domenica 25 gennaio 2009
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Ratzinger revoca la scomunica ai lefebvriani
Si tratta di un passo decisivo verso la ricomposizione dello scisma e la «piena comunione»
Elisa Pinna
CITTÀ DEL VATICANO
Con un decreto destinato a sollevare controversie, Benedetto XVI ha revocato la scomunica ai quattro vescovi ultra-tradizionalisti ordinati illegittimamente da Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988: si tratta di un passo decisivo – ha affermato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi – verso la ricomposizione dello scisma e la «piena comunione».
Ma già si levano le prime voci critiche di quanti, come l'ex prete del dissenso Gianni Gennari e oggi editorialista di «Avvenire», vedono nel perdono pontificio un atto che non ha alcuna contro-partita, tanto meno il pentimento da parte degli anti-conciliari. Inoltre le affermazioni negazioniste sull'Olocausto di uno dei vescovi riabilitati, il britannico Richard Williamson, getta un'ombra inquietante sul rientro nell'alveo cattolico dell'intera comunità lefebvriana, la «Fraternità di San Pio X», e rischia di acuire ferite, dolorose e mai rimarginate, con il mondo ebraico.
La decisione della Santa Sede di riammettere nel suo seno Williamson, senza nessuna ritrattazione, «è un passo che contamina l'intera Chiesa», ha dichiarato in serata all'Ansa il rabbino israelo-statunitense David Rosen, uno degli esponenti più attivi e moderati nel dialogo con il cattolicesimo.
A poco sono dunque valse le assicurazioni fatte ieri da Padre Lombardi sulla condanna della Santa Sede per le tesi revisionistiche di Williamson. Il mondo religioso ebraico, già irritato a causa della reintroduzione del messale tridentino con la preghiera del Venerdì Santo per la conversione del popolo giudaico, non sembra disposto a fare concessioni. È, questo, un fronte che preoccupa la Santa Sede e che rischia di intrecciarsi con il dissenso dei cattolici progressisti nei confronti della riabilitazione dei lefebvriani.
Per gli uomini del Vaticano – da padre Lombardi al direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian – la decisione del Papa è «un gesto di pace» , un atto di ecumenismo che va nella direzione conciliare, che sarebbe piaciuta a Papa Roncalli e ai suoi successori, che celebra degnamente il 50/esimo anniversario della convocazione del Vaticano II (25 gennaio 1959).
Tuttavia i lefebvriani si sono affrettati a pubblicare sul loro sito la lettera inviata il 21 dicembre scorso al Papa, in cui ribadiscono le loro «riserve» sull'ultimo Concilio e la loro fedeltà agli insegnamenti del fondatore Marcel Lefebvre (morto nel 1991) il quale contestava ai padri conciliari non solo l'abbandono della tradizione liturgica della messa in latino, ma anche il riconoscimento del ruolo salvifico delle altre religioni, e l'apertura della Chiesa alle problematiche del mondo moderno. Per le sue posizioni di dissenso, il vescovo conservatore era stato sospeso "a divinis" da Paolo VI nel 1976. La scomunica era arrivata il 30 giugno 1988, quando il presule ribelle, disobbedendo a Giovanni Paolo II, aveva ordinato quattro nuovi vescovi, nella sua roccaforte svizzera di Econe, per preservare, a suo dire, la tradizione autentica cattolica contro la «sovversione e la rivoluzione» introdotte dal Vaticano II.
Ratzinger era allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e in quel ruolo – ha detto ieri padre Lombardi – aveva vissuto «con grande sofferenza» la vicenda. Diventato Papa nel 2005, si è impegnato con caparbietà per ricucire lo strappo.
© Copyright Gazzetta del sud, 25 gennaio 2009 consultabile online anche qui.
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