sabato 16 maggio 2009

Card. Bertone: i gesti del Papa, un invito alla speranza. Interviste con il card. Antonelli e padre Samir (Radio Vaticana)


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Il cardinale Tarcisio Bertone: i gesti del Papa, un invito alla speranza. Interviste con il cardinale Ennio Antonelli e padre Samir Khalil Samir

Uno dei principali accompagnatori del Pontefice, nei giorni del suo pellegrinaggio in Terra Santa, è stato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Ecco il suo commento al microfono del nostro inviato, Roberto Piermarini:

R. - La parola del Papa, i gesti del Papa, sono stati per tutti un esempio di incoraggiamento, di speranza e di dialogo. Con obiettivi concreti, il Papa ha focalizzato piste concrete, direzioni fondate sul comandamento dell’amore, che è la parola comune di cristiani, di ebrei e di musulmani. Tutti speriamo che il Papa - e tutti i suoi collaboratori, nei loro distinti ruoli e nella loro missione, che è una missione di pace alla sequela del Papa - portino frutti abbondanti e stabili in questa regione.

D. - Dovrà portare frutti anche per quanto riguarda la Commissione per gli Accordi fondamentali, visto che sono molti anni che non riesce a decollare…

R. - Il colloquio con il capo del governo Netanyahu è stato molto positivo e ha toccato punti concreti con impegni concreti. Quindi, speriamo di decollare e anche in questo di raggiungere gli obiettivi che tutti ci aspettiamo.

D. - Eminenza, si torna dalla Terra Santa sempre con una forte emozione. Qual è l’aspetto che ricorda con maggiore intensità, lei personalmente, di questo pellegrinaggio?

R. - Pensiamo soprattutto a Betlemme - non dico solo Betlemme nei Territori palestinesi, ma Betlemme luogo della nascita del Figlio di Dio fatto uomo. Pensando a tutti i bambini del mondo, ricordo la visita all’ospedale pediatrico: in quel momento ho pensato un po’ al futuro che attende tutti i bambini e i giovani del mondo e credo che tutti abbiamo pregato per loro. Tutti vogliamo costruire un mondo senza muri, senza violenza, dominato dal comandamento dell’amore, e preparare un futuro di pace e di serenità per tutti i bambini e i ragazzi del mondo.

I giornali di tutto il mondo hanno ripreso e commentato i molti discorsi pronunciati da Benedetto XVI nei giorni del suo pellegrinaggio. Padre Samir Khalil Samir, gesuita di origini egiziane e docente di Islamistica alla Saint Joseph University di Beirut, ritiene che con la sua presenza e le sue parole improntate alla pace il Papa abbia potuto incidere in profondità nella realtà del Medio Oriente. Le sue impressioni al microfono di Luca Collodi:

R. - A me sembra che sia così, perché il Santo Padre è riuscito a dire la parola di verità e di buon senso, a promuovere un progetto basato sulla giustizia, sui bisogni di ogni essere umano. Un progetto in sintonia con il desiderio di israeliani palestinesi, espresso in termini di pace, di dialogo, di giustizia, di sicurezza.
Nessuno ha potuto tirare a sé l’opinione del Papa, perché lui cerca di proporre un progetto di pace basato sulla giustizia e sul diritto.

D. - Padre Samir, un altro aspetto molto importante per il futuro di pace della Terra Santa ruguarda il ruolo delle religioni. Il Papa ha detto chiaramente “no” all’uso violento della religione. Non è la prima volta che lo dice, ma lo ha ripetuto in maniera forte in Terra Santa. Anche questo è un altro elemento fondamentale…

R. - E’ il fondamento di tutto il suo Pontificato. L’ha ripetuto in Giordania, sotto tutte le forme, soprattutto a Madaba ed alla Grande Moschea, e l’ha ripetuto in Israele, in Palestina, ovunque. Il Papa, già dal Monte Nebo, ha detto: da una parte i tre monoteismi hanno in comune tante cose, dall'altra però c'è il rischio che la religione sia corrotta da altri desideri: dalla politica, dalle ideologie nuove e vecchie, usandola per la politica, usandola per la violenza. In fin dei conti, si rifà al discorso che afferma che senza la ragione non ci sarà mai pace e che la religione ha questo scopo: unita alla ragione, può offrire una strada a tutti i popoli, una strada di pace nella giustizia. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

Giovedì scorso, durante la Messa celebrata presso il Monte del Precipizio a Nazareth, il Papa ha benedetto, al termine della celebrazione, la prima pietra per il Centro internazionale della famiglia, che sorgerà nella città dell’Annunciazione. Il nostro inviato, Roberto Piermarini, ha chiesto al cardinale Ennio Antonelli, presidente del /a> , quali siano le finalità del nuovo Centro:

R. - Si tratta di una casa di accoglienza, che sarà destinata sia alle famiglie della Terra Santa, per momenti di spiritualità, sia alle famiglie che vengono in pellegrinaggio da ogni parte del mondo, ugualmente per momenti forti di spiritualità, e sia anche per gli operatori della Pastorale familiare per corsi brevi, esperienze, itinerari di formazione intensiva. Lo spazio non è molto, quindi per l’alloggio è prevista una cooperazione con altre strutture vicine. La casa è stata voluta da Giovanni Paolo II, e il cardinale Lopez, mio predecessore, si è dato da fare per raccogliere i primi fondi per fare un progetto di massima. Adesso si tratta di continuare questo lavoro, sia raccogliendo ulteriori fondi e sia anche rivedendo il progetto per adattarlo bene alla situazione attuale. Si tratta anche di affidare il tutto, la costruzione e la gestione, a qualche soggetto ecclesiale, che dia assoluto affidamento, in modo che la Santa Sede possa fare una convenzione con questa realtà ecclesiale.

D. - Perché è stata scelta qui in Terra Santa, proprio Nazareth?

R. – E’ intuitivo, perché Nazareth vuol dire Santa Famiglia e vuol dire anche protezione per tutte le famiglie e modello per tutte le famiglie cristiane del mondo, vuol dire luogo di inesauribile ispirazione.

D. - In questo viaggio in Terra Santa, ha sentito le necessità, le difficoltà che vivono le famiglie?

R. - Certamente, le difficoltà sono grandi. La cosa che mi ha colpito di più è stata la ricchezza di iniziative dei francescani, del Patriarcato latino, degli altri Patriarcati, per aiutare le famiglie. Per esempio, costruzioni di nuovi alloggi dati, o gratuitamente o a modico affitto, alle famiglie, perché possano avere una casa, perché possano rimanere più facilmente in questo Paese, da dove tanti cristiani sono già partiti per emigrare in altre parti del mondo.

(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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