martedì 23 dicembre 2008
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Il discorso del Papa alla Curia: commento del vaticanista Sandro Magister
La Chiesa “non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi fedeli soltanto il messaggio della salvezza”, deve “proteggere anche l’uomo contro la distruzione di se stesso”: è uno dei passaggi forti del discorso di ieri di Benedetto XVI alla Curia Romana, in occasione degli auguri natalizi. Un intervento articolato in cui il Papa ha sviluppato un’approfondita riflessione sulla presenza dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. Per un commento su questo discorso, che ha destato ampia eco, Fabio Colagrande ha intervistato il vaticanista del settimanale “L’Espresso”, Sandro Magister:
R. – Il Papa si è riferito a due fatti dell’anno passato: la Giornata mondiale della Gioventù, a Sydney, e il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, e li ha unificati in una trattazione sullo Spirito Santo. Un po’ inattesa, forse, ma molto, molto pertinente, da come egli ha cercato di far capire. Lo Spirito Santo anzitutto come Spirito creatore: infatti, c’è stata nel discorso di Benedetto XVI questa visione grandiosa, molto positiva della Creazione nel suo insieme, dell’uomo e del cosmo, con la formulazione di una sorta di ecologia dell’uomo che è un po’ uno dei passaggi centrali di questo discorso.
D. – Questo discorso prenatalizio di Benedetto XVI è davvero intriso di gioia e speranza. E’ d’accordo con questa analisi?
R. – Sì. Senza dubbio. Anche se questa gioia è una cifra costante di questo Pontificato: la sua predicazione non è mai una predicazione a tinte fosche, anzi: è una predicazione molto luminosa, che si prefigge esattamente proprio di portare luce dove c’è tenebra e da questo punto di vista, questo discorso è un discorso molto esemplare dell’orientamento complessivo di questo Pontificato.
D. – Ecco, veniamo al Sinodo sulla Parola di Dio. Un evento che Papa Benedetto XVI ha vissuto con molta intensità …
R. – Benedetto XVI ha partecipato non soltanto come spettatore e ascoltatore, ma anche come protagonista. Ha fatto un intervento, circa a metà dei lavori, molto breve ma estremamente chiaro nella sua formulazione. Un intervento che – tra l’altro – echeggiava proprio quello che è stato lo spirito con cui lui ha scritto e sta scrivendo nella seconda parte, quel libro straordinario che è “Gesù di Nazaret”, cioè della lettura della Parola di Dio come parola umana e, nello stesso tempo, la sua comprensione come espressione di un disegno che Dio compie nell’umanità stessa.
D. – Uno dei temi centrali di questo discorso alla Curia è stata la Gmg dello scorso luglio in Australia. Qual è stata la lettura del Papa di questo avvenimento?
R. – Ha dato una lettura, un’interpretazione di queste giornate indirettamente o implicitamente polemica nei confronti di quella sottovalutazione, di quella squalifica quasi snobistica che tanti ceti intellettuali cattolici – il Papa l’ha detto quasi esplicitamente – hanno fatto, criticando queste forme di aggregazione giovanile. Il Papa ha sottolineato degli aspetti che, in realtà, sono quelli che hanno sostanziato questa Giornata mondiale della gioventù: la grande Via Crucis di Sydney, ha detto, è stata veramente il momento emblematico di quelle giornate. Io non esiterei a dire che effettivamente quella è stata una grande e moderna sacra rappresentazione. Ma in più, il Papa ha aggiunto che oltre alla Via Crucis c’è stata la grande liturgia e lì, nella grande liturgia la Parola diventa fatto: quello che noi non siamo capaci di fare, lo fa Dio.
D. – Benedetto XVI si è anche soffermato sull’Enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI. Cosa l’ha colpita di questo passaggio?
R. – Confesso che questo riferimento all’Enciclica “Humanae vitae” è arrivato in modo fulminante e abbastanza sorprendente, al termine di questo sviluppo che il Papa ha fatto nel primo punto della sua sostanziale catechesi sullo Spirito Santo, quella riferita appunto allo Spirito Santo come Spirito creatore. Ed è interessante ‘come’ il Papa ci è arrivato a questa rivalutazione positiva dell’intenzione profonda della “Humanae vitae”. Ci è arrivato praticamente in nome di una ecologia dell’uomo che difenda non soltanto le foreste tropicali, gli animali, le piante, le acque da qualsiasi offesa, ma che difenda l’uomo stesso dal pericolo di autodistruggersi, e dice che l’uomo, appunto, deve avere la capacità di riconoscere nella Creazione quell’ordine che non può essere sconvolto, e quell’ordine comprende l’uomo e la donna, comprende il maschio e la femmina.
La teoria del ‘gender’, aggiunge il Papa, la moderna teoria del ‘gender’ secondo cui la sessualità è una creazione personale e culturale, è qualcosa che – dice il Papa – distrugge proprio l’essenza dell’uomo e da questa distruzione dobbiamo proteggere l’uomo e l’“Humanae vitae” – e qui interviene il Papa – è esattamente un richiamo a questa importanza di difesa che l’uomo esige.
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