sabato 27 dicembre 2008

Dal Papa l’invito a vivere con coraggio il messaggio di speranza del Natale (Mazza)


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Dal Papa l’invito a vivere con coraggio il messaggio di speranza del Natale

La luce del Natale illumina il mondo. Perché è «a tutti gli uomini del mondo» che «è de­stinato il messaggio di speranza» che arriva dalla grotta di Betlemme, e da ognuno deve irradiarsi al mon­do, purché ciascuno «pronunci il suo 'sì', come Maria». Speranza che, più che mai «in questo nostro tempo, segnato da una considere­vole crisi economica», si deve de­clinare nella solidarietà, senza la quale «il mondo può solo andare in rovina», nella ricerca ostinata e con­vinta della via della pace, a comin­ciare dalla Terra Santa, nella difesa di tutti i bambini perché «su ogni bambino c’è il riverbero del bambi­no di Betlemme».
Nelle tradizionali celebrazioni na­talizie Benedetto XVI ha rilanciato l’augurio che ogni persona possa sperimentare la potenza della gra­zia salvatrice di Dio, che «sola può cambiare il cuore di ogni uomo e renderlo un’oasi di pace».
Nel Mes­saggio Urbi et Orbi del 25 e, prima ancora, nell’omelia della Messa di mezzanotte, nelle parole di papa Ratzinger è risuonata l’eco della speranza e della gioia che la nasci­ta di Gesù porta nel mondo. Di nuo­vo, in questo mondo pieno di spe­ranze e angosce, «è apparsa la gra­zia di Dio Salvatore», e questa festa è rischiarata da «un chiarore che si accende nella notte... luce che si propaga», dissipando le tenebre.
«Possano sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio – è sta­to giovedì l’auspicio del Pontefice, nel passaggio centrale del Messag­gio – le numerose popolazioni che ancora vivono nelle tenebre e nel­l’ombra di morte.
La Luce divina di Betlemme si diffonda in Terra San­ta, dove l’orizzonte sembra tornare a farsi cupo per gli i­sraeliani e i palesti­nesi; si diffonda in Libano, in Iraq e o­vunque nel Medio Oriente. Fecondi gli sforzi di quanti non si rassegnano alla logica perversa del­lo scontro e della violenza e privile­giano invece la via del dialogo e del ne­goziato, per comporre le tensioni interne ai singoli Paesi e trovare so­luzioni giuste e durature ai conflit­ti che travagliano la regione».
Alla stessa luce che «trasforma e rin­nova », ha quindi proseguito, «ane­lano gli abitanti dello Zimbabwe, in Africa, stretti da troppo tempo nel­la morsa di una crisi politica e so­ciale che, purtroppo, continua ad aggravarsi, come pure gli uomini e le donne della Repubblica Demo­cratica del Congo, specialmente nel­la martoriata regione del Kivu, del Darfur, in Sudan e della Somalia, le cui interminabili sofferenze sono tragica conseguenza dell’assenza di stabilità e di pace». Questa luce, an­cora, «attendono soprattutto i bam­bini di quei Paesi e di tutti i Paesi in difficoltà, affinché sia restituita spe­ranza al loro avvenire».
La luce del Natale, ha proseguito Be­nedetto XVI parlando dalla Loggia delle Benedizioni ai quasi centomi­la fedeli presenti in piazza San Pie­tro, risplenda là «dove la dignità e i diritti della persona umana sono conculcati; dove gli egoismi perso­nali o di gruppo prevalgono sul be­ne comune; dove si rischia di as­suefarsi all’odio fratricida e allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; dove lotte intestine dividono grup­pi ed etnie e lacerano la conviven­za; dove il terrorismo continua a col­pire; dove manca il necessario per sopravvivere; dove si guarda con ap­prensione ad un futuro che sta di­ventando sempre più incerto, an- che nelle Nazioni del benessere». Di qui il forte richiamo alla «autentica solidarietà», in quanto «se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in ro­vina ». Un richiamo, questo, che papa Rat­zinger ha rinnovato poco dopo quando, al momento dei sa­luti (quest’anno pronunciati in 64 lingue diverse), s’è rivolto ai fedeli ita­liani auspicando che «in questo no­stro tempo, segnato da una considere­vole crisi economi­ca, possa il Natale essere occasione di più grande solida­rietà tra le famiglie e tra le comunità che compongono la cara Nazione i­taliana».
Ai bambini, «ognuno dei quali chie­de il nostro amore», il Pontefice a­veva particolarmente dedicato l’o­melia della Messa di mezzanotte, da egli stesso celebrata nella Basilica vaticana, invitando i fedeli «in que­sta notte in particolare» a pensare «anche a quei bambini ai quali è ri­fiutato l’amore dei genitori. Ai bam­bini di strada che non hanno il do­no di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter esse­re portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che median­te l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profon­do della loro anima». «Il Bambino di Betlemme – ha spie­gato il Papa – è un nuovo appello ri­volto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare tutto il pos­sibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini. Soltan­to attraverso la conversione dei cuo­ri, soltanto attraverso un cambia­mento nell’intimo dell’uomo può essere superata la causa di tutto questo male, può essere vinto il po­tere del maligno. Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno biso­gno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così ina­spettato è entrata nella nostra not­te ». Dio, ha ancora ricordato Benedetto XVI, «è là dove gli uomini non vo­gliono fare in modo autonomo del­la terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza». E si fa uomo «dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società e­rano piuttosto disprezzate». Sono i «piccoli», infatti, quelli che sanno accogliere il suo Messaggio.
Al termine della Messa, mentre pa­pa Ratzinger stava lasciando la ba­silica, una donna ha tentato di sca­valcare la transenna per raggiun­gerlo e salutarlo, subito bloccata da un agente della Gendarmeria vati­cana. Un episodio che, come preci­sato dalla stessa Gendarmeria an­cora ieri mattina, è stato considera­to «non rilevante», visto anzi che è abbastanza frequente che, durante le udienze e le cerimonie, i fedeli cerchino di eludere la sorveglianza per avvicinarsi al Pontefice e salu­tarlo personalmente.

© Copyright Avvenire, 27 dicembre 2008

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