giovedì 26 marzo 2009

Padre Pizzaballa: «Il Papa in Terra Santa rilancerà il dialogo» (Persiani)


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«Il Papa in Terra Santa rilancerà il dialogo»

Parla padre Pizzaballa: la visita di Benedetto XVI a maggio avrà un forte significato anche per ebrei e musulmani
«Dopo la guerra sono ripresi i pellegrinaggi e le comunità si stanno rialzando, ma a Gaza la situazione resta difficile»


nostro servizio

Gabriella Persiani

MILANO

Attesa e speranza. È con questo stato d'animo che la Terra Santa si prepara all'evento spirituale e allo stesso tempo politico dell'anno: la visita del Pontefice dall'8 al 15 maggio; uno storico pellegrinaggio che condurrà Papa Benedetto XVI a Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e Amman. A parlarcene è padre Pierbattista Pizzaballa, il francescano bergamasco dal 2004 custode di Terra Santa dell'Ordine generale dei frati minori. Il suo impegno nella ricerca di pace e dialogo tra cristiani, musulmani ed ebrei che vivono in quella cruciale regione lo ha portato in questi giorni a Milano ed è nel capoluogo lombardo che lo incontriamo.

«L'augurio è che con il Santo Padre ci si possa abbracciare - afferma padre Pizzaballa - e che questo abbraccio sia un segno forte non solo per la Terra Santa, ma per tutto il mondo che guarda a quella terra».

Fervono dunque i preparativi per questo importante avvenimento.

«Sul versante pratico è in corso in questi ultimi mesi un vero e proprio tour de force per la preparazione anche tecnica dell'accoglienza al Santo Padre, perché non manca tantissimo tempo al suo arrivo, mentre le complicazioni sono numerose per via degli aspetti internazionali e interreligiosi che questa visita andrà a toccare. Nel frattempo nella piccola comunità dei cristiani ferve la preparazione spirituale e pastorale, grazie a strumenti quali la lettera dei vescovi e la preghiera corale affinché la visita pontificia abbia un buon fine e raccolga un grosso successo sotto tutti i punti di vista».

Quali sono le attese riposte nell'arrivo del Papa, non solo tra i cristiani?

«Le attese, com'è immaginabile, sono tante, molteplici. La visita del Papa è letta dai cristiani di Terra Santa come un gesto di incoraggiamento. Di per sé la visita è importante perché ha un significato molto forte di vicinanza e di solidarietà con la nostra comunità. Ma c'è grande attesa anche da parte islamica ed ebraica per i discorsi che il Papa pronuncerà. In ogni caso anche per musulmani ed ebrei si tratta di un gesto di vicinanza concreto e tangibile, che, alla luce delle ultime polemiche, acquista maggiore forza».

Questo viaggio potrebbe essere un tassello in più nel processo di pace che con fatica si cerca di attuare?

«Sicuramente sarà una tappa importante, anche se non credo che la pace scoppierà così facilmente. Certamente però il Santo Padre sarà una voce alta di riferimento per tutti».

Quali sono, in particolare, le difficoltà incontrate nella preparazione del pellegrinaggio papale?

«Bisogna tenere conto di aspetti politici e religiosi. Ci sono molte autorità religiose in Terra Santa, quindi le visite devono essere equilibrate in modo da non fare torti. Non dimentichiamo, poi, gli ostacoli tecnici degli spostamenti nel passaggio tra Israele e Palestina e viceversa. Insomma, problemi di protocollo che assorbono tante energie».

Il programma del viaggio è in fieri, ma si parla tanto della tappa nelle moschee...

«Il Papa a Gerusalemme non andrà nella moschea Al-Aqsa, che sorge nel punto dell'ascensione al cielo di Maometto, ma anche dove si ergeva il Sancta Sanctorum, il tempio ebraico dell'Arca dell'Alleanza distrutto nel 70 d.C., ma alla Cupola della Roccia, il più noto e importante santuario di tutto il mondo islamico. Qui avverrà l'incontro con le autorità islamiche».

Che situazione troverà il Papa?

«Ci si sta risollevando dopo la crisi della guerra di Gaza. Il rito dei pellegrinaggi sta riprendendo lentamente. Ancora una volta si ricomincia da capo, come sempre. Il clima è sicuramente più sereno rispetto a qualche mese fa».

Dopo le tragiche vicende di Gaza di dicembre, cosa è cambiato per i cristiani e qual è la situazione umanitaria?

«A Gaza la situazione è ancora difficile; in Cisgiordania è migliore. Grossi cambiamenti per i cristiani di Terra Santa, a dire il vero, non ci sono stati. Ci sono però ancora più ferite».

Per quanto riguarda i viaggi in Terra Santa, la questione dei visti religiosi si fa sempre più difficile con le nuove misure antiterroristiche?

«Per i pellegrinaggi la situazione è migliorata, per i visti religiosi il discorso è altalenante. In queste ultime settimane i nostri responsabili dicevano che c'è stata un'agevolazione, forse anche in vista della visita del Papa, ma è un tema che non è mai risolto del tutto».

Questa sera parteciperà a un incontro organizzato a Milano dalla Caritas Ambrosiana (alle 21, via San Bernardino 4). Ci anticipa qualcosa del suo intervento?

«Sarà un intervento molto fraterno, di scambio di idee. Io intendo dire che bisognerà insistere non soltanto sull'assistenza, ma su forme di solidarietà che evitano la dipendenza dalla carità altrui. Attualmente la Caritas ambrosiana ha moltissimi progetti in atto in Terra Santa, borse di studio, adozioni a distanza, case e aiuti alle famiglie povere...».

© Copyright Eco di Bergamo, 25 marzo 2009

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