano) si vede che gli uomini li sperimentano in modo diverso dalle donne».
© Copyright La Stampa, 3 giugno 2009 consultabile online anche qui.
1 commento:
La ricchezza eccessiva è adesso diventata di per sé un peccato - nelle parole dell'arcivescovo infatti c'è la virgola - ? E chi giudica poi "quanto" si debba essere ricchi? Qual è il tasso accettabile di ricchezza?
Ancora una volta, forse, emerge il vecchio pauperismo in salsa marxisteggiante delle antiche eresie?
Ma forse si intende la troppa ricchezza derivante da speculazioni ingiuste, l'avarizia e la cupidigia dei beni materiali...
Il discorso appare comunque vago e politicamente corretto.
Lu 12,15: "Gesù disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è
nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni».
Quindi, non importa quanto si è ricchi, a prescindere dal pericolo insito nella ricchezza.
Poi, se le percentuali che allarmano il clero sono veramente quelle ( e c'è da dubitarne seriamente per difetto) ci sarebbe da gioire. Solo il 30%, laddove dei frequentanti regolarmente la Messa solo una piccola parte ha ben chiara la natura della liturgia e della fede cattoliche.
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