lunedì 22 dicembre 2008

Il Papa all'Angelus: La piazza, l’ombra, la luce (Zavattaro)


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BENEDETTO XVI - La piazza, l’ombra, la luce

L’astronomia, la preghiera, il mistero del Natale

Fabio Zavattaro

Se i cieli narrano la gloria di Dio, “anche le leggi della natura, che nel corso dei secoli tanti uomini e tante donne di scienza ci hanno fatto capire sempre meglio, sono un grande stimolo a contemplare con gratitudine le opere del Signore”. L’anno dell’astronomia, il 2009, è alle porte e papa Benedetto si lascia coinvolgere da questa ricorrenza e ci offre, all’Angelus, una lettura appassionata, diversa del Natale.
La sua collocazione, ricorda, è legata al solstizio d’inverno, quando le giornate, nell’emisfero boreale, ricominciano ad allungarsi. La nascita di Gesù, mistero di salvezza, ha una dimensione storica ma anche una “dimensione cosmica: Cristo è il sole di grazia che, con la sua luce, trasfigura e accende l’universo in attesa”.
In questo Angelus pre-natalizio, il Papa ricorda come la preghiera mariana ci fa rivivere il “momento decisivo in cui Dio bussò al cuore di Maria e, ricevuto il suo sì, incominciò a prendere carne in lei e da lei”. A pochi giorni dalla festa del Natale “siamo invitati a fissare lo sguardo sul mistero ineffabile che Maria ha custodito per nove mesi nel suo grembo verginale: il mistero di Dio che si fa uomo. È questo il primo cardine della redenzione. Il secondo è la morte e risurrezione di Gesù, e questi due cardini inseparabili manifestano un unico disegno divino: salvare l’umanità e la sua storia assumendole fino in fondo col farsi carico interamente di tutto il male che le opprime”.
Dio dimora con l’uomo e ogni uomo può trovare in lui, in Cristo, la sua casa. È il senso del Natale, di questa festa che è soprattutto dono. E gratuità in Dio che sceglie di farsi uomo in uno sconosciuto villaggio della Galilea, in un contesto familiare fatto di gioie e di povertà. In Cristo appare al mondo come qualcosa di inatteso, capace però di capovolgere i criteri umani. E in Maria, nel suo sì, c’è come il sigillo della straordinarietà di Dio.
Mistero di salvezza, dunque. E la luce di Cristo che scandisce i tempi umani. Così l’Angelus, ricorda papa Benedetto, che si recita al mattino, al mezzogiorno e alla sera, scandisce i tempi della preghiera. Ed è unico l’accostamento che fa con l’obelisco di piazza San Pietro che getta la sua ombra sulla grande piazza che è anche una meridiana: “Il grande obelisco, infatti, getta la sua ombra lungo una linea che corre sul selciato verso la fontana sotto questa finestra, e in questi giorni l’ombra è la più lunga dell’anno. Questo ci ricorda la funzione dell’astronomia nello scandire i tempi della preghiera”. Se l’Angelus determina i tempi della preghiera, quasi meridiana spirituale, la meridiana solare anticamente serviva proprio per conoscere il mezzogiorno vero, su cui si regolavano gli orologi.
Quanti Papi sono stati cultori di questa scienza. A cominciare da Gregorio XIII che nel 1582 riformò il calendario introdotto da Giulio Cesare, e per questo chiamato Giuliano, cancellando una decina di giorni per mettere in sintonia il computo del calendario con i fenomeni astronomici. E poi ancora Silvestro II e San Pio X che sapeva costruire orologi solari.
Il 21 dicembre è, quest’anno, il solstizio d’inverno; per papa Benedetto è l’occasione per ricordare l’anno mondiale dell’astronomia, il 2009, indetto nel quarto centenario delle prime osservazioni al telescopio di Galileo Galilei. È forse appena il caso di ricordare che lo scienziato pisano subì un processo da parte dell’Inquisizione per la sua teoria eliocentrica, teoria avversata all’epoca dalla Chiesa, siamo nella prima metà del 1600. Inevitabile la condanna che ha pesato nei secoli nel dialogo tra scienza e fede. Nel 1992 con Giovanni Paolo II la riabilitazione ufficiale e totale dello scienziato.
Un dialogo, quello tra scienza e fede, necessario, ripete oggi papa Benedetto che dice: è possibile “comprendere, spiegare e difendere le verità della fede alla luce della ragione umana” solo ricercando la “consonanza di tutte le verità, naturali e soprannaturali, che promanano da un’unica medesima fonte”.
Parole che scrive in un messaggio per il settimo centenario della morte del grande filosofo e teologo francescano Duns Scoto, il quale ha saputo coniugare – scrive ancora il Papa – “la pietà con la ricerca scientifica”. Con il suo raffinato ingegno è penetrato “nei segreti della verità naturale e rivelata e ne ha ricavato una dottrina tale da essere chiamato dottor sottile, diventando maestro e guida della scuola francescana, luce ed esempio a tutto il popolo cristiano”.
Quante volte anche in queste poche righe è tornata, direttamente o indirettamente, la parola luce. Il mistero del Natale ruota proprio attorno al compimento della promessa di un Dio che entra definitivamente nella storia dell’umanità, rivelandosi come l’Emanuele, il Dio che nella fedeltà continua a camminare assieme al suo popolo, ma in modo ormai totalmente nuovo, perché ha il volto stesso dell’uomo. La gioia del Natale è proprio in questa luce nuova, nel bambino “che viene a stare con noi, parola d’amore di Dio per l’umanità di ogni tempo”.

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