mercoledì 5 agosto 2009

Pakistan: il martirio dei cristiani nel silenzio internazionale (Radio Vaticana)


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Pakistan: il martirio dei cristiani nel silenzio internazionale

Nonostate sia tornata la calma è ancora massima allerta a Gojra, la cittadina pakistana del Punjab, teatro nei giorni scorsi di un terribile attacco contro la comunità cristiana da parte di fondamentalisti islamici. La polizia sta interrogando duecento persone sospettate di aver partecipato alle aggressioni che hanno causato la morte di otto cristiani. Una organizzazione locale per i diritti umani ha denunciato il fatto che le violenze non sono state spontanee ma premeditate e che dietro c'è Al-Qaeda.
Intanto il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, con una lettera alla presidenza di turno svedese dell’Ue ha esortato l’Europa a lanciare un forte segnale contro le violenze anticristiane nel prossimo Consiglio dei ministri di settembre. Le aggressioni ai cristiani - ha affermato - si moltiplicano in tutto il mondo ed è arrivato il momento di dire basta. "La Ue non si può disinteressare – ha aggiunto - non può chiudere gli occhi". Ma per quale motivo in Pakistan i cristiani sono al centro di queste dure persecuzioni? Federico Piana lo ha chiesto Renzo Guolo, professore di sociologia delle religioni alle università di Padova e Torino:

R. – Sia l’ambiente islamista radicale che i partiti religiosi più vicini a questi movimenti vedono nei cristiani una sorta di "presenza impura", nel senso che vi è quasi una sorta di equazione tra cristianità ed Occidente. Quindi, nella sostanza, questa sorta di equiparazione fa sì che i cristiani siano diventati bersagli. E’ chiaro che laddove vi sono movimenti che hanno una visione ideologica così rigida, così fondamentalista, i cristiani non sono considerate persone che condividono lo stesso riferimento al monoteismo, seppure in una tradizione religiosa diversa, ma sostanzialmente eretici come gli altri, che non condividono quella linea di discendenza religiosa. Questo elemento fa sì che diventino il bersaglio simbolico. Non vi sono tensioni che hanno a che fare con l’elemento politico, proprio perché la minoranza cristiana è una minoranza che vive pacificamente e non pone problemi nemmeno dal punto di vista della divisione del potere.

D. – Professore, non pensa che di queste stragi se ne parli sempre troppo poco?

R. – Sicuramente, perché sono stragi che in qualche modo vengono messe in secondo piano, rispetto a quelle che hanno obiettivi politici. Il problema riguarda in parte il Pakistan, in quanto tale, perché la situazione è talmente delicata che ciascuno cerca di non mettere troppa carne al fuoco rispetto a questo Paese, proprio perché sappiamo benissimo che è un Paese chiave, cerniera, nell’area, e che oltretutto è dotato di arma atomica e la sua caduta in mano a gruppi fondamentalisti sarebbe un problema internazionale molto, molto rilevante. Ma è evidente che c’è scarsa attenzione. E’ come se quello che avviene ai cristiani e ad alcune situazioni in cui sono in minoranza, come all’interno di taluni Paesi islamici, quasi passasse in secondo piano, non facesse notizia e si desse per scontato che sono una sorta di vittime obbligate, legate alla loro situazione e condizione in quel Paese. Invece sappiamo benissimo che non è così, e non deve essere così.

(Montaggio a cura di Maria Brigini)

© Copyright Radio Vaticana

Immagino che i registi superquotati non abbiano detto nulla su queste stragi...
R.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Raffaella,
forse pensano di girare un film su queste stragi?
Ma che sbadato!
Rifuggono il più lontano possibile.
Piero