mercoledì 25 febbraio 2009

Il vaticanista collettivo che fa dire ai vescovi solo quello che i lettori di Repubblica sanno già

Su segnalazione di Alessia leggiamo:

La Chiesa. O no?

Politi il vaticanista collettivo che fa dire ai vescovi solo quello che i lettori di Rep. sanno già

di Maurizio Crippa

su Il Foglio

Il film già visto, sequenza per sequenza, inquadratura per inquadratura, di come il giornalista collettivo, più ancora che il pensiero corrente, vede e racconta la chiesa: coupe de théatre, dialoghi strappalacrime e trucchetti (un po' vili) di regia inclusi. Trecentosessanta e passa pagine, se si vuole scrivere un pamphlet polemico e preconcetto (Marco Politi, "La Chiesa del no", Mondadori, 365 pp., 19 euro) sono davvero un po' troppe: rischiano di risultare indigeste anche per i più volenterosi. Soprattutto se non ci si imbatte mai nella sorpresa di un contraddittorio, di un punto di vista diverso da quello del narratore e della blindatissima lista di testimoni. Dal vaticanista di Repubblica, un po' di laicissimo gusto in più per il dibattito si poteva sperarlo. Marco Politi però non si spaventa davati a niente. Fa un libro che ha per sottotitolo "Indagine sugli italiani e la libertà di coscienza". Buon tema, poteva essere un'inchiesta stimolante. Invece l'autorevole vaticanista, che ben conosce la materia e i protagonisti e potrebbe cavarne il succo di un dibattito reale e sottile, enuncia pigramente la sua tesi già nell'introduzione balneare, datata da Creta: "Gli italiani chiedono testimonianza, non comandi dal pulpito... la verità è che la chiesa ha paura di una società in cui è esplosa la soggettività di massa" e parte per un percorso che a modo suo si pretende edificante, epperò falsato.
L'aborto? Raccontato attraverso la minacciosa epopea della moratoria e la demonizzazione delle posizioni pro life. La deriva eugenetica, le politiche abortiste mondiali? Un dibattito nemmeno preso in considerazione. Le coppie gay? L'autorevoe punto di vista è affidato a una chiacchierata con Lino Banfi, promosso sul campo a cattolico del dissenso per aver interpretato un telefilm che non è piaciuto alla Cei. Eutanasia, testamento biologico? La parola è al caso Welby, a Ignazio Marino (fra i più citati). Fede e omosessualità? Li spiega il sacerdote di Pinerolo che le coppie omosessuali le sposa in chiesa. Inseminazione artificiale? Ecco pronto il caso limite, la storia drammatica cui ovviamente fanno da contraltare i dettami di una chiesa sorda e dura. Col contorno di bravi cattolici che però "non vado in chiesa perché i dogmi e i riti mi dicono poco. Però rifletto molto sugli eventi".
Un canovaccio troppo facile, senza contraddittorio, in cui spuntano pure reperti archeologici come Giovanni Franzoni, ma non una voce felice di concordare con i suoi pastori. Il gioco continua anche quando Politi passa ad affrontare tematiche più generali, come l'atteggiamento dell'episcopato italiano verso la politica o la sua stessa organizzazione interna. La voce guida, in questo caso, diventa quella di monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo emerito di Pisa e a lungo vicepresidente della Cei, ma anche uomo di chiesa che evangelicamente a Politi confessa che " mi fa veramente rivoltare lo stomaco" il fatto che sul caso della Sapienza ci siano stati dei laici scesi in campo per difendere il Papa: "Non mi fido e ho la sensazione che sia dietro un disegno di potere".

Ossessione neocon e omissione Montini

Il "disegno di potere", il "cristianesimo come religione civile dell'occidente", è ovviamente quello dei "teocon" e degli "atei devoti", in combutta con le forze più oscure della chiesa impaurita. Una vera ossessione per Politi, che invece avrebbe potuto affrontare con qualche sfaccettatura e qualche laico dubbio in più il gran tema del rapporto tra la fede e la ragione secolare. Ma invece che un problema culturale, "i teocon" sono per Politi quasi un tic linguistico, al pari di altri tic del linguaggio giornalistico corrivo, per cui è tutto una chiesa che "cannoneggia" "attacca" "bolla", pronuncia diktat.
Poteva discutere di parecchi argomenti che pure sono presenti e spinosi nel travagliato momento della chiesa italiana (di quella, in realtà, ci si limita a parlare: ed è già questo un limite prospettico. Ad esempio del "grande freddo" (Garelli) che ha gelato il laicato in era ruiniana. O della dialettica tra continuità e cambiamento presente nel passaggio tra l'attuale pontificato e il precedente. Invece Politi si limita a riproiettare la fiction del "blocco conservatore" che ha eletto Benedetto XVI e della progressiva involuzione del teologo sottile in arcigno pastore tedesco.
E' bizzarro che, in un libro intitolato alla coscienza e per due terzi dedicato a temi bioetici, Paolo VI sia citato solo per fargli dire che "dobbiamo avere grande simpatia per il mondo", ma che l'Humanae Vitae" non compaia mai se non nell'appendice, in cui Politi riporta la sua lunga conversazione con il cardinal Ratzinger del 2004. E in cui è proprio il Custode della fede a spiegare a Politi la centralità di quell'enciclica rispetto alla "rivoluzione antropologica di grandissime dimensioni" avvenuta attorno alla pillola contraccettiva, e quanto Papa Montini avesse "indicato un problema di grandissima attualità".
Presa da dove la inizia Ratzinger - ma a pagina 333 del libro - tutta l'indagine sul presunto irrigidimento e arretramento della chiesa sul tema della libertà di coscienza sarebbe stata molto, molto più interessante.

© Copyright Il Foglio, 25 febbraio 2009 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

no comment