giovedì 26 marzo 2009
Il cardinale Tauran: precisare la nozione di reciprocità per salvaguardare i diritti dei Cattolici nei Paesi musulmani (Radio Vaticana)
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Il cardinale Tauran: precisare la nozione di reciprocità per salvaguardare i diritti dei cattolici nei Paesi musulmani
E’ iniziato oggi a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce un Convegno internazionale di due giorni sul tema “Libertà religiosa e reciprocità”, promosso dalla Facoltà di Diritto Canonico dell’ateneo. Stamani ha introdotto i lavori il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, con una conferenza dal titolo “Libertà religiosa e reciprocità: cenni e proposte nel recente magistero”. Ecco il testo integrale del suo intervento:
La reciprocità è un concetto soprattutto presente nel diritto internazionale in particolare nei rapporti tra gli Stati in sede bilaterale e, nell’epoca contemporanea, anche in sede multilaterale; viene intesa come identità di trattamento nelle relazioni tra Stati: cioè due o più Stati applicano verso l’altro Stato le stesse norme giuridiche rispettivamente applicate a sé e ai propri cittadini. La reciprocità vale come concessione corrispettiva di diritti. È diventata recentemente una vera regula iuris sopra tutto nel campo dei diritti dell’uomo e delle sue libertà fondamentali, in particolare il diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di convinzione.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, si può dire che il tema reciprocità appare in concomitanza all’epoca in cui il tema del dialogo comincia a prendere forma. Vorrei quindi dedicare questo mio intervento ad uno sguardo retrospettivo sull’insegnamento del Magistero recente al riguardo, cioè quanto hanno scritto in merito gli ultimi papi, il Concilio Vaticano II ed alcune personalità ecclesiastiche.
1. I Papi
Con Papa Giovanni XXIII troviamo un accenno alla reciprocità nel contesto della Pacem in terris (n. 15), dove si sottolinea l’importanza della “reciprocità di diritti e di doveri tra persone diverse” e di “mutua collaborazione tra esseri umani”.
Ma è soprattutto con Paolo VI, nell’Enciclica Ecclesiam Suam, che il tema della reciprocità viene chiaramente affermato nel suo legame al dialogo interreligioso: “Un dialogo da parte Nostra è possibile; e Noi non mancheremo di offrirlo la dove in reciproco e leale rispetto sarà benevolmente accettato” (n. 112). Benché siamo di fronte a un approccio embrionale si possono identificare alcuni elementi significativi:
- la Chiesa propone il dialogo con l’umanità;
- è un’offerta la cui condizione di possibilità si fonda sul reciproco e leale rispetto;
- il Papa lascia intendere che la Chiesa può anche non offrire il dialogo la dove tali condizioni non sono espressamente manifeste.
Questa posizione di Paolo VI è da mettere in relazione con i lavori del Concilio Vaticano II: l’Enciclica è datata 6 agosto 1964 e nel mese di ottobre seguente riprenderanno i lavori del Concilio. Quindi si può pensare che la Lettera abbia un valore programmatico.
2. Il tema nei documenti conciliari
Vagliando tali documenti, si può notare che non appare formalmente il termine ‘reciprocità’. Viene utilizzato piuttosto nella forma di ‘aggettivo’.
Nelle Costituzioni il termine reciprocità con suoi affini si riscontra sopra tutto in Gaudium et Spes: “Il compito della Chiesa è di rispondere, alla luce del Vangelo, agli interrogativi che gli uomini si pongono anche sulle loro relazioni ‘reciproche’ (n.4)”. Il Concilio parlerà anche di “reciproco rispetto della dignità spirituale” necessità per la comunità delle persone in cui trova compimento il fraterno dialogo tra gli uomini. Si può osservare una qualche forma di correlazione tra dialogo inter-umano e reciprocità senza che tuttavia vi sia un richiamo alla sfera dell’interreligioso. Nelle altre Costituzioni il tema della reciprocità e totalmente assente.
