sabato 28 febbraio 2009

Traduzione in italiano dell'intervista di "Le Courrier" a Mons. Fellay (Messainlatino)


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Grazie al prezioso lavoro della redazione di "Messainlatino.it" possiamo leggere la traduzione in italiano del testo AUTENTICO dell'intervista a Mons. Fellay.
R.

La Fraternità S. Pio X non sarebbe pronta a riconoscere tout court il Concilio Vaticano II

di RACHAD ARMANIOS

(Traduzione nostra)

Polemica – Il Vaticano esige il riconoscimento del Concilio per reintegrare i lefebvriani. E’ “mettere il carro davanti ai buoi”, denuncia Mons. Fellay

La revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale S. Pio X (FSSPX) non significa “integrazione” nella Chiesa, ma è una porta aperta per il dialogo, aveva precisato la Segreteria di Stato, il 4 febbraio, in reazione alla polemica nata dalle affermazioni negazionisti che di uno dei prelati riabilitati, Mons. R. Williamson (che è appena rientrato in Gran Bretagna). Ora, Roma pone come condizione di questa infrazione il “pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II”, come quello “del magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Gian Paolo I, Gian Paolo II e di Benedetto XVI stesso”.

Nessun problema sul secondo punto, ma la Fraternità scismatica insiste sulle sue posizioni per quel che concerne la sua denuncia violenta contro il Concilio, in nome della sua battaglia per la “restaurazione della tradizione”. Secondo la Fraternità, gli incontri, in vista del dialogo, non sono ancora stati fissati, ma le due parti vi stanno lavorando.
Intervista con il superiore della FSSPX, mons. B. Fellay, successore del vescovo Lefebvre.

La condizione posta da Roma per una reintegrazione della Fraternità nella Chiesa è il riconoscimento del Concilio Vaticano II. La Fraternità è pronta a fare questo passo?

No. Il Vaticano ha riconosciuto la necessità di intrattenere preliminari con lo scopo di trattare delle questioni di fondo provenienti giustamente dal Concilio Vaticano II. Fare del riconoscimento del Concilio una condisione preliminare è come mettere il carro davanti ai buoi.

Voi avete dichiarato, durante i rapporti con le autorità romane in vista di una reintegrazione, di volere pervenire ad una restaurazione solida della Chiesa. La Vostra speranza è dunque che la Chiesa ritorni sui suoi passi rispetto ai traguardi del Vaticano II?

Sì. Perché questi traguardi sono delle clamorose perdite: i frutti del Concilio sono stati di vuotare i seminari, i noviziati e le chiese. Migliaia di preti hanno abbandonati il loro sacerdozio e milioni di fedeli hanno cessato di praticare o si sono rivolti a sette. Il credo dei fedeli è stato snaturato. Veramente sono degli strani traguardi.

A questo propostio la Fraternità è sempre ostile alla libertà di coscienza in materia di reglione, all’ecumenismo e al dialogo interreligioso?

E’ indubbio che l’adesione ad una religione necessiti un atto libero. Dunque, molto sovente quando si dice che la Fraternità è contro la libertà di coscienza in materia di religione, si attribuisce alla Fraternità una teoria che essa non ha. La coscienza è l’ultimo giudizio sulla bontà delle nostre azioni. E in questo senso nessuno può agire contro la propria coscienza senza peccare. Resta che la coscienza non è un assoluto: essa dipende dal bene e dal vero oggettivi e che tutti gli uomini hanno, quindi, il dovere di formare e di educare correttamente la propria coscienza. Così come la Chiesa è responsabile e deve illuminare e guidare le nostre intelligenze limitate e spesso ottenebrate. Per quel che concerne l’ecumenismo o il dialogo interreligioso, tutto dipende da cosa si intende con questi nomi. Regna una grande confusione nello spirito di questi vocaboli. Molto evidentemente, come tutti gli uomini e per il bene della società noi ci auguriamo di vivere in pace con tutti gli uomini, tutti insieme. Sotto il profilo religioso noi ci auguriamo di rispondere ardentemente al desiderio di Nostro Signore: “Che tutti siano uno”, affinché ci sia “un solo gregge e un solo pastore”. Se per ecumenismo si intende il perseguimento di questo scoto nobilissimo, noi siamo evidentemente d’accordo.
Se, al contrario, si intende un cammino che non cerchi questa unità fondamentale, unità che passi obbligatoriamente per un riconoscimento della Verità – di cui la Chiesa Cattolica si dice tutt’oggi la sola detentrice nella sua integralità – allora noi protestiamo.
Di fatto, si vede che attualmente l’ecumenismo resta ad un livello molto superficiale d’intenti e di vita nella società, senza però andare al fondo delle cose.

Di quale statuto in seno alla Chiesa la Fraternità potrebbe beneficare?

Si vedrà se le discussioni dottrinali sfoceranno in qualche cosa di positivo. A Dio piacendo.

da "Messainlatino.it"

(Testo originale, in francese, clicca qui)

1 commento:

euge ha detto...

Ho letto questa traduzione dal francese e sinceramente trovo il pezzo che riguarda il fatto che molti fedeli hanno preferito riversare le loro attenzioni verso lem sette piuttosto che verso la chiesa. E' chiaro che di questo, non si possono incolpare i documenti oppure il Conclio Vaticano II stesso ma, è innegabile che forse la colpa è dell'interpretazione che ne è stata data. In effetti, molti oggi preferiscono rivolgersi a maghi, santoni, finti garitori, piuttosto che ad una sana pratica della nostra religione. Le nostre nonne, quando si trovavano in necessità, invocavano la vicinanza di Dio o della Vergine Maria ora ci si rivolge all'oroscopo, alle cartomanti, alle chiromanti e ai santoni di cui sopra, che ti illudono con mezzi poco ortodossi, di cambiarti l'esistenza, di liberarti dai malocchi e via dicendo. Personalmente, anch'io di questo atteggiamento ho spesso incolpato lo scarso interesse o in certi casi il totale disinteresse della chiesa. Sinceramente, giudico più medievali questi comportamenti che non quelli che ricorrono ad una sana preghiera oppure quando ce ne sono i presupposti all'intervento di un esorcista ma, di un esorcista vero....... non certo della maschera Milingo.