lunedì 9 novembre 2009

Benedetto XVI, la parola forte di una voce mite (Massimo Lanzini)


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Il Papa a Brescia

Benedetto XVI la parola forte di una voce mite

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Massimo Lanzini

Alla Chiesa bresciana la sollecitazione - tutta montiniana - a muoversi «povera, cioè libera» come la figura evangelica della vedova; a ciascun sacerdote l’invito ad amare Cristo «fino all’abbandono di tutto se stesso»; ai laici l’indicazione di «crisi economica, immigrazione, educazione dei giovani» quali temi attorno ai quali «affrontare le sfide del presente».
Di fronte ai tanti bresciani che - pur sotto un cielo freddo e piovoso che per larga parte della mattinata non ha lasciato tregua - hanno voluto incontrarlo, Benedetto XVI affida alla misurata riservatezza del tratto («Non attendetevi dal Papa gesti clamorosi», dice citando Paolo VI) la potenza di un messaggio che non si nasconde. E che parla forte e chiaro: «l’importanza della Chiesa per la salvezza dell’umanità» e la necessità che «tra la comunità ecclesiale e la società si stabilisca un rapporto di conoscenza e amore» sono sollecitazioni montiniane rese oggi ancora più radicali dagli «sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione, nel confronto con l’oblio di Dio da una parte e con le religioni non cristiane dall’altra».

Il saluto della piazza sotto la pioggia

La papamobile arriva nella piazza della Cattedrale con un leggero ritardo (la scelta di Benedetto XVI di salutare i fedeli di Botticino e di fermarsi per una preghiera davanti alla stele che ricorda le vittime di piazza Loggia hanno rallentato il corteo papale). Ad attenderlo ci sono dodicimila fedeli, duecento sindaci, quattrocento sacerdoti e - sull’altare - la «Croce dell’orifiamma», capolavoro del XII secolo appartenente al bresciano Tesoro delle Sante Croci. Prima della Messa il benvenuto del vescovo Luciano Monari («Santità, vorremmo offrirle una giornata serena che le metta nel cuore una gioia pura») e il saluto del sindaco Adriano Paroli («Questa è la città che ha trovato nel Cristianesimo, in una fede incarnata, il terreno fecondo da cui è germogliata, anche in un confronto positivo con altre culture, una grande tradizione civile»).
La stessa celebrazione eucaristica diventa l’occasione per un dialogo fra Benedetto XVI e la comunità bresciana. È il presidente diocesano dell’Azione cattolica a proclamare con la prima lettura l’incontro fra il profeta Elia e la vedova povera, è del maestro Remo Crosatti la melodia che accompagna il salmo responsoriale, è la segretaria della Consulta diocesana dei laici a dar voce alla Lettera agli Ebrei. E ancora: le preghiere dei fedeli sono affidate ad un professionista padre di famiglia, ad una donna proveniente da una comunità parrocchiale della provincia, ad un giovane sposo, ad una Ancella della Carità, ad un giovane universitario del Convitto San Giorgio, alla presidente del dormitorio San Vincenzo. E nella presentazione dei doni per il Sacrificio eucaristico Benedetto XVI cerca - e trova - il momento per accogliere e ascoltare una coppia legata all’Istituto Pro Familia, una famiglia bresciana composta dai genitori e dai loro sei figli, tre operai di aziende bresciane colpite dalla crisi, tre giovani universitari di Statale e Cattolica, due consacrati bresciani che vivono la loro consacrazione religiosa tra i poveri.

«Coscienza, rinnovamento, dialogo»

La lettura del brano evangelico affida ai fedeli in piazza il racconto della vedova che nel tesoro del tempio «gettò due monetine, che fanno un soldo» e che viene indicata da Gesù come la protagonista del dono più grande, perché «nella sua miseria vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Nell’omelia Benedetto XVI sottolinea nel brano «i giudizi severi nei confronti degli scribi, a motivo della loro ipocrisia: essi infatti, mentre ostentano grande religiosità, sfruttano la povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano. Gesù, insomma, si dimostra affezionato al tempio come casa di preghiera, ma proprio per questo lo vuole purificare da usanze improprie, anzi, vuole rivelarne il significato più profondo, legato al compimento del suo stesso mistero».
È proprio un modello di Chiesa «organismo spirituale e concreto che prolunga nello spazio e nel tempo l’oblazione del Figlio di Dio» quello che Benedetto XVI indica ai bresciani ricordando loro come Paolo VI l’abbia «amata di amore appassionato». Nel Pensiero alla morte papa Montini diceva della Chiesa: «Vorrei finalmente comprenderla tutta, nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità». Papa Ratzinger ricorda le ultime parole di Paolo VI «sono per lei come alla sposa di tutta la vita: "E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo"».
«L’incontro e il dialogo della Chiesa con l’umanità di questo nostro tempo stavano particolarmente a cuore a Giovanni Battista Montini», sottolinea Papa Benedetto XVI. Che ricorda come i tre «pensieri dominanti» della lezione montiniana alla comunità ecclesiale sono «la coscienza» della propria natura e della propria missione, «il rinnovamento» guardando al modello che è Cristo, «il dialogo» con il mondo moderno.
Una sollecitazione rivolta tanto ai sacerdoti («Cari fratelli, gli esempi sacerdotali del Servo di Dio Giovanni Battista Montini vi guidino sempre e interceda per voi Sant’Arcangelo Tadini») quanto ai laici («Non posso dimenticare, specialmente qui a Brescia, i fedeli laici che in questa terra hanno dimostrato straordinaria vitalità di fede e di opere nei vari campi dell’apostolato associato e dell’impegno sociale».

L’Angelus e l’invocazione a Maria

Piove ancora quando la piazza-chiesa si raccoglie in silenzio per la Comunione. Ad amministrarla tra i dodicimila fedeli presenti circa cento sacerdoti, accompagnati e protetti con bianchi ombrelli da giovani volontari (alunni dell’istituto Cesare Arici, universitari del Convitto San Giorgio, postulanti francescani, componenti di comunità parrocchiali). Nelle vicine piazza Loggia e largo Formentone tocca a quaranta suore amministrare l’Eucaristia.
Ormai la cerimonia volge alla sua conclusione. Un’aria fredda sembra aver incrinato la voce di Papa Ratzinger, che con l’Angelus tiene a ringraziare «quanti hanno curato l’animazione liturgica di questa solenne celebrazione e coloro che in diversi modi hanno collaborato alla preparazione e alla realizzazione della mia visita pastorale qui a Brescia. Grazie a tutti!».
Nell’ora dell’Angelus un ultimo pensiero a Paolo VI, proprio davanti alla cattedrale che lo vide nominato vescovo: «Desidero ricordare la devozione che il Servo di Dio Giovanni Battista Montini nutriva per la Vergine Maria. Egli celebrò la sua prima Messa nel santuario di Santa Maria delle Grazie e pose il suo sacerdozio sotto la materna protezione della Madre di Gesù, e questo legame lo ha accompagnato per tutta la vita». Quindi l’invocazione: «O Vergine Maria, madre della Chiesa, a te raccomandiamo questa Chiesa bresciana».

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009

1 commento:

euge ha detto...

Benedetto XVI la parola forte di una voce mite

Già........ Una voce talmente chiara e diretta che non può essere fraintesa.... Tranne da coloro che di proposito la fraintendono o dicono di non capirla per una questione di comodo.
Una voce che parla e difende la fede dei semplici.