lunedì 15 giugno 2009

Anno Sacerdotale: Eterno paradosso. La fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo (Doldi)


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ANNO SACERDOTALE - Eterno paradosso

La fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo

Marco Doldi

L’Anno Sacerdotale è ormai alle porte. Sembra che, al momento, si stiano concretizzando due prospettive: quella della preparazione al sacerdozio e quella del rinnovamento nel ministero. Ne ha fatto cenno Benedetto XVI negli ultimi giorni.
Ricevendo in udienza i membri della Comunità del Seminario Francese di Roma ha ricordato: “Il compito di formare sacerdoti è una missione delicata”. Per questo motivo la formazione proposta nel seminario è esigente, poiché alla sollecitudine pastorale dei futuri sacerdoti sarà affidata una porzione del popolo di Dio, quel popolo che Cristo ha salvato e per il quale ha dato la propria vita.
Secondo il Santo Padre, "è bene che i seminaristi si ricordino che se la Chiesa si mostra esigente con loro, è perché dovranno prendersi cura di coloro che Cristo ha, a così caro prezzo, attratto a sé".
Ai futuri sacerdoti sono richieste vere e proprie attitudini, che devono, in qualche modo già possedere negli anni della formazione: "La maturità umana, le qualità spirituali, lo zelo apostolico, il rigore intellettuale".
Attitudini che, giustamente, devono essere trasmesse con passione e pazienza dagli stessi formatori: i seminaristi sono, per così dire, i primi beneficiari di queste qualità vissute e dispensate da quanti hanno il compito di farli crescere. Infatti è un principio pedagogico che, molto spesso, “siamo capaci di dare solo ciò che abbiamo ricevuto in precedenza da Dio attraverso le mediazioni ecclesiali e umane che Egli ha istituito".
Il formatore deve ricordarsi che, quanto insegna agli altri, è in primo luogo un dovere per se stesso; solo così è portatore di un insegnamento, che resterà nel tempo. Il ricordo di formatori sinceri e convinti è nella vita sacerdotale motivo di speranza per superare le inevitabili difficoltà.
Alla vigilia dell'inizio dell'Anno Sacerdotale, il Papa ha tracciato il profilo del presbitero, richiamando la descrizione fatta dal card. Emmanuel Suhard (1874-1949), arcivescovo di Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il sacerdote è un eterno paradosso, “ha in sé i contrari. Concilia, a prezzo della sua vita, la fedeltà a Dio con la fedeltà all'uomo. Ha l'aria povera e senza forze... Non ha in mano né i mezzi politici, né le risorse finanziarie, né la forza delle armi, di cui altri si servono per conquistare la terra. La sua forza è di essere disarmato e di potere ogni cosa in Colui che lo fortifica".
Descrizione che, secondo il Papa, evoca così bene la figura del Santo Curato d'Ars, San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci.
In onore del quale Benedetto XVI ha convocato l'Anno Sacerdotale perché si celebrano i 150 anni della sua morte. Il Papa ha anche auspicato che le parole del card. Suhard possano "risuonare come una chiamata vocazionale per molti giovani cristiani di Francia che desiderano una vita utile e feconda per servire l'amore di Dio".
Se il sacerdote si percepisce come paradosso, necessariamente ricorre alla preghiera per trovare la sua forza. Eppure, talvolta, questo momento decisivo è vissuto con stanchezza.
Durante l’omelia del “Corpus Domini” (11 giugno 2009) il Papa ha messo in guardia dal “rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia. È sempre forte la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene”. La preghiera vissuta in questo modo, quasi per abitudine, non produce nulla.
Invece, una partecipazione generosa ai misteri che si celebrano trasforma l’esistenza sacerdotale, donandole la forma del culto. L’Eucaristia degnamente celebrata conduce ad un culto spirituale, che è sacrificio di lode per la salvezza del mondo. Inoltre, solo dall’unione con Gesù il sacerdote può trarre quella fecondità spirituale che è generatrice di speranza nel ministero pastorale.
Ricorda San Leone Magno che "la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende a nient’altro che a diventare ciò che riceviamo".
Ha commentato Benedetto XVI: “Se questo è vero per ogni cristiano, lo è a maggior ragione per noi sacerdoti. Divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché all’offerta del corpo e del sangue del Signore che facciamo sull’altare, si accompagni il sacrificio della nostra esistenza”. Ogni giorno, i sacerdoti attingono dal Corpo e Sangue del Signore quell’amore libero e puro che li rende degni ministri del Cristo e testimoni della sua gioia. È ciò che i fedeli attendono da loro.

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