Nei Decreti troviamo un approccio più articolato. Ad gentes (n. 6) se non parla di reciprocità, tuttavia accenna alla reciproca stima ed amore nei rapporti tra cristiani di confessioni diverse. I missionari - si legge - devono essere educati alla “reciproca carità” (n. 37) e si parla di “scambio reciproco di energie” (n. 19) a proposito del rapporto tra le giovani Chiese e la Chiesa come tale. Nel Decreto sull’ecumenismo troviamo due sobri accenni: “fraternità reciproca” e “reciproca conoscenza” da stabilire tra cattolici e fratelli separati, sono cenni senza approfondimento.
Se guardiamo le Dichiarazioni possiamo constatare che il termine reciprocità formalmente non compare, viene piuttosto utilizzato nella forma di aggettivo. Ci sono, è vero, espressioni affini, sinonimiche, per esempio “la mutua comprensione” che troviamo nella Nostra Aetate n. 3 a proposito dell’islam, e “la mutua conoscenza” n. 4 quando si parla della religione ebraica. In Dignitatis Humanae non compare il termine reciprocità.
Ricapitolando quindi gli elementi emersi in questo rapido sorvolo dei documenti del Concilio Vaticano II osservo quanto segue:
- il tema della reciprocità risulta sporadico e generico;
- concerne soprattutto l’ambito delle relazioni umane;
- la sua correlazione al dialogo interreligioso e accennata, ma non sviluppata.
Si può perciò ipotizzare che il tema non fosse ancora sentito come una priorità al tempo della redazione dei documenti conciliari.
3. Dopo il Concilio Vaticano II:
Dopo il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI tratteranno più volte il tema.
Considerando l’ingente produzione di discorsi e interventi di Giovanni Paolo II è impossibile farne un elenco esaustivo, ma possono esserne messe in risalto le linee principali:
- la reciprocità nei rapporti uomo donna (Mulieris diginitatem) è l’approccio dominante nelle prima catechesi sulla coppia umana e sul matrimonio;
- in Pastores gregis, a proposito delle funzioni proprie del vescovo (n. 9), come pure trattando del rapporto tra sacerdozio dei fedeli e sacerdozio ministeriale (n. 10) si parla di una reciprocità che struttura armonicamente la vita della Chiesa;
- il tema ricorre anche nei discorsi in cui è affrontato il rapporto con i giovani (Novo millennio ineunte n. 9);
- investe anche la sfera della preghiera (reciprocità tra credente e Dio) e i rapporti intra-ecclesiali (Novo millennio ineunte n. 32,45);
- parlando a Loreto nel 1995 il Papa invita i giovani a lavorare per la costruzione di “una unica famiglia umana, approfondendo la legge della reciprocità, del dare e del ricevere, del dono di sé e dell’accoglienza dell’altro”.
Ma per quanto riguarda il legame più specifico tra reciprocità e ambito dell’interreligioso, un riferimento chiarissimo si trova nella Redemptoris missio (n. 55): “Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes, anzi ha speciali legami con essa e ne è una espressione”. Nella medesima Enciclica il tema della reciprocità viene anche evocato nel contesto inter-ecclesiale (cfr. n. 64).
In relazione al dialogo interreligioso la convinzione forse più significativa di Papa Giovanni Paolo II la troviamo in un discorso in realtà antecedente alla Redemptoris missio; mi riferisco all’incontro tenuto a Casa bianca il 19 agosto 1985 di fronte alla gioventù musulmana: “Il rispetto e i dialogo richiedono dunque la reciprocità in tutti i campi soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi, in particolare quella dei giovani”. Due elementi sono da rilevare:
1. Nelle relazioni con l’islam la reciprocità deve esprimersi in tutti i campi;
2. Di questi campi determinante è quello delle libertà fondamentali specialmente la libertà religiosa.
Vi è dunque continuità di insegnamento tra Paolo VI e Giovanni Paolo II. L’importanza data al dialogo con l’islam (assente dall’orizzonte di Paolo VI) si spiega tenendo conto delle diverse epoche in qui i rispettivi interventi sono stati compiuti. Nonostante ciò, non si può non osservare che, se guardiamo il testo di Casa bianca, il tema resta ancora allo stadio di enunciato senza ricevere una trattazione più articolata:
* non si parla di situazioni specifiche,
* né delle condizioni in cui il dialogo tra cristiani e musulmani si svolge sul terreno, mi riferisco al problema dei luoghi di culto cristiani e della pubblica pratica cultuale.
