mercoledì 14 gennaio 2009

Mons. Paglia: allargamento del dialogo tra Ebrei e Cattolici con Benedetto XVI (Radio Vaticana)


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Grazie al nostro Scenron leggiamo la dichiarazione di Mons. Paglia a Radio Vaticana. Finalmente iniziamo a ragionare anche se una preghiera della Chiesa Cattolica non puo' essere un "incidente"...
R.

Mons. Paglia: allargamento del dialogo tra ebrei e cattolici con Benedetto XVI

Il dialogo tra cattolici ed ebrei non solo non è interrotto ma prosegue e si allarga. E’ quanto sottolinea mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione della Conferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo. Il vescovo di Terni risponde al rabbino capo di Venezia Elia Enrico Richetti che, criticando la nuova formulazione della preghiera per gli ebrei nella liturgia del Venerdì Santo secondo il Messale di San Pio V riformato da Giovanni XXIII nel 1962 - che invoca il riconoscimento di “Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini” - ha affermato che la Chiesa sta cancellando 50 anni di dialogo con gli ebrei. Ascoltiamo mons. Vincenzo Paglia al microfono di Sergio Centofanti:

R. – Io credo che, nella sostanza, il chiarimento sulla preghiera per gli ebrei sia stato fatto. C’è la lettera del cardinale Bertone, l’articolo del cardinale Kasper. La lettera che il cardinale Bertone ha inviato al Rabbinato di Israele ha chiarito le eventuali incomprensioni che erano nate e mi pare che in Italia ci sia stato un piccolo problema che anch’esso, debbo dire, è ormai risolto. Nella sostanza, ho parlato io stesso sia con il rabbino Laras sia con il rabbino capo di Roma Di Segni, dicendo che questo piccolo incidente è un’occasione per approfondire e per rilanciare, semmai con maggiore intelligenza e audacia, quel dialogo che da 50 anni ormai ha conosciuto uno straordinario progresso che senza alcun dubbio è irreversibile. Credo che tutti dobbiamo essere saggi, evitando semplificazioni sciocche che poi alla fine nuocciono agli uni e agli altri. Mi permetto di sottolineare un altro punto. Non solo gli eventi drammatici di questi giorni nella Terra Santa, ma anche quei focolai di antisemitismo che qua e là ogni tanto riappaiono, spingono ebrei e cristiani a stringere, a serrare le fila, se così posso dire, e comunque a non allentare affatto le fila del dialogo. Io debbo confessare che nei giorni scorsi, nelle telefonate e nelle relazioni avute, noto tutt’altro che un dissidio: semmai, una nostalgia dell’incontro e di un rapporto ancor più stretto.

D. – Benedetto XVI, fin dall’inizio del suo pontificato, ha affermato di voler proseguire "con grande vigore" il cammino verso il miglioramento dei rapporti e dell’amicizia con il popolo ebraico, sottolineando anche con forza la radice ebraica del cristianesimo e ha ripetuto, con Giovanni Paolo II, che "chi incontra Gesù Cristo incontra l’ebraismo" …

R. – Non c’è dubbio. Io direi che non possiamo fare a meno gli uni degli altri perché la radice da cui veniamo è comune e, anzi, vorrei dire che proprio su ispirazione di Papa Benedetto, nell’incontro che ebbe nella Sinagoga a Colonia, il dialogo si è esteso – per lo meno qui in Italia – ad una riflessione comune sui Dieci Comandamenti, sulle Dieci Parole, e che noi contiamo l’anno prossimo di riprendere assieme. Quindi, non solo il dialogo non è rimasto fermo: semmai, si è allargato, anche sul piano della riflessione teologico-morale. Questo mi pare importante sottolinearlo. In questo senso, non c’è non solo nessun ritorno indietro, ma nessun blocco: semmai, un allargamento dell’incontro.

D. – Il Papa ha detto che il dialogo, per essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze e che anche in ciò che ci distingue dobbiamo amarci e rispettarci …

R. – Esatto. Io ricordo ancora che una volta mi trovavo a parlare con il rabbino Toaff, proprio il giorno stesso in cui uscì la Dominus Iesus. Il rabbino Toaff mi diceva: “Caro don Vincenzo: se tu non credessi che Gesù è Figlio di Dio, non saresti cattolico, non saresti cristiano. Egualmente, io come ebreo, non posso rinunciare alla mia fede" ... a dire che il credo di ciascuno di noi non può essere messo in dubbio o attutito per iniziare un dialogo. Semmai, è esattamente vero il contrario: un dialogo richiede anche la conoscenza delle differenze! "Ma questo non vuol dire – aggiungeva Toaff in quel colloquio avuto – che per il fatto di essere differenti ci dobbiamo scontrare!". E’ un motivo per aiutarci alla comprensione, al rapporto, all’incontro e laddove possiamo affermare cose congiunte, siamo esortati a farlo!

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Che dici, facciamo le ingenue tontolone e interpretiamo il "piccolo incidente" come riferito non alla preghiera, bensì al fraintendimento?
Alessia

Raffaella ha detto...

"Tontoleggiamo", dai :-)

euge ha detto...

Il riferimento alla preghiera è solo un pretesto. Mi dispiace dirlo di nuovo ma, evidentemente a qualcuno non va bene il tipo di dialogo impostato da Benedetto XVI che non ha lo scopo di passare sopra le differenze o glissarle ma, di affrontarle e da lì cominciare a discuterne.
Questo non si vuole capire ed allora, è chiaro che il dialogo diventa un monologo dove una parte parla chiaramente e l'altra, per partito preso non ascolta indovinate chi?