sabato 20 giugno 2009
Il Papa ha aperto l’Anno Sacerdotale: «Nulla fa soffrire la Chiesa quanto i peccati dei suoi pastori» (Muolo)
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LETTERA DEL SANTO PADRE AI PRESBITERI PER L'INDIZIONE DELL'ANNO SACERDOTALE: RASSEGNA STAMPA
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Aperto l’Anno Sacerdotale. «Nulla fa soffrire la Chiesa quanto i peccati dei suoi pastori»
DA ROMA MIMMO MUOLO
Profondamente raccolto davanti alla reliquia del cuore del santo Curato d’Ars, e poi inginocchiato in adorazione davanti all’Ostia consacrata, il Papa prega per tutti i sacerdoti del mondo. Non è difficile immaginare i suoi pensieri. E lui stesso, del resto, li rende in qualche maniera noti durante l’omelia, che Avvenire pubblica integralmente.
«La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi; di ministri che aiutino i fedeli a sperimentare l’amore misericordioso del Signore e ne siano convinti testimoni».
«Dio non voglia», aggiunge il Pontefice, che presbiteri tramutati «in ladri delle pecore» possano «danneggiare» con «le loro private dottrine» o «stringere con lacci di peccato e di morte» le «anime loro affidate». Sono le parole con cui si apre l’Anno Sacerdotale, proclamato da Papa Ratzinger per la santificazione dei presbiteri.
Nella Basilica di San Pietro, gremita da cardinali, vescovi e dai sacerdoti della diocesi di Roma, oltre che da migliaia di fedeli, la celebrazione dei secondi vespri della Solennità del Cuore di Gesù si trasforma in preghiera corale affinché, come sottolinea Benedetto XVI, i preti di tutto il mondo possano «adempiere il ministero con generosità e dedizione».
Il Papa non ignora le macchie che, specie negli ultimi tempi, hanno infangato il corpo sacerdotale. E pur senza nominare esplicitamente i casi di pedofilia di cui si sono resi colpevoli alcuni presbiteri, le sue parole richiamano alla mente anche queste vergogne, così come l’accenno alle dottrine deviate, ricorda le eresie teologiche.
Tuttavia l’accento più forte il Pontefice lo mette sul Cuore di Gesù, sul suo amore che salva. «Persino le nostre carenze, i nostri limiti e debolezze devono ricondurci al Cuore di Gesù. Se è infatti vero che i peccatori, contemplandolo, devono apprendere da Lui il necessario dolore dei peccati che li riconduca al Padre, questo vale ancor più per i sacri ministri ». «Anche per noi – prosegue, infatti – vale il richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo rivolgere con umiltà l’accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare». Perciò il Papa ricorda: «Nulla fa soffrire tanto la Chiesa, quanto i peccati dei suoi pastori».
Dunque Benedetto XVI fissa l’obiettivo principale per ogni sacerdote: «Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo». Un obiettivo che va rinverdito soprattutto durante questa anno. «Per essere ministri al servizio del Vangelo – fa notare, infatti – è certamente utile lo studio con una accurata e permanente formazione pastorale, ma è ancor più necessaria quella 'scienza dell’amore', che si apprende solo nel 'cuore a cuore' con Cristo».
In questa scienza fu particolarmente esperto san Giovanni Maria Vianney, nel cui 150° della morte il Papa ha proclamato l’Anno sacerdotale. Proprio davanti alla reliquia del suo cuore, portata a Roma dal vescovo di Belley-Ars, monsignor Guy Bagnard, che gli è accanto, Benedetto XVI aveva sostato in venerazione, nella Cappella del Coro, arrivando in Basilica. In precedenza, alle 17,30 c’era stato l’intervento dell’arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero e quindi la processione con la reliquia del santo Curato d’Ars dalla Cappella della Pietà all’altare della Confessione e alla Cappella del Coro. La processione era guidata dai cardinali Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana, e Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, oltre che da Bagnard. «Il sacerdozio – dice il Pontefice nella sua omelia, citando proprio una frase del santo francese – è l’amore del Cuore di Gesù». Perciò, aggiunge rivolgendosi ai presbiteri, «nella Lettera a voi indirizzata (pubblicata giovedì, ndr) ho voluto porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all’esempio e all’insegnamento del Santo Curato di Ars». Lo scopo è quello di «crescere nell’intimità con Gesù». E perciò ai vespri segue l’adorazione. Il modo più sicuro per proseguire quel «cuore a cuore» con Dio che è premessa della missione.
© Copyright Avvenire, 20 giugno 2009
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