Con il Papa Benedetto XVI i discorsi pronunciati in occasione dei vari viaggi costituiscono al fonte prevalente a cui attingere. Ed è proprio in relazione al rapporto Chiesa-islam che l’attuale Pontefice sembra voler insistere parlando della necessità di una vera reciprocità strettamente legata all’esigenza di un più grande rispetto tra le parti.
Di “rispetto reciproco” il Papa parlerà ai rappresentati della comunità musulmana a Colonia il 20 agosto 2005 con un energico richiamo ai “valori del rispetto reciproco”: “Cari amici, sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti alle pressioni negative dell’ambiente, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace. La vita di ogni essere umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani. Abbiamo un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali valori morali. La dignità della persona e la difesa dei diritti che da tale dignità scaturiscono devono costituire lo scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo posto in essere per attuarlo”. Particolare attenzione dobbiamo prestare al discorso del Santo Padre in occasione della presentazione delle lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede. Il Papa sarà incisivo: dopo aver affermato che la pace tra i popoli e tra le persone suppone che le religioni e i loro simboli siano rispettati, il Pontefice ricorda che l’intolleranza e la violenza non possono mai giustificarsi come risposte alle offese. “Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà”, asserisce il Papa,”l’unica via che può condurre alla pace e alla fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui, affinché, in maniera reciproca, in tutta la società, sia realmente assicurato per ciascuno l’esercizio della religione liberamente scelta”.
Un’altra affermazione significativa si rinviene nell’allocuzione alla plenaria del Pontifico Consiglio per la pastorale dei migranti (15 maggio 2006): “Sempre più si avverte l’importanza della reciprocità nel dialogo, reciprocità che l’istruzione Erga Migrantes Charitas Christi definisce giustamente come un principio di grande importanza. Si tratta di una ‘relazione fondata sul rispetto reciproco e prima ancora di un atteggiamento del cuore e dello spirito” (n. 64).
Il tema della reciprocità ritornerà nel discorso tenuto a Castel Gandolfo davanti agli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana il 25 settembre 2006: “ Auspico che i rapporti ispirati a fiducia, che si sono instaurati da diversi anni fra cristiani e musulmani, non solo proseguano, ma si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, fondato su una conoscenza reciproca sempre più autentica”. E Benedetto XVI ricorda il discorso del suo predecessore a Casa bianca (“il rispetto e il dialogo richiedono la reciprocità in tutti i campi, soprattutto per quanto concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli”).
Le affermazioni di Castel Gandolfo vengono riproposte nel viaggio in Turchia (28 novembre-l dicembre 2006). Al Corpo diplomatico accreditato in quella nazione il Papa richiama il “rispetto reciproco” e invita le diverse religioni a conoscersi meglio e a rispettarsi reciprocamente. Asserisce: “Il nostro mondo deve prendere coscienza sempre più del fatto che tutti gli uomini sono profondamente solidali e invitarli a porre in risalto le loro differenze storiche e culturali non per scontrarsi ma per rispettarsi reciprocamente”. Il tema della reciprocità sarà evocato anche nel discorso rivolto alla Conferenza episcopale francese il 14 settembre 2008 a Lourdes. La conoscenza reciproca è l’ingrediente necessario del dialogo tanto ecumenico che interreligioso: “La costruzione di ponti tra le grandi tradizioni ecclesiali cristiane e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono un reale impegno di conoscenza reciproca perché l’ignoranza distrugge più che costruisce”.
Di particolare interesse e tra i più recenti interventi del Santo Padre sono alcuni passi centrali del discorso indirizzato ai rappresentati di altre religioni a New York, il 17 aprile 2008. Lodando le iniziative di carattere interreligioso portate avanti dai cattolici americani, il Papa parla di rafforzare la comprensione reciproca e si dice convinto che il dialogo nel reciproco rispetto delle differenze è un modo per servire la società.
Volendo ricapitolare quanto rilevato nell’insegnamento di Papa Benedetto XVI possono essere indicati tre aspetti caratteristici:
a/. Continuità con le indicazioni dei suoi predecessori;
b/. Maggiore insistenza sulla necessità della reciprocità in particolare in relazione ai rapporti tra Chiesa e islam;
c/. Correlazione tra il tema della reciprocità e quello della comprensione mutua, includendo anche questioni chiave come il problema della libertà religiosa.
La nota di maggior rilievo nell’insegnamento dell’attuale Pontefice è quando parla di “principio della reciprocità” alla plenaria del Pontificio Consiglio per i Migranti. Ma non troviamo un approfondimento del contenuto e nessuna spiegazione circa possibili modalità di applicazioni di tale principio.
4. Per essere completo vorrei accennare ad alcuni interventi non papali.
Il cardinale Tarcizio BERTONE, in occasione di un convegno su “La libertà religiosa pietra miliare della nuova Europa”, tenutosi a Varese il 19 ottobre 2007, menziona il tema della reciprocità in relazione al dialogo interreligioso.
Il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel SABBAH, nella sue lettera pastorale del 10 marzo 2008, parla del rispetto profondo che si deve avere per la fede dell’altro e della necessità di affermare chiaramente la propria fede senza compromesso. Accenna lungamente al dialogo con i musulmani e gli ebrei lamentando un’effettiva mancanza di reciprocità da parte loro. Il Patriarca mostra con evidenza la difficoltà pratica dell’attuazione del principio della reciprocità.
Anche il recente SINODO sulla Parola di Dio ha toccato il tema della reciprocità: la proposizione 53 verte essa pure sul dialogo interreligioso con i musulmani a proposito del quale, reciprocità, libertà di coscienza e di religione vengono indicati come temi di tale dialogo.
Infine mi sia consentito di menzionare i miei personali interventi in materia sia all’epoca del mio servizio alla Segreteria di Stato quale Segretario per i rapporti con gli Stati sia come oggi, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Numerose volte ho accennato al principio della reciprocità in un contesto molto preciso, cioè l’assenza dei luoghi di culto cristiani in Arabia Saudita. Ho ripetuto ad nauseam che come i musulmani hanno diritto di poter pregare in moschee nei Paesi a maggioranza cristiana (effettivamente hanno tale possibilità) nello stesso modo i cristiani hanno il diritto di avere i propri luoghi di culto nei Paesi a maggioranza musulmana. E questo in nome del principio della reciprocità.
Ovviamente converrebbe evocare i numerosi riferimenti alla “reciprocità” che troviamo nei documenti del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Ma il tempo corre. Comunque sia, chi è interessato potrà utilmente consultare il volume Il dialogo interreligioso nel magistero pontificio (documenti 1963-2005) curato dall’ Arcivescovo F. Gioia.
5. Conclusione
Da quanto ho esposto emerge un dato: il recente Magistero della Chiesa non fornisce una trattazione sistematica del principio di reciprocità. La frammentarietà è infatti una nota distintiva sia degli interventi di epoca conciliare che dopo lo stesso Concilio. Si può notare tuttavia una tendenza crescente di correlare il tema all’ambito del dialogo interreligioso con particolare riferimento alle relazioni islamo-cristiane.
È vero che Papa Benedetto XVI ha parlato di “principio di reciprocità” ed è senz’altro un progresso, ma a tutt’oggi non si dispone né di una illustrazione approfondita di tale principio, né di indicazioni concrete per una sua applicabilità nell’ambito delle libertà fondamentali e in particolare in quello della libertà religiosa. Mi sembra che per il momento, quando si parla di reciprocità non si vada al di là del significato e del contenuto della regola d’oro: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.
Sembrerebbe quindi opportuno che la Chiesa precisi l’autentico senso che essa ascrive alla nozione di reciprocità nell’ambito dell’interreligioso e indichi norme chiare che sanciscano con precisione gli ambiti di applicabilità di tale principio, i limiti invalicabili da salvaguardare nei Paesi di tradizione musulmana, nonché le strade da percorrere là dove i cattolici soffrono ingiustificate situazioni di difficoltà. Onde l’importanza del Convegno che ci riunisce, per il successo del quale formulo i più fervidi auguri.
Cardinale Jean-Louis Tauran
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1 commento:
Ciao, grazie mille per aver pubblicato questo articolo,sto scrivendo la tesi e mi è stato molto utile...
Grazia
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